Ultimo aggiornamento: 19 dicembre 2025

Meno decessi, soprattutto per i tumori del polmone e del colon-retto. Sempre più vicino l’avvio di un programma di screening nazionale per la diagnosi precoce del tumore del polmone, rivolto ai forti fumatori. Gli esperti: “Puntare sulla prevenzione per ridurre l’impatto sociale legato alle malattie oncologiche”
I decessi oncologici sono in calo a parità di nuove diagnosi: le statistiche dei tumori per il 2025 restituiscono un’istantanea pressoché sovrapponibile a quella del 2024. Lo mostra il rapporto “I numeri del cancro in Italia 2025”, curato dall’Associazione italiana oncologia medica (AIOM), dall’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM), da Fondazione AIOM, dall’Osservatorio nazionale screening, dal sistema PASSI dell’Istituto superiore di sanità (ISS) e dalla Società italiana di anatomia patologica e di citologia diagnostica (SIAPEC-IAP). Lo scenario, per alcuni versi incoraggiante, presenta però anche alcune criticità. A fronte di malattie in molti casi oggi cronicizzabili, “il carico di lavoro per le strutture sanitarie sta crescendo molto più rispetto agli incrementi minimi di forza lavoro negli ospedali” ha dichiarato Massimo Di Maio, che dirige l’oncologia medica universitaria dell’ospedale Molinette di Torino e da pochi mesi è presidente dell’Associazione italiana oncologia medica (AIOM). Un motivo in più per “puntare sulla prevenzione: sia per ridurre il numero di persone che si ammalano, sia per fare diagnosi sempre più precoci. Così possono crescere le probabilità di guarigione e può diminuire l’impegno tanto per il paziente quanto per il Servizio sanitario nazionale” aggiunge lo specialista.
L’anno agli sgoccioli si concluderà con circa 390.000 nuove diagnosi di cancro: un dato pressoché analogo a quello del 2024. Si conferma la flessione nella curva dei decessi, con cali ancora più marcati per il tumore del polmone (-24%) e del tumore del colon-retto (-13%). Inoltre, i dati nazionali sembrano anticipare una riduzione delle diagnosi che potrebbe proseguire negli anni a venire. Lo lasciano intendere i dati europei presentati nelle scorse ore dalla Commissione europea, che mostrano che nel Vecchio Continente tra il 2022 e il 2024 i nuovi casi di cancro sono calati dell’1,7% per cento circa, ma in Italia la diminuzione in tale periodo sfiora il 3%. A incidere sarebbero principalmente due ragioni: la decrescita demografica e una progressiva riduzione dell’impatto del tumore del polmone tra gli uomini.
Per il carcinoma polmonare, in particolare, “le nuove diagnosi sono calate del 16,7% tra il 2003 e il 2017” chiarisce Diego Serraino, già direttore della struttura di epidemiologia oncologica del Centro di riferimento oncologico (CRO) di Aviano e oggi consulente di Alleanza contro il cancro, la rete degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) a indirizzo oncologico. Tenendo conto di entrambi i sessi, le diagnosi di neoplasie polmonari sono ancora le più frequenti, dopo quelle dei tumori al seno e al colon-retto. Scendono, quindi, ma sono ancora molto numerose e purtroppo non ancora abbastanza curabili, nonostante notevoli miglioramenti. Per mortalità rappresentano infatti tutt’ora la voce di maggiore impatto tra gli uomini, dopo quella dovuta al tumore del colon-retto, e la seconda tra le donne, dopo quella per tumore al seno. A mettere in allerta gli esperti è soprattutto la crescita tra le donne: nel 2025 l’84% circa delle nuove diagnosi è avvenuta nel genere femminile, come conseguenza di una progressiva crescita dell’abitudine al tabagismo.
Anche i dati relativi alla mortalità nel nostro Paese sono migliori rispetto a quelli che si registrano mediamente nel Vecchio Continente. In Italia le stime più recenti, riferite al 2022, indicano circa 192.000 morti per cancro l’anno: è un tasso di decessi (256 per 100.000 abitanti) inferiore del 3,1% rispetto alla media europea. In particolare, la sopravvivenza a 5 anni in Italia è superiore per i tumori al seno (86% contro 83%), al colon-retto (64,2 rispetto a 59,8%) e al polmone (15,9 contro 15%).
Oltre che dei progressi terapeutici, secondo gli esperti il merito è anche della prevenzione. In primo luogo, si seguono di più le raccomandazioni utili a ridurre i casi di tumore, come evitare il fumo di sigaretta e il consumo di bevande alcoliche e svolgere più attività fisica. In secondo luogo, c’è anche una maggiore partecipazione ai programmi di prevenzione secondaria nell’ultimo quinquennio. Nonostante profonde differenze interne alla Penisola, vi è infatti una generale crescita dell’adesione a tutti e 3 i programmi di screening per la diagnosi precoce previsti dai Livelli essenziali di assistenza (LEA) e offerti gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale (SSN). Ma di strada da compiere ce n’è ancora tanta. “Nell’ultima legge di bilancio, in linea con quanto previsto dal Piano oncologico nazionale 2023-2027, abbiamo stanziato risorse per ampliare la fascia di età da sottoporre ai programmi di screening per la diagnosi precoce del cancro della mammella e del colon-retto” precisa Orazio Schillaci, ministro della Salute, nella prefazione de “I numeri del cancro 2025”. E aggiunge: “L’epidemiologia dei tumori sta cambiando e la prevenzione, a tutti i livelli, rappresenta la leva strategica su cui investire. L’obiettivo è ridurre le disuguaglianze sociali nell’accesso alla diagnosi precoce e la persistenza di comportamenti a rischio”.
Si inserisce in questo solco anche la decisione di “stanziare fondi ad hoc per la Rete italiana per lo screening del cancro del polmone”, con l’obiettivo di “inserire quanto prima anche questo screening tra i programmi gratuiti del Servizio sanitario nazionale”, come ha aggiunto il ministro della salute. Inoltre, con l’aggiornamento dei LEA “sarà introdotto un programma di sorveglianza attiva per i tumori ereditari della mammella e dell’ovaio”.
Francesco Perrone, ex presidente AIOM, sottolinea l’importanza del provvedimento, ma tiene anche alta l’attenzione sul “diritto alla salute spesso negato” e sul “grande bisogno di cure palliative, per evitare che il fine vita si traduca in un momento di abbandono. Occorre che il disegno di legge in materia di morte medicalmente assistita non escluda il servizio sanitario, il solo in grado di garantire tutti i percorsi integrati”.
Un nodo cruciale, ribadito anche nel rapporto, riguarda la mobilità sanitaria. L’esempio più significativo citato riguarda la gestione chirurgica del tumore al seno, teoricamente organizzata in maniera omogenea nel territorio con l’istituzione delle cosiddette “breast unit”. Tuttavia, In Italia circa l’8% degli interventi chirurgici per tumore al seno viene effettuato in una Regione diversa da quella di residenza delle pazienti. Al Sud tale quota quasi raddoppia rispetto a quanto si rileva nel Centro-Nord, con spostamenti, peraltro, quasi mai di prossimità, ma a centinaia di chilometri da dove vivono le pazienti. Conclude Di Maio: “L’analisi della mobilità sanitaria ci permette di valutare la capacità dei sistemi regionali di prendere in carico le pazienti. Le Regioni del Sud mostrano indici di fuga elevati: un segnale di criticità delle reti oncologiche territoriali”.
Fabio Di Todaro