Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
I centri specializzati nella cura dei più comuni tumori femminili (e maschili) hanno dimostrato, in studi scientifici, di aumentare la sopravvivenza dei pazienti e la loro qualità di vita. Non sempre sono un luogo fisico, talvolta funzionano bene anche lavorando in rete.
Il tumore della mammella (in inglese "breast") rappresenta il 29 per cento di tutti i tumori femminili, mentre quello della prostata il 20 per cento dei tumori maschili. Sono entrambe malattie complesse e difficili da gestire, in quanto vanno a toccare non solo il corpo ma anche la sfera emotiva e relazionale.
Sono nati così i reparti (Unit) specializzati, dove esperti di diverse discipline lavorano insieme per prendersi cura dell'individuo nella sua complessità e non solo della malattia che l'ha colpito.
"La necessità di garantire un approccio multidisciplinare si è sempre sentita anche a livello internazionale" afferma Lucia Del Mastro, oncologa, coordinatrice della Breast Unit dell'Ospedale San Martino di Genova. "Gli studi confermano chiaramente che le pazienti gestite da un team multidisciplinare hanno una percentuale superiore di sopravvivenza. Le Breast Unit sono la dimostrazione scientifica della necessità di garantire il miglior trattamento possibile". In effetti, le ricerche indicano che chi viene curato nei centri di senologia ha veramente più possibilità di guarire: le donne trattate in queste strutture hanno una percentuale di sopravvivenza più alta del 18 per cento rispetto a chi si rivolge altrove, e hanno anche una migliore qualità di vita.
Questo tipo di approccio è stato ampiamente adottato in Italia dopo che una dichiarazione del Parlamento europeo del 2003 ha invitato gli Stati membri a istituire una rete di unità multidisciplinari certificate in base all'adempimento di una serie di criteri. Molti Stati hanno risposto e riorganizzato i loro servizi per il cancro al seno in linea con questi requisiti e la mossa è stata fortemente influenzata dai gruppi di difesa dei pazienti affetti da cancro al seno come Europa Donna - The European Breast Cancer Coalition.
"I risultati ottenuti nelle Breast Unit sono decisamente migliori" prosegue Del Mastro. "Per esempio, le donne con tumori ai limiti dell'operabilità sono pazienti che possono essere efficacemente trattate con un intervento medico rispetto a quello chirurgico, però queste decisioni diventano più semplici se oncologo e chirurgo lavorano insieme, nello stesso team". È fondamentale che i diversi specialisti si scambino informazioni e discutano insieme ogni singolo caso, in modo da stabilire il migliore piano terapeutico, aumentare le probabilità di successo del trattamento e ridurre al minimo gli effetti collaterali delle terapie farmacologiche. Le opinioni personali di un solo medico vengono sostituite da una decisione collegiale, che nasce dal confronto tra più professionisti, con il supporto dei protocolli e delle linee guida più aggiornati, tenendo conto del punto di vista della paziente. La donna, infatti, deve essere al centro della cura, con tutto il supporto necessario. In questo modo si evitano i "pellegrinaggi" delle pazienti alla ricerca dello specialista di turno e si ha un risparmio anche per la sanità, dal momento che si evitano le ripetizioni di esami o addirittura indagini inutili.
In ogni Regione d'Italia sono stati istituiti centri senologici e, nella maggior parte dei casi, non sono rappresentati da un luogo che ospita fisicamente i vari servizi, anche se questo sarebbe il modello più auspicato.
Nel nostro caso non esiste una struttura fisica, la nostra è un'entità funzionale. Quello che facciamo è una riunione tutti i martedì in cui oncologi, psicologi, riabilitatori, ginecologi, infermieri e altri operatori interessati discutono tutti i nuovi casi e prendono decisioni sull'approccio da adottare, decidendo alla fine chi prenderà in carico ogni paziente e come si comporterà" sottolinea Del Mastro. "L'accesso a ogni reparto è regolato, in modo che le liste d'attesa siano quanto più brevi possibile e non superino i limiti previsti. La Breast Unit è inoltre strutturata in modo tale da avere un database che viene utilizzato per valutare alcuni standard nazionali, per esempio l'attesa tra mammografia e intervento o tra intervento e inizio chemioterapia, al fine di garantire un requisito essenziale: la qualità".
Le strutture, poi, sono diverse a seconda del bacino d'utenza a cui si riferiscono, spiega l'esperta.
"Alcune strutture, come quella dove io opero, sono molto grandi e ospitano già tutti gli specialisti necessari per il trattamento. Per esempio, c'è anche il ginecologo che si occupa del non secondario problema della fertilità. Altre strutture possono convenzionarsi con le Breast Unit dove sono presenti tutti i servizi. La Ligura è stata una delle prime regioni a gestire una rete di Breast Unit; la nostra struttura, per esempio, è classificata con un "hub" (una centrale operativa), con cui le altre Breast Unit liguri possono convenzionarsi e accedere, tra gli altri, al servizio di genetica medica per pazienti a rischio, che è erogato solo dalla nostra Unit. Oltre allo specialista per la genetica, da noi è presente anche lo specialista per la procreazione assistita, e gli altri centri hanno una convenzione per inviarci le pazienti. È una caratteristica fondamentale, perché in questo modo il centro senologico non è solo un'entità a sé stante, ma diventa una rete che permette di garantire a tutte le pazienti, anche a quelle che vivono in zone periferiche e non solo a quelle geograficamente più vicine, un trattamento veramente completo. E consente anche di ridurre i costi, perché certi servizi hanno senso solo se servono un numero congruo di pazienti. La rete e la condivisione dei servizi sono fondamentali, perché favoriscono anche la crescita e il miglioramento dei vari centri".
Lo stesso discorso vale per il tumore della prostata? Sembra proprio di sì, e i lavori scientifici lo dimostrano anche in questo caso. In Italia le Prostate Unit sono ancora poche, ma in aumento, e nascono proprio sul modello dei centri senologici. La collaborazione tra urologi, oncologi medici e oncologi radioterapisti, anatomopatologi, psicologi e medici nucleari è ormai riconosciuta come un obbligo, e da una medicina basata sul singolo specialista si deve arrivare alla scelta della terapia migliore attraverso l'analisi e il confronto di più professionisti. In tutta Europa si sente la necessità di offrire ai pazienti con tumore alla prostata una cura di alta qualità, standardizzata e integrata. Ecco perché la Scuola europea di oncologia (ESO), organizzazione internazionale dedicata al miglioramento delle competenze di tutti i professionisti della salute che si occupano dei pazienti affetti da tumore, sta sviluppando e promuovendo il concetto di Prostate Unit.
Alcuni Paesi hanno iniziato a gestire il cancro della prostata seguendo queste linee. Per esempio, in Germania si è sviluppata una rete vasta. In generale però si comincia solo ora ad avere una visione d'insieme su tali strutture, anche se il programma per il cancro alla prostata dell'ESO ha ormai una certa solidità e durata nel tempo: l'ente ha infatti definito il concetto di Prostate Unit in un articolo pubblicato su European Journal of Cancer nel 2011, presentando i requisiti minimi riguardanti le persone e le strutture coinvolte. L'anno seguente è stata avviata una collaborazione con l'Organizzazione degli istituti europei del cancro (OECI) e la Cancer Society tedesca per fissare gli standard di qualità per i percorsi di cura. Tutte queste liste servono anche a dare ai legislatori e agli esperti di sanità dei parametri in base ai quali accreditare e certificare le Prostate Unit in Europa.
Dopo più di due anni di discussioni e dibattiti tra esperti internazionali, rappresentanti delle società scientifiche europee e gruppi di pazienti, sono stati definiti 40 requisiti che coprono tutti gli aspetti delle Prostate Unit, dall'organizzazione generale alla gestione dei casi.
Una Breast Unit deve:
Susanna Guzzetti