Ultimo aggiornamento: 31 ottobre 2024
Le ultime frontiere della ricerca sul tumore al polmone.
Negli ultimi 20 anni sono stati fatti dei passi in avanti nella lotta contro le varie forme di cancro ai polmoni, oggi il tipo di tumore al terzo posto per numero di diagnosi in Italia. “Se il tumore al polmone è intercettato nelle fasi iniziali e si interviene chirurgicamente, la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi supera ampiamente l’80 per cento, e molto spesso non c’è bisogno di alcuna terapia. Il problema è che in circa 8 casi su 10 il tumore è diagnosticato in fase avanzata, quando la chirurgia non è più possibile” racconta Gabriella Sozzi, da 20 anni ricercatrice AIRC. Gabriella Sozzi dirige il Laboratorio di genomica tumorale dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano.
Gli approcci che la ricerca scientifica sta seguendo sono due: migliorare le opzioni terapeutiche contro i tumori diagnosticati in fase già non operabile e, parallelamente, riuscire a intercettare i tumori in fasi sempre più precoci, dove la probabilità di risoluzione è ancora alta.
Le terapie che stanno dando i frutti più interessanti sono le nuove terapie a bersaglio molecolare, farmaci di ultima generazione che funzionano colpendo le molecole che quando sono alterate portano all’insorgenza di una sottoclasse di tumori al polmone. La ricerca ha chiarito che per molti tipi di tumori, non solo del polmone, vi sono dei geni mutati la cui presenza può essere sufficiente a dare origine alla neoplasia. Per molti di questi geni esistono oggi farmaci in grado di colpire proprio i prodotti proteici di quei geni modificati e quindi bloccare la proliferazione tumorale. In altre parole, il gene è l’acceleratore del cancro, mentre il farmaco a bersaglio molecolare agisce come un freno sulla sua crescita.
Questa è la ragione per la quale si procede all’analisi molecolare di ogni tumore.
“Il punto è che queste mutazioni si trovano solo in una percentuale di pazienti con tumore al polmone. Se contiamo tutte le mutazioni note agli scienziati, nel complesso riguardano circa il 30 per cento dei pazienti a cui viene diagnosticato un cancro ai polmoni” spiega Sozzi.
Un editoriale pubblicato a giugno 2024 sulla nota rivista scientifica The Lancet riporta in particolare gli esiti fruttuosi di due studi riguardanti farmaci a bersaglio molecolare contro due di queste mutazioni in carcinomi polmonare non a piccole cellule. I risultati sono stati presentati all’ultimo congresso annuale dell’ASCO, la Società americana di oncologia clinica.
Il primo è lo studio CROWN, che riguarda la mutazione del gene ALK, la quale interessa meno dell’1 per cento dei pazienti. Un farmaco di terza generazione ha portato, in quasi il 60 per cento dei pazienti con malattia metastatica, a una sopravvivenza libera da progressione a 5 anni dalla diagnosi. Come commenta Sozzi, “in sostanza, il tumore viene congelato e in alcuni casi è stata osservata anche una sua regressione. È un risultato importante se consideriamo che in queste persone spesso ci sono metastasi intracraniche cerebrali. Ma questo farmaco supera la barriera emato-encefalica, riuscendo a ridurre anche le metastasi al cervello”.
Il secondo studio, LAURA, riguarda un altro gene, mutato nel 20 per cento circa dei casi, quindi in un sottogruppo più copioso di pazienti. Osimertinib è un inibitore mirato della tirosina chinasi dell’EGFR che ha migliorato significativamente la sopravvivenza libera da progressione della malattia rispetto al placebo, portandola a 40 mesi rispetto a 5 mesi. Inoltre il farmaco ha mostrato un effetto protettivo contro la progressione del tumore nel sistema nervoso centrale. Il limite dello studio è che qui si parla ancora di sopravvivenza libera da malattia, che non corrisponde alla sopravvivenza globale.
“Oltre al fatto che si tratta comunque di terapie costose, la strada per abbattere la mortalità per tumore al polmone deve essere la diagnosi precoce, oltre a smettere di fumare” spiega Sozzi. Se è vero che solo circa il 20 per cento dei fumatori sviluppa il cancro al polmone nel corso della vita, purtroppo l’80-85 per cento dei carcinomi polmonari è diagnosticato nei forti fumatori. “Anche i non fumatori, più raramente, possono ammalarsi di cancro al polmone, ma quasi sempre si tratta dell’adenocarcinoma con i geni mutati di cui si parlava poc’anzi, che in genere sono più facilmente curabili, specie se diagnosticati in fase precoce”.
Attualmente non esiste uno screening gratuito in Italia per il tumore al polmone, come invece esiste per il tumore al seno, o quello al colon-retto o alla cervice uterina. Forse non tutti sanno che da anni AIRC sostiene studi per valutare il vantaggio della diagnosi precoce per questo tipo di tumore sull’esito dei trattamenti. I risultati sono stati finora inequivocabili: la mortalità si riduce se il tumore è individuato quando è ancora operabile. “Alla luce di questi risultati abbiamo messo in atto un programma sperimentale pilota insieme al Ministero della salute. Al programma, chiamato Rete italiana screening polmonare (RISP), possono iscriversi persone ad alto rischio di sviluppare tumori al polmone, quindi forti fumatori tra i 55 e i 75 anni con oltre un pacchetto di sigarette fumato al giorno per 10-20 anni. Queste potranno essere eventualmente invitate a sottoporsi annualmente a una tomografia computerizzata (TC) a basso dosaggio ai polmoni”. Il programma coinvolge oggi 18 centri in Italia e sta ancora arruolando pazienti. Se la sperimentazione consoliderà i risultati positivi già raccolti, potrà eventualmente diventare uno screening per la popolazione a rischio.
Sozzi conclude: “Un’altra direzione verso cui stiamo lavorando riguarda la messa a punto di test poco invasivi per cercare eventuali segnali di rischio o di presenza del tumore. Proprio grazie al sostegno di AIRC abbiamo messo a punto un test con cui cercare microRNA nel sangue. Si tratta di piccole molecole coinvolte nella regolazione dei geni. Siamo così riusciti a individuare una cosiddetta firma, ossia una particolare combinazione di microRNA con cui identificare i soggetti particolarmente a rischio di sviluppare carcinoma polmonare”.
Cristina Da Rold