Ultimo aggiornamento: 17 luglio 2024
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Disegni, scritte, simboli: i tatuaggi sono realizzati con aghi che trasportano inchiostri colorati nello strato immediatamente sotto l’epidermide, il derma. Si tratta di una pratica diffusa e cresciuta enormemente negli ultimi decenni: solo in Italia le persone tatuate sarebbero circa 7 milioni, e si stima che nel mondo occidentale circa una persona su 4 abbia tatuaggi, spesso più di uno.
Decorarsi la pelle è considerata, soprattutto in Europa, una pratica relativamente sicura, sebbene non priva di rischi e complicanze, che secondo alcune stime si verificano nel 3 per cento circa dei casi. Oltre alle infiammazioni con gonfiore, irritazione e arrossamento, possono comparire prurito, reazioni allergiche, disordini della pigmentazione, ma anche infezioni batteriche, virali e fungine, confinate alla pelle o che interessano tutto il corpo. Tutte queste reazioni sono note, e si manifestano spesso poco dopo aver effettuato il tatuaggio, anche se in alcuni casi possono comparire a distanza di anni.
In generale, anche i tumori possono impiegare anni per manifestarsi, ed è anche per questo che il cancro è considerato una malattia tipica dell’invecchiamento. Secondo alcuni gruppi di ricerca è possibile che anche i tatuaggi possano contribuire alla loro insorgenza. Per esempio, recentemente alcuni ricercatori svedesi hanno osservato che il rischio di sviluppare un linfoma, un tipo di tumore che interessa i linfociti e che tende a localizzarsi nei linfonodi, è maggiore del 20 per cento circa nelle persone tatuate rispetto a quelle prive di tatuaggi. Il gruppo di ricerca si è concentrato tra la possibile associazione tra tatuaggi e linfomi per due motivi: innanzitutto, il fatto che le sostanze contenute negli inchiostri tendono ad accumularsi nei linfonodi, la sede di origine di questo tipo di tumori. Inoltre, sembra che, a livello globale, sia l’insorgenza di questo tipo di tumore sia la diffusione dei tatuaggi siano in aumento. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista EClinicalMedicine a giugno 2024.
L’associazione tra tatuaggi e tumori, da tempo sospetta, è però ancora lontana dall’essere dimostrata in modo solido, dato che gli studi effettuati sono ancora pochi, con evidenze limitate e in alcuni casi deboli dal punto di vista metodologico.
La ricerca in quest’ambito è piena di lacune, come ha concluso un gruppo di esperti a margine della seconda International Conference on Tattoo Safety, con un articolo pubblicato sul Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology. Infatti, molti studi sono stati condotti soltanto con cellule in coltura o con animali di laboratorio. In particolare, scrivono i ricercatori, mancano adeguate indagini epidemiologiche, cliniche e chimiche, e non esistono studi tossicologici adeguati per studiare gli effetti degli inchiostri e dei loro prodotti di degradazione. Questo vale soprattutto per i pigmenti, le sostanze destinate a rimanere nel corpo a lungo termine, possibilmente per l’intera esistenza di un individuo. Perplessità analoghe si applicano al trucco permanente, considerato una forma particolare di tatuaggio.
A oggi la IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), non considera i tatuaggi in sé cancerogeni, ma neanche esclude che possano esserlo. Occorreranno diversi anni perché i diversi studi attualmente in corso, che eliminano i fattori confondenti e seguono nel tempo persone tatuate e non tatuate, diano risultati più conclusivi. Può infatti occorrere qualche decennio perché i tumori eventualmente associati ai tatuaggi si sviluppino e manifestino.
I tatuaggi potrebbero favorire la trasformazione neoplastica delle cellule nel tempo con diversi meccanismi. Le sostanze contenute negli inchiostri, e in particolare i pigmenti, soprattutto usati in passato, potrebbero essere tossici, come pure alcuni dei loro prodotti di degradazione. Inoltre, anche i meccanismi fisiologici con cui il corpo risponde a tali composti, per esempio l’infiammazione, potrebbero favorire lo sviluppo di alcuni tipi di cancro.
Il regolamento europeo REACH vieta, per i tatuaggi, l’utilizzo di alcune sostanze ritenute pericolose per la salute, mentre per altre sono fissati dei limiti di tolleranza. Ciononostante, talvolta queste molecole sono presenti in quantità superiori ai limiti considerati sicuri. Inoltre, in alcuni tatuaggi si possono riscontrare sostanze contaminanti, tra cui anche composti che sono cancerogeni certi, probabili o possibili, come ricorda la stessa IARC. Tra questi vi possono essere idrocarburi policiclici aromatici, ammine aromatiche primarie e alcuni metalli come cadmio, arsenico e piombo. La presenza di queste sostanze di per sé non indica che i tatuaggi causino tumori: le liste elaborate dallo IARC infatti, lo ricordiamo, non danno indicazioni in merito alle dosi e ai tempi di esposizione. Dicono soltanto con quale solidità le prove disponibili possono suggerire che una sostanza sia considerata certamente, probabilmente o possibilmente cancerogena.
Altri fattori andrebbero però considerati in relazione alla pericolosità delle sostanze contenute negli inchiostri. Tra questi vi è la tendenza di alcuni tatuatori a mescolarli, una pratica che rende più complicato capire cosa effettivamente viene introdotto nella pelle. Vi è poi il fatto che la sicurezza delle sostanze autorizzate non è stata valutata con studi nel derma, dove finiscono perlopiù gli inchiostri, come hanno ancora aggiunto gli esperti della IARC. Da non sottovalutare, inoltre, il rischio che siano utilizzati prodotti non certificati, né formulati appositamente, e la mancanza di controlli e di analisi dettagliate sui prodotti sul mercato.
C’è poi da considerare la degradazione delle sostanze presenti nei tatuaggi. Essa può avvenire per meccanismi fisiologici, a causa dell’esposizione al sole, e dunque ai raggi ultravioletti e infrarossi, e all’azione dei laser utilizzati per rimuovere i tatuaggi. Le sostanze che ne derivano non si localizzano solo nel derma: i risultati di alcuni studi hanno dimostrato che possono raggiungere fegato, polmoni, milza e soprattutto i linfonodi più vicini ai tatuaggi.
Sono state avanzate diverse ipotesi per spiegare come i tatuaggi potrebbero favorire lo sviluppo dei tumori. I meccanismi coinvolti potrebbero essere diversi e talvolta combinarsi.
Uno dei possibili meccanismi avrebbe a che fare, come accennato, con la risposta infiammatoria innescata dagli inchiostri una volta introdotti nel derma. Il trauma causato alla pelle, compreso quello chimico prodotto dalla fuoriuscita del pigmento del tatuaggio, potrebbe favorire lo sviluppo di alcune neoplasie. A suggerirlo è anche l’insorgenza, piuttosto rapida dopo un tatuaggio, di cheratoacantoma, un tumore della pelle che in genere è benigno e guarisce spontaneamente, dovuto a una moltiplicazione eccessiva delle cellule in zona (iperplasia cellulare) e a infiammazione.
Altre ipotesi hanno a che fare con la possibile azione genotossica di alcune sostanze presenti nei tatuaggi, o dei loro sottoprodotti, e con l’alterazione del sistema immunitario indotta dall’inchiostro immesso nel derma. La presenza dei pigmenti stimola infatti le cellule del sistema immunitario, alterandone la funzione, e induce una condizione di stress cronico che potrebbe favorire la trasformazione tumorale o compromettere il ruolo di sentinella del sistema immunitario stesso nei confronti dei tumori.
Ci sono poi alcune infezioni che possono essere acquisite tramite aghi non sterilizzati, usati per fare i tatuaggi. Tra queste, l’epatite B, l’epatite C e l’infezione da HIV possono favorire lo sviluppo di tumori, in quanto cancerogeni biologici.
Non è chiaro a quali tipi di tumore potrebbero essere associati i tatuaggi. Tra i principali sospettati, a causa dei risultati degli studi in merito, vi sono i linfomi, ovvero tumori che si sviluppano a partire dai linfociti. Alcuni tipi di cancro a carico della pelle, come il carcinoma basocellulare, il melanoma e il carcinoma squamocellulare, potrebbero essere dovuti non tanto al tatuaggio di per sé, quanto al fatto che la zona tatuata, alterando il colore della pelle, rende più difficile il riconoscimento tempestivo e la diagnosi di questo tipo di tumori.
La relazione tra tatuaggi e tumori è ritenuta possibile, ma finora non è ancora stata dimostrata con prove sufficientemente solide. Nel tentativo di dare risposte basate sulle evidenze, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), organo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ha dato il via a un progetto interamente dedicato allo studio degli effetti a lungo termine sullo sviluppo di tumori. In particolare, ha avviato due studi in Francia e Germania, in cui i ricercatori si occuperanno di studiare il rischio di tumori, immunologico e dermatologico associato ai tatuaggi. È previsto il reclutamento di un totale di circa 33.000 persone con tatuaggi e altrettanti individui di controllo, ovvero persone senza tatuaggi, che consentano di confrontare i dati. Queste persone risponderanno a un questionario dettagliato relativo alla presenza, all’estensione e alle caratteristiche di colore dei propri tatuaggi. Dovranno inoltre dare informazioni sull’eventuale avvenuta rimozione dei tatuaggi, sulle abitudini di esposizione al sole e sul fototipo. Infine, ai partecipanti sarà chiesto di segnalare eventuali effetti collaterali, registrandone l’associazione a specifici colori (quelli rossi o rosati, per esempio, sono più frequentemente legati a reazioni allergiche).
I dati raccolti verranno quindi combinati con l’incidenza dei tumori e altre complicazioni nella popolazione studiata, valutando il rischio di tumore a lungo termine.
Come accennato, i tatuaggi potrebbero complicare l’osservazione e il monitoraggio di lesioni della pelle sospette o a rischio di sviluppo di tumori, come i nevi. Secondo alcuni ricercatori, i pigmenti, soprattutto quelli più scuri (come quelli neri o blu), renderebbero più complicato notare eventuali cambiamenti in nevi sospetti, fino a ritardare la diagnosi di tumori della pelle. Per esempio, questo sembra poter avvenire con il melanoma, che interessa le cellule pigmentate presenti nell’epidermide, i melanociti. Il rischio è tanto maggiore quanto più sono estesi i tatuaggi.
Al tempo stesso però c’è il rischio di falsi positivi: la presenza del tatuaggio potrebbe far sospettare casi di tumore laddove senza il tatuaggio non nascerebbero dubbi. In tal modo, i tatuaggi aumenterebbero il numero di esami istologici effettuati per sicurezza e favorirebbero la rimozione, superflua, di lesioni benigne. Lo hanno evidenziato alcuni ricercatori sulle pagine del Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology ad aprile 2023.
Per ridurre sia i casi di falsi positivi sia i possibili ritardi diagnostici, chi ha intenzione di tatuarsi potrebbe tenere un archivio fotografico della propria pelle, cominciando quando è ancora “pulita” dagli inchiostri, per avere una sorta di diario della sua evoluzione nel tempo. Lo ha suggerito un gruppo di esperti che lavorano in Italia in un articolo pubblicato a marzo 2023, sempre sul Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology.
I tatuaggi a oggi non possono ancora essere considerati cancerogeni, per mancanza di studi rigorosi e di sufficiente durata. La presenza di sostanze potenzialmente pericolose contenute negli inchiostri e nei loro prodotti di degradazione, e la loro distribuzione in organi e tessuti anche lontani dalla pelle, possono rappresentare dei rischi per la salute. Alcuni ricercatori hanno osservato un aumento del rischio di tumori nelle persone tatuate, ma per comprendere meglio il rapporto tra tatuaggi e tumori serviranno ancora lunghi periodi di osservazioni su numeri elevati di persone. Alcuni sono in corso e daranno risultati tra diversi anni.
Anna Lisa Bonfranceschi