Ultimo aggiornamento: 10 novembre 2025

Un rapporto della commissione di esperti di Lancet spiega la crescita dei casi di neoplasie prostatiche e come affrontare il problema. Ne parliamo in occasione del Movember.
Novembre è il mese dedicato alla salute maschile, per cui è anche detto Movember: un’occasione per riportare l’attenzione su alcune malattie oncologiche che colpiscono in modo prevalente gli uomini. Tra queste, il tumore della prostata è la neoplasia più frequente nella popolazione maschile a livello globale. I numeri parlano chiaro: oggi rappresenta il 15% circa di tutti i tumori diagnosticati negli uomini e la seconda causa di morte oncologica maschile, subito dopo il tumore del polmone. I dati sul futuro prossimo mostrano un ulteriore aumento, ma perché e cosa è possibile fare?
Una recente analisi della Lancet Commission on Prostate Cancer ha lanciato l’allarme: entro il 2040 i nuovi casi di tumore alla prostata raddoppieranno, passando da 1,4 a 2,9 milioni l’anno. La causa principale? L’invecchiamento della popolazione, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito, dove i sistemi sanitari rischiano di non stare al passo. Il rapporto, frutto del lavoro di esperti internazionali, propone strategie concrete per migliorare la diagnosi precoce, l’accesso alle cure e la sostenibilità dei trattamenti. E avverte: questo aumento, sempre spinto dall’invecchiamento della popolazione, riguarderà anche altre malattie croniche maschili, come diabete e patologie cardiovascolari, rendendo urgente un approccio integrato alla prevenzione delle malattie non trasmissibili.
Il tumore della prostata è oggi il più diagnosticato tra gli uomini in oltre 110 Paesi, ma la sua gestione resta molto disomogenea. Nei Paesi ad alto reddito, gli strumenti per una diagnosi precoce – come il test del PSA e la risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI) – permettono di individuare molti tumori prima che si manifestino i sintomi. L’impiego della risonanza magnetica prima della biopsia consente inoltre di evitare esami invasivi non necessari e di focalizzare l’attenzione sui tumori che sembrano clinicamente più rilevanti. Tuttavia, l’uso non selettivo di questi test, che non sono esami di screening di popolazione e devono essere prescritti in caso di sintomi o di sospetto di malattia, può portare a sovradiagnosi e a trattamenti inutili.
Nei contesti meno sviluppati il problema è opposto: la diagnosi tardiva, spesso per mancanza di informazione o accesso ai test, con casi scoperti in fase avanzata. Per questo la commissione di esperti di Lancet ha proposto strategie su misura, basate sul rischio individuale e integrate in programmi di prevenzione più ampi, centrati sulla salute maschile nel suo complesso – come già sperimentato in alcuni Paesi – per aumentare l’adesione e l’efficacia degli interventi.
Il trattamento del tumore della prostata dipende dallo stadio e dall’aggressività della malattia. Nei casi localizzati si può scegliere tra sorveglianza attiva, chirurgia o radioterapia, mentre nelle forme avanzate si ricorre a terapie sistemiche come la deprivazione ormonale, la chemioterapia e farmaci mirati di ultima generazione.
Ma se nei Paesi ad alto reddito queste opzioni sono sempre più sofisticate e accessibili, nei contesti a basso e medio reddito la realtà è ben diversa: la carenza di specialisti, strutture inadeguate e diseguaglianze nell’accesso ai farmaci rappresentano ostacoli concreti. La commissione di esperti di Lancet ha indicato l’urgenza di mettere a punto e adottare linee guida flessibili, adattabili al livello di risorse disponibili e in grado di garantire, ovunque, il miglior trattamento possibile con ciò che si ha. È un obiettivo ambizioso, ma cruciale per ridurre la forbice tra chi può curarsi e chi no.
Le nuove tecnologie possono trasformare radicalmente la gestione del tumore della prostata, soprattutto nei contesti con risorse limitate. Per esempio, strumenti di intelligenza artificiale (AI) sono già in grado di aiutare nell’analisi di esami per immagini e di biopsie, riducendo i tempi di diagnosi e compensando la carenza di patologi. Inoltre, l’AI sembra poter aiutare a stratificare i pazienti in base al rischio e a selezionare le terapie più appropriate, con benefici sia clinici che organizzativi. La diagnostica digitale, la condivisione di referti tramite sistemi “cloud” e la telemedicina aprono nuove possibilità per migliorare la qualità delle cure anche in aree remote.
Ma la tecnologia da sola non basta: servono investimenti nella formazione del personale sanitario, nell’alfabetizzazione sanitaria della popolazione maschile e in strumenti che aiutino pazienti e medici a orientarsi tra esami, terapie e follow-up. Infine, è fondamentale garantire che le linee guida adattate ai diversi contesti vengano realmente applicate affinché l’innovazione possa anche essere equa e non invece portatrice di ulteriori divari.
Gli uomini più a rischio sono quelli con età avanzata (soprattutto oltre i 65 anni), con familiarità con la malattia (consanguineo con tumore alla prostata) e con specifici fattori genetici (per esempio, mutazione nei geni BRCA1 e BRCA2). Anche lo stile di vita (obesità, dieta ricca di grassi, sedentarietà) può influire in parte.
Nelle fasi iniziali spesso non ci sono sintomi. Quando compaiono, possono includere: difficoltà a urinare (flusso debole, interrotto) o bisogno frequente di urinare, sangue nelle urine o nello sperma, dolore pelvico o osseo nelle fasi avanzate. In presenza di questi segnali è opportuno consultare un urologo.
Se c’è familiarità per la malattia, il medico potrà suggerire di sottoporsi a una visita urologica per valutare la necessità di effettuare il test del PSA o di un consulto genetico.
Il test del PSA (antigene prostatico specifico) può essere utile per valutare il rischio di tumore alla prostata, ma non è raccomandato come screening di massa senza valutazione individuale.
L’aumento dei casi di tumore alla prostata è dovuto principalmente all’invecchiamento della popolazione e alla maggiore diffusione dei test diagnostici, che permettono di individuare più tumori rispetto al passato. A incidere sono anche fattori genetici, ormonali e ambientali, come dieta, stile di vita e obesità.
Dipendono dallo stadio e dall’aggressività del tumore: sorveglianza attiva in forme a basso rischio, chirurgia (prostatectomia), radioterapia, terapie ormonali, chemioterapia, farmaci mirati nelle forme più avanzate.
Tra le innovazioni: risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI) prima della biopsia per selezionare i casi più rilevanti; l’uso di robot per l’intervento chirurgico; l’uso dell’intelligenza artificiale per diagnosi e stratificazione del rischio.
L’intelligenza artificiale ha il potenziale di migliorare la diagnosi e la gestione del tumore alla prostata. In alcuni casi lo sta già facendo, aiutando ad analizzare immagini e biopsie con grande precisione, supportare i medici nelle decisioni terapeutiche e migliorare l’organizzazione.
I più comuni sono il tumore della prostata, il tumore del testicolo e, più raramente, il tumore del pene. I tumori dell’apparato genitale maschile colpiscono fasce d’età diverse e presentano sintomi e trattamenti specifici.
Raffaella Gatta