I tumori dell’apparato genitale maschile comprendono quelli più comuni, come il cancro della prostata, e altri più rari, come il tumore del pene. Conosciamoli meglio.
Il cancro della prostata è uno dei tumori più diffusi a livello mondiale. Secondo il rapporto I numeri del cancro in Italia 2024, a cura di AIOM-AIRTUM, nel nostro Paese sono state stimate oltre 40.000 nuove diagnosi di cancro alla prostata nel 2024, pari quasi a un quinto di tutti i tumori rilevati negli uomini nello stesso anno. Nonostante l’incidenza sia così elevata, il tumore della prostata è anche uno di quelli a prognosi migliore. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi supera infatti il 90% e tra i pazienti circa il 75% raggiunge un’aspettativa di vita pari a quella della popolazione con le stesse caratteristiche e che non si è mai ammalata dello stesso tumore. La prognosi relativamente buona di molti casi di tumore della prostata – secondo per incidenza a livello mondiale negli uomini, ma quinto per mortalità – dipende dal fatto che è un cancro a lenta crescita, che rimane confinato localmente e che spesso viene diagnosticato precocemente, prima che possa dare sintomi o che possa progredire, migliorando così le possibilità di cura. Non sempre il tumore deve essere trattato: l’assenza di sintomi unitamente a una bassa aggressività e a una lenta crescita, in alcuni casi spingono i medici a non intervenire affatto, limitandosi alla sorveglianza attiva della malattia e al monitoraggio delle condizioni dei pazienti. Il tumore, in sostanza, viene sorvegliato, ma non attaccato finché il suo comportamento non desta preoccupazione.
In molti casi questo tipo di tumore può essere asintomatico e non dare problemi. Alcuni tumori della prostata vengono scoperti addirittura solo con l'autopsia, in uomini deceduti per altre cause. Quando sono presenti sintomi, sono soprattutto a carico dell’apparato urinario. La prostata, infatti, si trova appena sotto la vescica, di fronte al retto, e avvolge parte dell’uretra, il canale che trasporta l’urina fuori dalla vescica. I sintomi più comuni sono quindi difficoltà o cambiamenti nel modo di urinare, come per esempio minzioni più frequenti, urgenza di correre in bagno, sensazione di mancato svuotamento della vescica, getto più debole. A volte compaiono anche dolore, sangue nelle urine e nello sperma, e disfunzione erettile.
Va precisato, tuttavia, che la comparsa dei sintomi non indica necessariamente la presenza di un cancro. Alcune infezioni alle vie urinarie e l’ipertrofia prostatica benigna, una condizione in cui la prostata si ingrossa con l’età, possono causare la stessa sintomatologia. Riferire i sintomi al medico aiuterà a capire se e come intervenire, con una visita specialistica dall’urologo che potrà eseguire l’esplorazione rettale, ovvero l’ispezione della prostata dall’ano, e prescrivere eventuali ulteriori esami. Tra questi, possono essere consigliati un’ecografia, un test del PSA (dall’inglese “Prostate-Specific Antigen”, antigene prostatico specifico, una proteina prodotta dalla prostata che aumenta in presenza di tumore, ma non solo), ed eventualmente una biopsia sotto guida ecografica o di fusione con la risonanza magnetica multiparametrica.
I principali fattori di rischio per il tumore della prostata sono l’età, l’etnia (i neri hanno un rischio maggiore di svilupparlo), la familiarità e alcuni fattori ereditari, come mutazioni a carico del gene BRCA2. Numerosi gruppi di ricerca lavorano per elaborare una sorta di test genetico utile a identificare le persone a maggiore rischio di sviluppare la malattia, andare incontro a metastasi e morire per cancro. Si potrebbero così risparmiare esami non necessari a coloro che hanno un rischio più basso di ammalarsi. Alcuni ricercatori, invece, grazie anche al sostegno di AIRC, hanno avviato progetti per intercettare maschi sani, ma con geni mutati che aumentano il rischio di cancro alla prostata. Altri fattori di rischio sono il fumo, l’obesità, elevati livelli di testosterone e una dieta ricca di latticini.
L’antigene prostatico specifico (PSA) è una proteina prodotta dalla prostata che si trova nello sperma e anche nel sangue, la cui concentrazione in genere aumenta in presenza di cancro della prostata. L’utilizzo esteso, negli anni passati, del dosaggio del PSA come esame per la diagnosi precoce in persone senza sintomi né fattori di rischio ha aumentato il numero di diagnosi di cancro della prostata, ma non sempre e non necessariamente questo si è tradotto in un beneficio per i pazienti. Il PSA è un marcatore specifico dell’organo, ma non della malattia tumorale. Può infatti aumentare fisiologicamente con l’età e in presenza dell’ipertrofia prostatica benigna, ma anche in caso di infezioni alle vie urinarie, prostatite, attività sessuale recente o intensa attività sportiva. A questo si aggiunge il fatto che non esistono valori di riferimento che aiutino a determinare con certezza la presenza di un tumore, anche se, come ricorda l’American Cancer Society, in caso di livelli superiori ai 4 ng/ml di sangue, il rischio di avere un cancro è di circa del 25%. D’altro canto, la neoplasia può essere presente anche se i livelli di PSA non risultano alterati. Proprio perché non è un marcatore tumorale specifico, l’utilizzo indiscriminato del dosaggio del PSA ha portato a diagnosi e trattamenti in eccesso, a fronte di benefici minimi in termini di riduzione della mortalità specifica per il tumore, come riassumono le linee guida dell’AIOM. Per questo oggi il dosaggio del PSA tende a essere raccomandato, dopo un’attenta valutazione del medico, sulla base dei fattori di rischio individuali, come la familiarità per cancro alla prostata, la presenza di mutazioni ereditarie, l’etnia e in presenza di sintomi. È invece sconsigliato come controllo di routine in pazienti asintomatici. In ogni caso a un esito eventualmente positivo del test del PSA seguono inevitabilmente numerosi approfondimenti, perché di per sé non è sufficiente a formulare una diagnosi.
Il cancro dei testicoli non è tra i tumori più frequenti. Secondo gli ultimi dati disponibili, con circa 2.000 diagnosi stimate ha rappresentato nel 2024 poco più dell’1% di tutti i tumori maschili diagnosticati nel nostro Paese, sempre secondo il rapporto I numeri del cancro in Italia, 2024. A differenza di molte patologie tumorali, il tumore del testicolo tende a colpire anche i giovani. Si stima infatti che sia il tumore più frequente sotto i 50 anni. È in assoluto la neoplasia con il più elevato tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi nella popolazione maschile in Italia (oltre il 93%, seguito da quelli della tiroide e della prostata), in parte grazie alla sensibilità di questo tipo di tumore alle terapie.
Di primaria importanza per la prevenzione secondaria della malattia è l’autosorveglianza attraverso l’autopalpazione dei testicoli, per identificare eventuali noduli e anomalie che possono segnalare la presenza del tumore. Si tratta di una pratica consigliata anche ai giovani, considerata l’età di incidenza della malattia. Oltre alla presenza di noduli, altri sintomi sospetti sono il rigonfiamento di un testicolo, un senso di pesantezza o dolore a livello dello scroto, raramente l’ingrossamento del seno dovuto alla produzione di alcuni ormoni da parte del tumore. Il medico, sulla base dei sintomi, potrà prescrivere un’ecografia ed esami del sangue per la ricerca di marcatori tumorali. Tra questi vi sono l'alfafetoproteina (AFP), la beta-gonadotropina corionica umana (β-hCG) e la lattato deidrogenasi (LDH), al fine di escludere altre patologie, come il varicocele. Raramente viene effettuata la biopsia, preferendo, nei casi altamente sospetti, l’analisi del testicolo dopo l’asportazione. I principali fattori di rischio per questo tipo di tumore sono la familiarità, una storia pregressa di tumore del testicolo, la sindrome di Klinefelter e il criptorchidismo, ovvero la mancata discesa di uno o entrambi i testicoli dall’addome nello scroto durante lo sviluppo. Questa condizione può colpire i bambini alla nascita e nella maggior parte dei casi tende a risolversi spontaneamente nei primi due anni di vita, ma a volte può richiedere un intervento chirurgico.
Il tumore del pene è raro: per il 2022 sono stati stimati circa 37.700 casi a livello mondiale, con incidenze piuttosto variabili da zona a zona. È poco frequente soprattutto in Europa e nel Nord America, dove si stimano incidenze inferiori a un caso ogni 100.000 persone, tipicamente negli uomini sopra i 50 anni, ma l’incidenza è più che doppia in alcune regioni dell’Asia, dell’Africa e del Sud America. Nella stragrande maggioranza dei casi, in presenza della malattia la pelle cambia aspetto. Sintomi comuni sono la presenza di ispessimenti, ulcerazioni, cambiamenti nel colore, oltre a dolore, rigonfiamenti, secrezioni maleodoranti o sanguinamenti spesso a livello del prepuzio, il rivestimento che ricopre il glande. Se i sintomi persistono, il medico potrà consigliare una biopsia per identificare la presenza del tumore ed eventuali esami di imaging per valutarne la diffusione.
Il principale fattore di rischio della malattia è rappresentato da infezioni croniche da papilloma virus (HPV). Si stima che fino al 50% dei tumori del pene siano attribuibili al virus, al punto che, come è spiega sul sito della Società italiana di urologia, le aree con maggior incidenza del tumore sembrano corrispondere a quelle con la maggiore diffusione dell’HPV. Altri fattori di rischio noti sono il fumo di sigaretta, la promiscuità sessuale e la presenza di fimosi, un restringimento del prepuzio. Anche una scarsa igiene è stata collegata all’incidenza della malattia. Invece la circoncisione, con cui si rimuove chirurgicamente il prepuzio, riduce il rischio di sviluppare questo tipo di tumore, probabilmente perché elimina altri fattori di rischio, come la probabilità di avere una fimosi, e inoltre riduce la quantità di tessuto che potrebbe trasformarsi in tumore. Tale pratica, tuttavia, non sembra efficace se effettuata da adulti. Nelle popolazioni in cui si usa circoncidere i maschi fin da bambini – come quella ebraica – si osservano incidenze più basse della malattia.
Autore originale: Anna Lisa Bonfranceschi
Revisione di Sofia Corradin in data 31/10/2025
Anna Lisa Bonfranceschi
Articolo pubblicato il:
31 ottobre 2025