Qual è il legame tra infezione da HIV, AIDS e cancro? E in che modo prevenirla può aiutare a evitare alcuni casi di tumore?
Nelle persone che convivono con l’AIDS, la malattia causata da un’infezione con il virus HIV, il rischio di sviluppare alcuni tumori è più elevato rispetto alla popolazione generale. Questo perché il virus infetta e distrugge particolari categorie di cellule del sistema immunitario, essenziali nella difesa non solo da altre infezioni ma anche da diversi tipi di cancro: provoca così un’immunodeficienza. Questi problemi si manifestano nelle fasi avanzate di malattia, in assenza o per inefficacia della terapia antiretrovirale ormai standard per la cura dell’AIDS. A causa della patologia, non è più ostacolata la trasformazione di cellule sane in neoplastiche e, inoltre, è fortemente limitato il controllo dell’organismo sulle infezioni di molti agenti patogeni, tra cui virus oncogeni come i Papillomavirus (HPV), il virus di Epstein-Barr (EBV) e altri (HHV-8, HBV e HCV). Inoltre, quando una persona con AIDS sviluppa un tumore, la prognosi può essere peggiore per diversi fattori: diagnosi tardive, comorbilità, minori opzioni terapeutiche o interazioni farmacologiche.
Oggi, però, grazie a terapie antiretrovirali efficaci, l’AIDS è da tempo una malattia cronica controllabile. Con la somministrazione di terapie continue e combinate con almeno 3 diversi tipi di farmaci, le persone con questa infezione raggiungono un’aspettativa di vita simile a quella della popolazione generale. È importante ricordare però che l’AIDS resta una malattia trattabile ma non curabile, poiché a oggi nei pazienti non è possibile eliminare il virus HIV che la causa e che persiste nell’organismo. Anche per questo sia la prevenzione del contagio, sia la diagnosi precoce in caso di infezione restano fondamentali, anche dal punto di vista della prevenzione oncologica.
La prevenzione primaria comprende tutte le strategie volte a impedire che s’instauri un’infezione da HIV. Rappresenta l’approccio più efficace: evitare l’infezione significa infatti eliminare alla radice il rischio di sviluppare, nel tempo, complicanze gravi, tra cui alcuni tipi di tumore.
È fondamentale informarsi in modo adeguato sui fattori di rischio e sui meccanismi di trasmissione dell’HIV. Chi ha una vita sessuale attiva, con nuovi partner o rapporti occasionali, oppure fa parte di reti in cui la prevalenza dell’infezione è più elevata, dovrebbe sottoporsi regolarmente al test HIV. Questo semplice esame, rapido e spesso gratuito e disponibile in farmacia, consente di individuare precocemente l’infezione. In caso di positività, iniziare tempestivamente una terapia antiretrovirale (TAR) permette di abbattere la carica virale fino a livelli non rilevabili, riducendo drasticamente il rischio di trasmettere il virus ad altre persone. Si tratta della strategia nota, in inglese, come “Treatment as Prevention” (TasP), in italiano trattamento come prevenzione.
Il preservativo, sia maschile sia femminile, rappresenta uno dei metodi più efficaci per prevenire l’infezione da HIV durante i rapporti vaginali, anali oppure orali. Per garantire la massima protezione è essenziale utilizzarlo sempre e correttamente: aprire la confezione con attenzione, evitare l’uso di sostanze grasse che possono danneggiarlo e lasciare spazio all’estremità per raccogliere il seme. Il preservativo non protegge solo dall’HIV, ma anche da molte altre infezioni sessualmente trasmissibili (IST), come l’infezione da Papillomavirus (HPV), la clamidia, la gonorrea, la sifilide e le epatiti virali. Quindi, limitare i rapporti sessuali occasionali e promuovere una maggiore consapevolezza e comunicazione tra partner rispetto alla salute sessuale rappresentano un importante strumento di prevenzione.
Per ridurre il rischio di infezione è importante evitare la condivisione di aghi e siringhe, una pratica comune nell’uso di droghe per via iniettiva, oppure aderire ove possibile a programmi di scambio di siringhe, in cui vengono fornite siringhe sterili in cambio di quelle usate. Anche in contesti sanitari o estetici, come nel caso di tatuaggi o piercing, è fondamentale verificare che tutti gli strumenti utilizzati siano sterili, monouso o adeguatamente disinfettati secondo le norme di legge.
In caso di possibile esposizione all’HIV — per esempio, dopo un rapporto sessuale non protetto con una persona HIV-positiva o il cui stato sierologico è sconosciuto, o in seguito a un contatto con sangue potenzialmente infetto o all’uso accidentale di aghi contaminati — è possibile ricorrere alla profilassi post-esposizione, nota come PEP o PPE. Si tratta di una terapia antiretrovirale da iniziare il prima possibile, preferibilmente entro le prime 1-4 ore dall’evento, e comunque non oltre le 48 ore. Il trattamento ha una durata di circa 28 giorni e deve essere prescritto e monitorato da un centro specializzato, solitamente ospedaliero o infettivologico.
Va ricordato che la PEP non garantisce una protezione assoluta: la sua efficacia diminuisce con il passare del tempo dal momento dell’esposizione e non sostituisce le altre misure di prevenzione. Durante il trattamento è comunque raccomandato adottare comportamenti protettivi per ridurre ogni ulteriore rischio.
Negli ultimi anni, la PrEP (pre-exposure prophylaxis) è emersa come uno degli strumenti più efficaci per la prevenzione dell’infezione da virus HIV in soggetti a rischio elevato. In Italia la PrEP è diventata gratuita nel 2023 per le persone a rischio, grazie alla decisione dell’AIFA di includere i farmaci emtricitabina e tenofovir disoproxil tra quelli rimborsabili. Oggi è disponibile in diversi centri specializzati, dove può essere prescritta e monitorata da personale sanitario esperto.
La PrEP è una strategia di prevenzione che consiste nell’assunzione regolare di farmaci antiretrovirali da parte di persone HIV-negative, prima di un’eventuale esposizione all’HIV. L’obiettivo è impedire che, in caso di contatto con il virus, l’infezione possa instaurarsi.
I farmaci utilizzati per la PrEP sono in genere una combinazione di tenofovir disoproxil ed emtricitabina (TDF + FTC), i cui principi attivi agiscono bloccando le fasi iniziali del ciclo replicativo del virus. Se questo entra nell’organismo, tali farmaci ne ostacolano la replicazione, impedendogli di diffondersi e di stabilire l’infezione.
L’efficacia della PrEP è molto alta, ma dipende strettamente dall’aderenza alla terapia. Se assunta con regolarità e secondo le modalità prescritte, può ridurre il rischio di infezione sessuale da HIV fino al 99%. Anche per le persone che fanno uso di droghe per via iniettiva la PrEP può offrire una protezione significativa: si stima una riduzione del rischio di almeno il 74%, sempre a condizione che il trattamento venga seguito correttamente.
Ci sono due approcci principali di assunzione della PrEP:
La prescrizione deve essere effettuata da un infettivologo o da un medico esperto di queste terapie, tenendo conto del profilo di rischio, delle condizioni cliniche personali e della possibile aderenza alla cura.
La PrEP è uno strumento estremamente efficace contro l’HIV, che si integra con le altre misure di prevenzione offrendo protezione e serenità alle persone più esposte al rischio. Tuttavia, non sostituisce il preservativo, poiché non protegge da altre infezioni sessualmente trasmissibili, e inoltre richiede un’aderenza costante e controlli regolari. È indicata per chi ha un rischio concreto e continuativo di esposizione al virus.
Nelle ultime sperimentazioni cliniche si è valutata una formulazione iniettabile (come cabotegravir) che offre una protezione per 1-2 mesi per dose, con un potenziale miglioramento dell’aderenza, rispetto alle compresse da assumere. Inoltre, i risultati di uno studio svolto in Africa, pubblicati sul New England Journal of Medicine nel 2024, hanno mostrato una straordinaria efficacia: “pari al 100%”. Ciò significa che non è stata documentata nessuna infezione tra gli oltre 5.000 adolescenti e giovani donne che hanno utilizzato correttamente la PrEP a lunga durata a base di lenacapavir. Allo studio clinico indipendente ha contribuito l’azienda farmaceutica che produce il farmaco, fornendolo gratuitamente.
Tra i ricercatori del Sudafrica che hanno condotto questa ricerca, Quarraisha Abdool Karim e Salim S. Abdool Karim, della Columbia University di New York, hanno ricevuto nel 2024 il Lasker-Bloomberg Public Service Award per aver chiarito i principali fattori che determinano la trasmissione eterosessuale dell’HIV e per aver introdotto approcci salvavita per prevenire e curare l’infezione. Si tratta di uno dei riconoscimenti più importanti al mondo per questo tipo di studi.
Oggi si attende anche in Europa l’autorizzazione di questo farmaco per l’uso profilattico semestrale, con il potenziale di rivoluzionare ulteriormente la prevenzione dell’HIV. Si spera inoltre che il suo impiego possa diffondersi anche nelle regioni del mondo dove l’epidemia di AIDS è ancora molto attiva, come il Sudafrica e altri Paesi a basso reddito. I drastici tagli ai programmi sanitari internazionali (come quelli di USAID), però, non lasciano ben sperare.
L’HIV indebolisce il sistema immunitario, riducendo quindi la capacità del corpo di controllare infezioni e cellule anomale. Questo aumenta il rischio di alcuni tumori, soprattutto se l’infezione non è trattata. Con una terapia antiretrovirale efficace e continua, il rischio si riduce in modo significativo.
I tumori più associati all’infezione da HIV sono sarcoma di Kaposi, linfomi non-Hodgkin e carcinoma della cervice uterina. È più probabile che compaiano quando il sistema immunitario è molto compromesso. La terapia antiretrovirale nel lungo periodo abbassa il rischio di questi tumori.
La terapia non elimina del tutto il rischio, ma lo riduce. Restano importanti la diagnosi precoce, i controlli regolari e la prevenzione di tutte le infezioni virali oncogene, dall’HIV al Papillomavirus.
I metodi principali sono: uso corretto del preservativo, test HIV regolari, evitare la condivisione di aghi, scegliere centri sicuri per tatuaggi e piercing, PrEP per le persone a rischio e PEP dopo un’esposizione accidentale. Comportamenti informati e costanti riducono drasticamente il rischio.
Evitare l’HIV significa evitare il danno immunitario che favorisce tumori legati a infezioni virali oncogene. La prevenzione dell’HIV è quindi anche una forma di prevenzione oncologica.
Sì: se usato correttamente in ogni rapporto, il preservativo è uno dei metodi più efficaci per prevenire l’infezione da HIV. Protegge anche dalla maggior parte delle altre infezioni sessualmente trasmissibili, come HPV, gonorrea, clamidia e sifilide.
Chi ha partner nuovi o occasionali, o appartiene a gruppi con prevalenza più alta di HIV, dovrebbe fare il test regolarmente, almeno una volta l’anno o più spesso. Se si ha il sospetto di essere venuti in contatto con il virus e il test dà esito negativo, è consigliato ripeterlo 1 e 3 mesi dopo.
Il test è rapido, spesso gratuito e permette di iniziare subito la terapia in caso di positività, riducendo il rischio di trasmettere il virus.
La PrEP è una profilassi pre-esposizione per persone HIV-negative che hanno un rischio elevato di contagio. Consiste nell’assunzione di farmaci antiretrovirali che impediscono al virus di instaurare l’infezione se si entra in contatto con l’HIV. Se assunta correttamente, riduce il rischio fino al 99%.
No. La PrEP protegge solo dall’HIV.
La PEP è una terapia antiretrovirale d’emergenza da assumere entro 48 ore (idealmente entro poche ore) da una possibile esposizione all’HIV, come un rapporto non protetto o il contatto con sangue infetto. Va prescritta e monitorata presso un centro specializzato e dura circa 28 giorni.
La PEP riduce molto il rischio se iniziata rapidamente e seguita correttamente, ma non garantisce protezione assoluta. Non sostituisce il preservativo né gli altri metodi di prevenzione.
L’HIV non è ancora curabile, ma è trattabile. Con la terapia antiretrovirale continua, le persone raggiungono una carica virale non rilevabile e vivono una vita lunga e simile a quella della popolazione generale.
Raffaella Gatta
Articolo pubblicato il:
1 dicembre 2025