Ultimo aggiornamento: 4 luglio 2025
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I filtri presenti nelle creme solari, sia quelli “fisici” sia quelli “chimici”, sono regolati e controllati da apposite norme.
Sono considerati sicuri in base alle prove scientifiche disponibili.
È rischiosa, invece, l’esposizione ai raggi ultravioletti senza protezione, poiché aumenta la probabilità di sviluppare tumori della pelle.
Le creme solari contengono filtri di protezione dai raggi ultravioletti (UV): si tratta di sostanze che assorbono o riflettono questi raggi, che sono dannosi per le cellule. Esistono diversi tipi di raggi ultravioletti: i principali sono gli UVA (i più energetici e dannosi) e gli UVB (meno nocivi rispetto ai raggi UVA). Su ogni confezione di crema solare è indicato l’indice SPF, riferito al livello di protezione dai raggi UVB, con numeri come “20”, “30” e “50+”. Inoltre, la presenza del marchio UVA sulla confezione garantisce che la crema sia utile anche per la protezione da questo tipo di raggi. Se applicate nella giusta quantità e con regolarità, le creme solari diventano barriere efficaci a proteggere la pelle evitando scottature, riducendo l’invecchiamento della pelle associato all’esposizione al sole e abbassando il rischio di avere un tumore della pelle.
La protezione offerta dai filtri solari non è mai totale, tanto che è ormai vietato utilizzare questa dicitura sulla confezione della crema o per pubblicizzare il prodotto. Pertanto, oltre alla crema solare, per proteggersi adeguatamente dai danni dei raggi UV è importante ridurre il più possibile l’esposizione al sole, utilizzando anche barriere fisiche come cappelli, vestiario adatto, ombrelli e ombrelloni.
Negli ultimi anni i social media hanno visto fiorire tesi allarmiste sulle creme solari: alcuni utenti le descrivono come tossiche, con effetti di interferenti endocrini e addirittura come potenziali agenti cancerogeni. C’è chi sostiene che sia più sicuro evitare di metterle. Questa narrazione è infondata e pericolosa, perché alimenta paure ingiustificate e può indurre a rinunciare a proteggersi dal reale rischio, l’esposizione ai raggi UV.
Sui social sono particolarmente demonizzati i “filtri chimici” rispetto ai “filtri fisici”. Giocare sulla diffusa paura per le “sostanze chimiche” (la cosiddetta chemofobia) è una strategia comune tra coloro che diffondono tesi allarmiste senza fondamento. In realtà, tutti i filtri solari sono costituiti da sostanze chimiche: le diciture “fisico” e “chimico” si riferiscono al loro meccanismo d’azione. I filtri fisici, o inorganici (come l’ossido di zinco e il biossido di titanio) creano una barriera che riflette e disperde i raggi UV, mentre i filtri chimici o organici (come l’avobenzone, l’ossibenzone e l’octocrylene) assorbono i raggi UV dissipando l’energia in calore. Per queste ragioni sarebbe più appropriato definirli rispettivamente “filtri inorganici” e “filtri organici”.
La demonizzazione dei filtri chimici è stata alimentata anche dai risultati di uno studio del 2020 condotto dalla Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia regolatoria statunitense di farmaci, alimenti e altri prodotti. I dati, pubblicati in un articolo sulla rivista JAMA, una delle più importanti riviste medico-scientifiche internazionali, hanno evidenziato che 6 filtri solari chimici applicati ripetutamente sono entrati nel circolo sanguigno, superando i limiti ematici stabiliti dalla stessa agenzia. Tuttavia, gli autori hanno chiarito che la penetrazione nel circolo sanguigno di una sostanza non prova di per sé che essa sia tossica. A oggi, infatti, non ci sono prove sulla cancerogenicità di tali sostanze. Infatti, sia l’FDA sia l’europeo Comitato scientifico per la sicurezza dei consumatori (Scientific Committee on Consumer Safety, SCCS) continuano a raccomandare l’utilizzo delle creme solari con filtri chimici.
Tra le tesi allarmiste sulle creme solari c’è quella che riguarda la possibilità che si tratti di potenziali interferenti endocrini, e cioè di sostanze in grado di alterare il sistema endocrino, l’insieme di organi e ghiandole che producono ormoni. In effetti, alcuni filtri UV (octocrylene e omosalato) sono risultati associati a effetti ormonali in studi con cellule in coltura e animali di laboratorio. Tuttavia, le prove raccolte con studi negli esseri umani non sono conclusive, anche perché alcune sono emerse da studi con dosi che eccedono l’uso quotidiano. Pur riconoscendo l’ipotesi che questi filtri potrebbero interferire con il sistema endocrino, gli esperti del Comitato scientifico per la sicurezza dei consumatori ritengono sicuri i filtri UV se utilizzati secondo le dosi e le modalità indicate. È quindi fondamentale proteggersi dai raggi UV, un cancerogeno certo secondo la classificazione IARC, anziché rinunciare alla protezione per un potenziale e non ben specificato rischio per il sistema endocrino.
In quanto prodotti cosmetici, le creme solari sono immesse in commercio in base al Regolamento (CE) n.1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici. Questo impone ai produttori delle creme solari di garantire che siano sicure per la salute umana se utilizzate alle condizioni d’uso normali e ragionevolmente prevedibili. I produttori sono per questo tenuti a effettuare test di sicurezza e a presentare una relazione sugli esiti di tali test. Inoltre, il Regolamento (CE) n.1223/2009 vieta che nei prodotti cosmetici siano utilizzate sostanze classificate come cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione, riportate in un allegato del regolamento stesso, aggiornato periodicamente con le più recenti e solide evidenze scientifiche. L’ultimo aggiornamento dell’allegato risale a marzo del 2024.
A livello europeo opera un altro organo, pubblico e indipendente, importante per la valutazione della sicurezza dei prodotti cosmetici: si tratta del sopracitato Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori, che esamina quanto sono sicuri i singoli ingredienti piuttosto che il prodotto finale.
Oltre alla valutazione della sicurezza prima dell’immissione in commercio, il Regolamento (CE) n.1223/2009 prevede anche una fase di vigilanza post-marketing. Ciò significa che cittadini, professionisti del settore sanitario, operatori, distributori e aziende del settore cosmetico possono segnalare effetti indesiderabili dei prodotti già in commercio. Tali segnalazioni vengono prese in carico dal sistema di allerta rapida Rapex, i prodotti sono quindi rivalutati e in caso di problemi seri sono eventualmente ritirati dal mercato.
Questa rigorosa struttura normativa garantisce che le creme solari messe in commercio siano sicure e che, nei rari casi di contaminazione, di difetti di fabbricazione o di sofisticazioni che ne inficino la sicurezza, siano ritirate con prontezza dal mercato.
Le creme solari non sono cancerogene: sono prodotti regolamentati, testati e vigilati secondo elevati standard europei. Il loro uso secondo le indicazioni è un atto di prevenzione attiva contro i tumori della pelle. La mancanza di protezione espone invece a rischi certi: scottature, invecchiamento precoce, danni al DNA e, a lungo termine, possibili tumori della cute. Anziché cedere alle paure, è importante utilizzare creme con filtri approvati (con fattore SPF 15 o superiore), leggere l’etichetta, e applicare una quantità adeguata di prodotto più volte nel corso del tempo passato al sole. Così si protegge la pelle oggi e si preserva la salute nel tempo.
Sofia Corradin