Ultimo aggiornamento: 21 novembre 2018
Uno studio italiano ha chiarito il ruolo di alcune cellule immunitarie nel proteggere il tumore alla prostata dagli attacchi del sistema immunitario. Un'informazione che potrebbe aprire la strada a terapie più specifiche.
Titolo originale dell'articolo: Cross-Talk between Myeloid-Derived Suppressor Cells and Mast Cells Mediates Tumor-Specific Immunosuppression in Prostate Cancer
Titolo della rivista: Cancer Immunology Research
Data di pubblicazione originale: 9 marzo 2018
L'immunoterapia è una strategia terapeutica contro il cancro, che è efficace in alcuni tipi di tumore, non ancora in tutti. Il tumore alla prostata, per esempio, inibisce in modo efficace gli attacchi del sistema immunitario e dunque è poco sensibile a questa strategia terapeutica. Ora, però, il gruppo di ricerca di Mario Colombo, dell'Istituto nazionale tumori di Milano, ha chiarito alcuni meccanismi cellulari e molecolari alla base di questa soppressione immunitaria, aprendo la strada alla possibilità di applicazioni cliniche. I risultati dello studio condotto con il sostegno di AIRC sono pubblicati sulla rivista Cancer Immunology Research.
La scoperta si basa su alcune conoscenze precedenti: "Sapevamo che la prostata malata presenta, rispetto all'organo sano, un numero più elevato di mastociti, un tipo di cellule del sistema immunitario. Inoltre, è noto che l'ambiente che circonda il tumore è molto tollerante nei confronti di un particolare antigene del tumore" spiega Colombo. Quest'ultimo è una molecola espressa sulla superficie delle cellule tumorali: dovrebbe indurre il sistema immunitario ad attaccare tali cellule e invece viene tollerata.
Per capire se esista un nesso tra le due osservazioni, Colombo e colleghi hanno lavorato con animali di laboratorio, in particolare topi nei quali si trova il tumore e non i mastociti. "Abbiamo verificato che in questi animali la tolleranza all'antigene diminuisce, il sistema immunitario riesce ad attaccare le cellule tumorali e la malattia regredisce. Viceversa, se in questi topolini sono infusi nuovi mastociti, il quadro torna quello di prima, con il ripristino della tolleranza". I ricercatori hanno anche individuato un meccanismo responsabile di questo effetto: l'interazione tra i mastociti e le cellule mieloidi soppressive, altre cellule immunitarie deputate proprio alla soppressione immunitaria, tramite una molecola chiamata CD40.
Non solo: in un passaggio successivo del lavoro il gruppo di Colombo ha verificato che nei pazienti con tumore alla prostata l'andamento clinico della malattia è associato a una particolare "firma genetica" caratterizzata dai livelli di espressione di geni coinvolti nell'interazione tra mastociti e cellule mieloidi soppressive. "In futuro questa firma potrebbe essere utilizzata come marcatore per capire su quali tumori intervenire prima o in modo più aggressivo, mentre le conoscenze sull'interazione tra le cellule immunitarie potrebbero portare alla messa a punto di un'immunoterapia specifica".
Valentina Murelli