Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Un inibitore di PARP, già utilizzato in clinica per il trattamento di alcuni tumori della cavità addominale, ha ricevuto negli USA il via libera anche per il cancro del seno, purché siano presenti metastasi e mutazioni nel gene BRCA.
Il 2018 ha visto una importante novità per chi sta affrontando un tumore al seno. La statunitense Food and Drug Administration (FDA), l’ente che si occupa dell’approvazione dei nuovi farmaci al di là dell’oceano, ha infatti autorizzato l’uso del farmaco olaparib per le pazienti con tumore del seno metastatico che presentano una versione mutata del gene BRCA.
Olaparib non è una novità per gli oncologi: la molecola, infatti, è già in uso da qualche anno per il trattamento di alcune tipologie di tumore dell’ovaio, delle tube di Falloppio o del peritoneo (una sottile membrana che riveste l’addome). La possibilità di estenderne l’uso anche al cancro della mammella è però un importante passo avanti in un tumore per cui da qualche tempo mancavano novità. “La FDA ha incluso nelle indicazioni di questa cura il trattamento di pazienti con alcuni tipi di tumore mammario metastatico e dei tumori con una specifica mutazione genetica ereditaria. Si tratta quindi del primo farmaco della sua classe (gli inibitori di PARP) approvato per il tumore mammario oltre che il primo approvato per pazienti con specifiche mutazioni nel gene BRCA” si legge nel comunicato della FDA.
Il farmaco blocca specifiche proteine chiamate PARP implicate nella riparazione dei danni al DNA delle cellule. Nelle cellule tumorali con mutazioni BRCA i meccanismi di riparazione del danno sono già compromessi e, di conseguenza, aggiungendo un altro ostacolo, il blocco di PARP, si aumenta la probabilità che la cellula tumorale non sopravviva perché il danno diventa impossibile da riparare. Le cellule sane, invece, riescono a superare il blocco di PARP grazie al fatto che le loro proteine BRCA funzionano.
L’approvazione arriva dopo i risultati di uno studio su 302 pazienti con tumore mammario metastatico negativo per HER2 (una caratteristica molecolare che rende questo tipo di malattia difficile da curare) e con una mutazione ereditaria in BRCA. Le pazienti sono state suddivise in due gruppi e trattate con il nuovo farmaco o con la chemioterapia standard e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine.
Il periodo di tempo trascorso senza che la malattia progredisca è risultato più lungo tra le donne trattate col nuovo farmaco e, inoltre, le pazienti trattate con olaparib hanno mostrato, in percentuale, una maggiore risposta alla terapia.
Il trattamento non è privo di effetti collaterali: tra i principali, bassi livelli di globuli rossi (anemia) e di alcuni globuli bianchi (neutropenia, leucopenia), nausea, vomito e stanchezza. Ma gli effetti collaterali più gravi per intensità interessano il 36,6 per cento delle pazienti, una percentuale inferiore rispetto a quella che si osserva con la chemioterapia standard (50,5 per cento).
La scelta della terapia del tumore del seno dipende da diversi fattori: dalle caratteristiche del paziente come età e stato di salute generale, a quelle della malattia come aggressività o diffusione. Ma nell’era della medicina personalizzata e delle terapie a bersaglio molecolare è quasi impossibile fare a meno della genetica quando si tratta di scegliere il farmaco più adatto a un determinato paziente. In particolare, per il tumore del seno si valuta la presenza dei recettori per gli ormoni (estrogeni e progestinici) e per HER2, poiché contro questi bersagli esistono terapie ad hoc.
In alcuni casi però, il tumore non presenta nessuno di questi bersagli: sono i tumori triplo negativi, che rappresentano il 20 per cento circa di tutte le neoplasie del seno e sono i più difficili da trattare. Anche contro questo tipo di cancro al seno il nuovo farmaco sembra offrire una nuova strategia di cura, ma i risultati degli studi sono ancora in fase estremamente precoce e non consentono di trarre conclusioni.
Secondo le stime AIRTUM-Fondazione AIOM ogni anno in Italia vengono diagnosticati 52.800 nuovi casi (52.300 nelle donne e 500 negli uomini) di tumore del seno, il più frequente nel sesso femminile in tutte le fasce di età. Solo il 5-7 per cento circa dei tumori della mammella è ereditario, legato cioè alla presenza di mutazioni a livello del DNA, che in un quarto dei casi interessano i geni BRCA 1 o BRCA 2. Il rischio di ammalarsi nel corso della vita di tumore mammario è pari al 65 per cento per le donne portatrici di mutazioni del gene BRCA 1, mentre la percentuale scende al 40 per cento se la mutazione interessa il gene BRCA 2.
Cristina Ferrario (Agenzia Zoe)