Ultimo aggiornamento: 23 gennaio 2020
Una recente metanalisi afferma che i contraccettivi orali riducono il rischio di sviluppare il cancro dell'endometrio, ma lo stesso non vale per il cancro al seno. Ma la scelta di assumerli va oltre la sola valutazione del rischio oncologico.
Gli ormoni femminili agiscono come fertilizzanti in alcuni tumori ma sono protettivi in altri. Non stupisce, quindi, che la pillola contraccettiva, la versione sintetica degli ormoni prodotti dall'organismo nell'età fertile, sia stata osservata con attenzione fin dalla sua messa in commercio.
Gli ultimi studi in materia hanno fatto pendere la bilancia decisamente a suo favore. La rivista Lancet Oncology ha pubblicato infatti un'importante metanalisi (ovvero uno studio in grado di sommare i risultati provenienti da più studi per aumentare la potenza statistica degli stessi e l'attendibilità dei risultati) sulla relazione tra uso della pillola e cancro dell'endometrio. "È noto da tempo che l'uso dei contraccettivi orali riduce il rischio di sviluppare questa malattia" spiega Sandro Pignata, direttore del Dipartimento uro-ginecologico dell'Istituto tumori Fondazione Pascale di Napoli. "Quello che non era chiaro è quanto a lungo dopo l'interruzione della pillola l'effetto si mantenga tale".
Grazie ai dati provenienti da 36 studi epidemiologici, pubblicati tra il 1987 e il 2014, per un totale di oltre 27.000 donne colpite da cancro dell'endometrio e oltre 116.000 donne non colpite, i ricercatori hanno scoperto che più a lungo dura l'uso dei contraccettivi, maggiore è la riduzione del rischio. Per ogni cinque anni di utilizzo si ha una riduzione del rischio del 25% circa e tale effetto positivo si mantiene per circa 30 anni dopo l'interruzione della pillola.
Un altro elemento interessante messo in luce da questo studio è che, almeno per quanto riguarda il cancro dell'endometrio, il tipo di pillola assunta ha poca importanza e il livello di protezione rimane pressoché analogo per le donne che l'hanno presa negli anni Sessanta, negli anni Settanta e negli anni Ottanta, sebbene il livello di estrogeni nelle formulazioni più vecchie fosse decisamente più elevato che in quelle più nuove. "La nostra metanalisi dimostra che negli ultimi 50 anni, nei Paesi sviluppati presi in esame dai singoli studi, la pillola contraccettiva ha evitato circa 400.000 casi di cancro dell'endometrio" spiegano gli autori che fanno capo al Collaborative Group on Epidemiological Studies on Endometrial Cancer.
Sebbene la metanalisi di Lancet Oncology abbia sollevato qualche obiezione perché, secondo alcuni esperti, non tiene sufficientemente conto del numero di donne che hanno subito l'asportazione dell'utero durante il periodo di osservazione, la conclusione per il cancro dell'endometrio non sembra lasciare dubbi.
Eppure nel 2007 lo IARC di Lione, l'Agenzia che si occupa di classificare le sostanze cancerogene, ha inserito i contraccettivi orali nel gruppo 1, quello dei cancerogeni accertati. "È per via del cancro al seno" spiega Pignata. "In questo caso l'effetto degli ormoni è esattamente l'opposto di quello sull'utero". Che la pillola non sia amica del seno è cosa accertata già dal 1996, quando è stata pubblicata una metanalisi analoga a quella sull'endometrio ma limitata al cancro della mammella a opera del Collaborative Group on Hormonal Factors in Breast Cancer. Ne risultava che il rischio di sviluppare il cancro della mammella aumentava leggermente nei cinque anni successivi all'utilizzo. Il rischio era più elevato nelle donne che avevano cominciato a prendere la pillola da ragazzine. Dieci anni dopo l'interruzione, però, il rischio di ammalarsi risultava identico tra le donne che avevano fatto uso di contraccettivi orali e le altre che non li avevano usati, e questo indipendentemente dalla storia familiare e quindi da una eventuale predisposizione.
Più recentemente un'analisi condotta su 116.000 donne che hanno partecipato al Nurses' Health Study, uno dei più noti studi epidemiologici, conferma i risultati del 1996, ma fornisce un'informazione in più: la pillola più legata all'aumento di rischio è la cosiddetta trifasica, in cui i dosaggi di estrogeni e progestinici cambiano tre volte nel corso del mese.
Vi sono diverse ipotesi per spiegare questo fatto ma nessuna spiegazione certa, almeno al momento. Le pillole attuali, però, anche quando hanno un dosaggio variabile, sono assai diverse dalle trifasiche assunte dalle partecipanti al Nurses' Health Study e questo spiega anche perché definire esattamente il livello di rischio (o di protezione) legato all'uso della pillola è complicato: le formulazioni e persino le tipologie di ormoni sintetici sono cambiate molto nel corso del tempo e non è detto che le pillole attuali abbiano un profilo di rischio analogo a quelle del passato.
Infine c'è il grande capitolo del cancro all'ovaio, per il quale mancano, al momento, efficaci strumenti di prevenzione. "Molti studi hanno associato l'uso dei contraccettivi orali a una riduzione del rischio di cancro all'ovaio" spiega Pignata. "La scelta, a livello individuale, è più complicata per le donne portatrici dei geni BRCA 1 o BRCA 2, che predispongono allo sviluppo del cancro ovarico ma anche del cancro del seno. Molti studi, l'ultimo dei quali datato 2009, dimostrano che la pillola protegge queste donne dal cancro ovarico, ma rimane sempre il problema del cancro alla mammella". Per chi invece non è portatrice della mutazione, il bilancio è favorevole. Diversi studi hanno infatti confermato l'effetto protettivo.
Quale scelta fare sul piano individuale? "È bene premettere che non si assume un contraccettivo per prevenire un tumore, ma per prevenire una gravidanza indesiderata e questo elemento deve rimanere centrale nella decisione" conclude Pignata.
Tra benefici e rischio il bilancio pende, tutto sommato, più dalla parte dei benefici, se si esclude il caso della familiarità per cancro del seno. Nel caso della mammella, però, esistono strumenti di diagnosi precoce e screening efficaci che non esistono, per esempio, per il cancro all'ovaio. È bene quindi che le donne conoscano gli effetti degli ormoni sul loro corpo e sul rischio oncologico per mettere in atto le misure di prevenzione più efficaci, ma che decidano sulla base delle esigenze di vita personali, dopo aver parlato col proprio ginocologo anche del proprio profilo individuale di rischio oncologico.
Gli ormoni sono sostanze naturalmente presenti nel nostro corpo, fondamentali per regolarne le funzioni. Anche piccole alterazioni nelle loro quantità possono avere riflessi su tutto l'organismo, influendo tra l'altro, in un senso o nell'altro, anche sul rischio di cancro.
Daniela Ovadia