Ultimo aggiornamento: 22 novembre 2024
Grazie all’intelligenza artificiale è stato sviluppato un nuovo test sul sangue che potrebbe essere usato come strumento di screening.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Pittsburgh, negli Stati Uniti, ha sviluppato un nuovo strumento per la diagnosi precoce del carcinoma epatocellulare (HCC), la forma più diffusa di tumore del fegato. L’esame si basa sulla possibilità di individuare in un campione di sangue alcune molecole di RNA di origine tumorale che derivano dalla fusione di due geni normalmente separati, chiamate in gergo trascritti di fusione. Il metodo potrebbe essere utile anche per capire se un paziente risponde alle cure.
Gli autori della ricerca hanno identificato i trascritti di fusione presenti nel sangue di 61 pazienti con HCC e di 75 pazienti con malattie del fegato diverse dal cancro (per esempio cirrosi o steatosi). Per la ricerca hanno utilizzato tecniche di “machine learning”, una branca dell’intelligenza artificiale.
In pratica, un computer ha analizzato i dati e li ha classificati, generando l’ipotesi che 4 dei trascritti di fusione trovati fossero associati a un’elevata probabilità che i pazienti portatori avessero il cancro. I ricercatori hanno quindi stimato che, applicando questo sistema basato sui 4 trascritti, si potrebbe essere in grado di predire correttamente la presenza di malattia in circa l’83 per cento dei casi. Un secondo sistema, basato sull’espressione di 2 trascritti di fusione e sulla presenza nel sangue dell’alfa fetoproteina (AFP), un biomarcatore già usato per lo screening del tumore del fegato (anche se non molto sensibile), ha mostrato una capacità predittiva che si avvicina al 95 per cento.
Secondo gli autori dell’articolo, pubblicato sull’American Journal of Pathology, i test sviluppati possono avere più impieghi. Innanzitutto, potrebbero essere usati come test di screening per la diagnosi precoce dell’HCC in pazienti che presentano fattori di rischio per questo tipo di tumore, da utilizzare per esempio prima degli esami di imaging, più costosi e complessi. In secondo luogo, potrebbero servire per stabilire se debbano essere sottoposti a una biopsia i pazienti a cui vengono scoperti dei noduli al fegato di cui non si capisce la natura. Infine, potrebbero essere utilizzati per valutare l’efficacia del trattamento e la presenza di malattia residua, dal momento che in pazienti trattati per l’HCC i ricercatori hanno osservato livelli dei trascritti di fusione diminuiti o azzerati.
Per validare queste ipotesi e l’effettiva affidabilità dei test serviranno ulteriori studi. La semplicità di questi esami li rende molto interessanti e meritevoli di ulteriori indagini.
Alcuni studi hanno rivelato che, tra gli eventi che si verificano nel DNA delle cellule del fegato che vanno incontro a trasformazione maligna, ci sono dei cosiddetti riarrangiamenti: porzioni di geni distinti che si uniscono creando nuovi geni, detti appunto di fusione. Quando il DNA alterato in questo modo è usato come stampo per sintetizzare l’RNA, vengono prodotti i cosiddetti “trascritti di fusione”. Se non sono aberranti al punto da essere eliminati, essi sono usati dalla cellula per produrre proteine anomale che possono favorire lo sviluppo di un tumore. Le cellule tumorali possono rilasciare i trascritti di fusione nel sangue, dove sono rilevabili medianti tecniche di biologia molecolare.
Agenzia Zoe