Tumore del fegato

Oltre il 70 per cento dei casi di tumori primitivi del fegato è riconducibile a fattori di rischio conosciuti, come l’infezione da virus dell’epatite C e da virus dell’epatite B

Ultimo aggiornamento: 14 gennaio 2018

Tempo di lettura: 11 minuti

Cos'è

Il fegato è il più grande organo del corpo umano; è situato nella parte superiore destra dell'addome ed è diviso in due lobi, uno sinistro e uno destro, più grande.

Il fegato è fondamentale per mantenere di un buono stato di salute: rimuove le sostanze di scarto dal sangue e produce la bile e molti enzimi necessari alla digestione.

È irrorato da due grossi vasi: l'arteria epatica e la vena porta. Il tumore del fegato è provocato dalla proliferazione incontrollata di cellule all'interno dell’organo.

Quanto è diffuso

L'incidenza del tumore epatico varia molto a seconda delle zone geografiche: è più diffuso in Asia rispetto a Stati Uniti ed Europa. È il sesto tumore più frequente a livello mondiale e la seconda causa di morte per neoplasia: nel 2012 oltre 700.000 persone nel mondo sono morte di cancro al fegato.

In Italia è più raro: si stima che ogni anno siano diagnosticati circa 8.900 tumori primari del fegato negli uomini e 4.000 nelle donne (Registro tumori italiano 2017), con un rapporto di circa 2 a 1 tra uomini e donne.

Negli uomini l'incidenza cresce rapidamente con l'età: si passa da 3 per 100.000 casi sotto i 45 anni, a 32 per 100.000 nelle persone con età compresa tra 60 e 64 anni, fino a 62 per 100.000 oltre i 75 anni.

Sono invece più frequenti i tumori secondari, ovvero le metastasi che colonizzano il fegato provenendo da altri organi. Il fegato, infatti, proprio per la sua funzione di filtro dell'organismo, riceve il sangue da quasi tutti i distretti corporei e quindi è facilmente sede di metastasi di altri tumori che trovano nel fegato una sede favorevole al loro sviluppo.

Chi è a rischio

Non è ancora noto l'esatto meccanismo con il quale si sviluppa il tumore del fegato e restano molti punti da chiarire. Alcuni elementi, tuttavia, sono dei sicuri fattori di rischio.

Infezioni croniche

Rappresentano il più importante fattore di rischio; possono essere causate da virus epatici di tipo B e C, che si trasmettono attraverso il sangue o i rapporti sessuali o dalla madre al figlio durante la gravidanza. Le epatiti virali spesso non danno alcun sintomo, anche se la loro presenza è facilmente rilevabile tramite un esame del sangue. L'infezione da virus B, però, si può prevenire con un vaccino che oggi viene somministrato a tutti i neonati ed è comunque utile a qualunque età. Se l'epatite diventa cronica può causare, anche dopo molti anni, la degenerazione tumorale degli epatociti. Contro l’epatite C sono disponibili farmaci molto efficaci che dovrebbero nel tempo ridurre il numero di casi di questa malattia e di conseguenza il numero di tumori.

Cirrosi

La cirrosi è una malattia che si sviluppa quando, per vari motivi (ad esempio: infezioni da virus e da parassiti, abuso di alcol, malattie autoimmuni, intossicazioni da farmaci e da sostanze chimiche, sovrappeso e carico metabolico eccessivo), le cellule del fegato vengono danneggiate e sostituite con tessuto cicatriziale. Si stima che più del 5 per cento delle persone con cirrosi sviluppi un tumore del fegato.

Aflatossine

Si tratta di una classe di sostanze che si sviluppa in alcuni tipi di muffa; sono considerate contaminanti di alcuni alimenti e per questo la loro concentrazione è costantemente controllata.

Genere

Gli uomini sono più soggetti ai carcinomi epatici.

Età

Nella maggior parte dei casi il tumore al fegato insorge dopo i 50 anni.

Obesità e alterazioni del metabolismo

Come espressione di alterazione del metabolismo, l’obesità, insieme a diabete, ipertensione e ipercolesterolemia, possono causare steatoepatite, fibrosi, cirrosi e quindi incrementare il rischio di tumore.

Fumo

Aumenta il rischio di tumore del fegato.

Malattie a genesi autoimmune

Alcune malattie a genesi autoimmune come la colangite sclerosante primitiva o congenita, come il deficit di alcuni enzimi come l’Afa-1-antritripsina o la tirosina, possono aumentare il rischio di tumore del fegato.

Tipologie

I tumori primari del fegato (cioè quelli nati nell'organo e non provocati da cellule staccatesi da altri tumori e migrate fino al fegato, le cosiddette metastasi) originano generalmente dalle cellule proprie dell'organo, come gli epatociti e si possono chiamare epatocarcinomi.

I tumori del fegato possono svilupparsi anche nei bambini: in questi casi si parla di epatoblastoma, per il quale esistono protocolli di diagnosi e cura diversi da quelli per i tumori del fegato degli adulti.

I tumori primitivi del fegato in genere non migrano in altri organi, ma si diffondono precocemente nel fegato stesso con i cosiddetti tumori multifocali, ovvero multiple localizzazioni all’interno dell’organo.

Le neoplasie più frequenti che colpiscono il fegato sono secondarie, cioè derivano da tumori che nascono altrove (per esempio nel colon, nella mammella o nel polmone) per poi diffondersi al fegato come sede delle metastasi.

Sintomi

Il tumore del fegato è stato anche chiamato tumore silenzioso perché, soprattutto nelle fasi iniziali, non dà alcun segno di sé. Via via che la malattia si diffonde iniziano a comparire sintomi specifici, tra i quali il dolore alla parte superiore dell'addome, che si può irradiare anche alla schiena e alle spalle, l'ingrossamento del ventre, la perdita di peso e di appetito, la nausea, il vomito, la sensazione di sazietà, la stanchezza, l'ittero (ovvero il colore giallo della pelle), la colorazione scura delle urine e la febbre.

Si tratta di sintomi poco specifici, che possono presentarsi anche in malattie del tutto diverse. In ogni caso vanno riferiti al medico, che valuterà la situazione.

Prevenzione

Non è purtroppo possibile prevenire il cancro del fegato, se non evitando i più comuni fattori di rischio che comprendono l’esposizione ai virus dell’epatite, il consumo eccessivo di alcol, abitudini che favoriscono il sovrappeso e l’obesità, con alterazioni del metabolismo.

I pazienti a rischio (ovvero quelli con malattie croniche del fegato o con cirrosi), devono rimanere sotto controllo medico e possono sottoporsi a ecografie periodiche per individuare eventuali formazioni tumorali epatiche in fasi più precoci e quindi più curabili.

Una misura efficace di prevenzione è la vaccinazione per l'epatite B, che in Italia è obbligatoria per tutti i bambini. Per quanto riguarda l'epatite C non sono disponibili vaccini, ma farmaci in grado di azzerare la replicazione virale in oltre il 99 per cento dei casi. L’epatite A, per la quale esiste un vaccino comunemente usato da chi viaggia in paesi caldi con scarsa igiene, non aumenta il rischio di ammalarsi di tumore del fegato. In caso di infezione cronica da virus dell'epatite B o C è opportuno farsi seguire da centri con adeguata esperienza e controllare l’infezione virale con farmaci adeguati e per ridurre il rischio di sviluppare un tumore.

Diagnosi

Esistono diversi modi per verificare la presenza di un tumore del fegato e, in generale, la salute dell'organo.

Esame obiettivo

Il medico palpa l'addome per verificare l’eventuale ingrandimento del fegato, della milza e degli organi vicini e l'eventuale presenza di masse sospette. Inoltre verifica la presenza di ascite, cioè di liquido in quantità abnorme nell’addome, e osserva il colore della pelle e del bianco degli occhi, per vedere se c'è ittero, ovvero ingiallimento della cute o delle mucose. Con l'esame obiettivo si identificano in genere forme tumorali già avanzate.

Esami del sangue

Ci sono diversi parametri che suggeriscono una malattia del fegato quali, per esempio, i dosaggi delle transaminasi e della bilirubina. Il marcatore tumorale più significativo è l'alfa-fetoproteina (AFP), una proteina che è associata alla presenza di neoplasia, anche se è espressa con valori patologici in solo la metà circa dei pazienti con tumore.

Ecografia

Grazie all’eco degli ultrasuoni si può ricostruire in modo del tutto innocuo un'immagine del fegato e degli organi circostanti. Le masse tumorali (denominate in genere “lesioni focali”) danno un’eco diversa dai tessuti sani e possono essere identificate con buona accuratezza. Un’ecografia sospetta è in genere preliminare a esami più complessi quali TC e risonanza magnetica.

Tomografia computerizzata (TC)

È un esame radiologico digitale effettuato da un’apparecchiatura che ricostruisce immagini di diverse sezioni del fegato, degli organi vicini e dei vasi sanguigni. Il potere diagnostico della TC può essere amplificato da specifiche sostanze, i mezzi di contrasto, iniettate nel paziente prima dell’esame. La TC consente di visualizzare un eventuale tumore del fegato e in genere degli organi interni.

Risonanza magnetica (RM)

Ricostruisce immagini digitali grazie a campi magnetici generati da magneti collegati a un computer. Fornisce immagini analoghe a quelle dalle TC ma con orientamenti e specifiche diverse. Come la TC aiuta a stabilire le zone colpite dal tumore e a distinguere queste dai tessuti sani.

Angiografia epatica

È un esame radiologico invasivo che richiede un ricovero ospedaliero e l’anestesia. Si avvale dell'amplificazione dell'immagine data da un mezzo di contrasto iniettato nell'arteria epatica. Consente di visualizzare i vasi sanguigni che irrorano il fegato ed eventuali tumori, dove la densità dell’irrorazione sanguigna è in genere maggiore.

Biopsia

È il prelievo di un campione di tessuto epatico. Per lo più viene effettuato in anestesia locale ma richiede comunque un breve ricovero. Il medico inserisce un ago sottile nell'addome e preleva un campione di tessuto con la guida dell’ecografia o dell'immagine della TAC o della RMN. In alternativa la biopsia epatica può essere eseguita anche durante esami endoscopici, interventi chirurgici chiusi (laparoscopici) o aperti (laparotomici). Il tessuto prelevato è sottoposto all’esame istologico.

Evoluzione

Una volta che si è accertata la presenza di un tumore del fegato, il medico effettua la stadiazione, cioè definisce il grado di malignità e di espansione del tumore finalizzata alla programmazione della cura (in genere utilizzando sistemi di stadiazione specifici, in Europa soprattutto il sistema BCLC). Nel caso del tumore del fegato, questa fase è particolarmente importante per decidere se è possibile o meno procedere per via chirurgica. La maggior parte dei tumori epatici non può essere rimossa con il bisturi ed è trattata con terapie non-chirurgiche, in considerazione dello stato di compromissione generale del fegato. L’evoluzione del tumore del fegato è in genere progressiva e porta a graduale indebolimento delle funzioni epatiche. La sopravvivenza generale a cinque anni dalla diagnosi è molto bassa e si aggira attorno al 5 per cento: ciò è dovuto al fatto che la malattia viene molto spesso scoperta quando è già estesa.

Come si cura

Il tumore del fegato è complesso da curare e può essere affrontato in diversi modi. Per questo è importante che la decisione terapeutica sia presa con un approccio multidisciplinare in centri di provata esperienza e ampia casistica, e che il malato sia informato correttamente e sia parte attiva nelle decisioni che lo riguardano.

La probabilità di cura è correlata allo stadio di malattia e allo stato di salute generale del paziente: più un tumore è diagnosticato in fase precoce, maggiore è la possibilità che il paziente possa sopportare l’intervento chirurgico e guarire. Gli approcci non chirurgici possono comunque avere un ruolo nell'evitare che la malattia si diffonda e nel mantenere una qualità di vita accettabile.

Gli interventi terapeutici dipendono dal numero di masse tumorali presenti, dalla loro posizione, volume e dal fatto che abbiano o meno iniziato a diffondersi anche al di fuori dell'organo; inoltre lo stato di salute del paziente gioca un ruolo molto importante nelle decisioni.

In generale possono essere classificati in base alla gravità del tumore.

Tumore localizzato e operabile

Se la massa è unica (o se sono comunque poche le lesioni tumorali e il fegato ha ancora una buona funzionalità, si può intervenire per via chirurgica, asportando la parte del fegato (epatectomia) che contiene i noduli tumorali. Gli interventi di resezione epatica del tumore possono essere eseguiti sia per via mini-invasiva (laparoscopica) che in modo tradizionale (laparotomica). A seconda della situazione si può rimuovere anche un intero lobo, perché la parte restante può essere sufficiente a svolgere le normali funzioni. In casi particolari è possibile anche asportare tutto il fegato e sostituirlo con un trapianto.

Tumore localizzato non operabile

Il tumore, anche se è confinato, talvolta non è operabile a causa della cirrosi o di altre condizioni che compromettono la funzionalità dell'organo o la salute in generale. In questi casi, per migliorare la qualità della vita e allungarne la durata, si può comunque procedere con una delle terapie interventistiche. Le principali sono:

 

Termoablazione

La massa tumorale viene neutralizzata e distrutta con il calore generato da una sonda speciale che vibra secondo le frequenze radio, oppure con il laser o con le microonde.

Chemioembolizzazione (TACE)

Allo scopo di trattenere i farmaci nel fegato il più a lungo possibile, è possibile occludere i vasi sanguigni che nutrono il tumore tramite cateteri e microparticelle embolizzanti.

Radioembolizzazione (TARE o SIRT)

È una tecnica ancora sperimentale che utilizza microsfere radioattive iniettate attraverso un catetere direttamente nell'arteria epatica e da lì nel tumore. La radioattività viene rilasciata localmente, evitando di danneggiare i tessuti sani. In pratica il tumore viene aggredito da una radioterapia specifica veicolata sul bersaglio non dall’esterno ma tramite i vasi sanguigni che irrorano la neoplasia.

Trapianto di fegato

Si attua solo in caso di malattia non estesa, secondo precisi criteri di selezione e comporta l’inserimento in lista di attesa per la disponibilità di un organo donato. Può essere eseguito solo in centri autorizzati.

Tumore in stadio avanzato

Quando la neoplasia è diagnosticata in fase avanzata con cirrosi che compromette completamente la funzione del fegato, si possono attuare terapie che controllino i sintomi allo scopo di migliorare la qualità di vita. Se la compromissione non è completa si può utilizzare il sorafenib. Non inferiore al sorafenib in questi casi è il lenvatinib. In caso di progressione a tali farmaci la “seconda linea” di trattamento si basa su altre molecole denominate regorafenib e cabozantinib. Segnali positivi e possibile prossimo impiego in caso di tumore avanzato arrivano dalla immunoterapia, in particolare da una molecola denominata nivolumab.

Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.

  • Agenzia Zoe