Ultimo aggiornamento: 16 luglio 2025
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha elencato le misure di dimostrata efficacia per limitare l’esposizione all’alcol, un importante cancerogeno. Seguirle potrebbe portare benefici per la salute delle popolazioni in appena 5 anni.
In un rapporto pubblicato sul New England Journal of Medicine, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), un ente dell’Organizzazione mondiale della sanità che valuta e classifica le prove di cancerogenicità delle sostanze, ha sintetizzato un insieme di politiche efficaci per la riduzione del consumo di bevande alcoliche nella popolazione. L’etanolo è stato classificato come cancerogeno certo per la prima volta dal 1988, e poi riconfermato come tale nel 2007 e nel 2010. Di conseguenza l’impatto degli alcolici in ambito oncologico è via via entrato sempre più nella discussione delle politiche sanitarie ed è oggetto di confronto tra comunità scientifica e legislativa, camici bianchi e pazienti.
“Ridurre il consumo di alcol diminuisce non soltanto il rischio di ammalarsi di cancro, ma anche l’impatto di molte altre condizioni di salute” ricorda Béatrice Lauby-Secretan, vicedirettrice della Divisione sintesi e classificazione delle prove della IARC e coautrice del rapporto. “Il nostro obiettivo è aiutare i decisori politici ad attuare misure di controllo dei consumi degli alcolici.”
L’etanolo, o alcol etilico, è stato classificato dalla IARC come agente cancerogeno di gruppo 1, a indicare il fatto che esistono evidenze sufficienti della sua capacità di causare tumori negli esseri umani. Il consumo di alcol è infatti associato a un aumento del rischio di sviluppare diverse forme di cancro: del cavo orale, della faringe e della laringe, dell’esofago, dello stomaco, del colon-retto, del fegato, del pancreas e del seno. È accertato inoltre che non esiste una quantità a rischio zero, anche se naturalmente ridurne il consumo abbassa il rischio.
Nel rapporto della IARC sono inclusi i risultati di studi che hanno dimostrato l’efficacia di alcuni interventi in grado di cambiare i consumi di alcolici sia tra individui singoli sia per la collettività. Tra questi, secondo gli esperti dell’agenzia dell’OMS l’aumento delle tasse sugli alcolici e l’introduzione di prezzi minimi per le bevande che lo contengono sarebbero tra gli interventi più efficaci a difesa della salute pubblica. Più nel dettaglio, ci sono prove sufficienti che documentano l’impatto dell’aumento delle accise e dei prezzi minimi più elevati sulla riduzione del consumo di bevande alcoliche. Non ci sono invece prove che vietare gli sconti sull’acquisto di bevande alcoliche determini un calo degli acquisti di birra, vino e superalcolici.
Altre leve utili per limitare il consumo di alcolici rimandano ai limiti posti alla loro commercializzazione, per esempio su giorni, orari e numero di punti vendita. Secondo gli esperti della IARC, riducendo la facilità di accesso a queste bevande si favorisce la diminuzione dei consumi nella società. Queste mosse si possono poi combinare con l’aumento dell’età minima per l’acquisto. Inoltre, si è dimostrata efficace nel ridurre i consumi di alcolici l’adozione di politiche integrate, come i monopoli statali sull’alcol o l’introduzione di piani d’azione nazionali. Ma questi passi non possono prescindere da un altro elemento fondamentale: diminuire l’esposizione alle campagne di marketing, a partire dai più giovani.
I messaggi contenuti nel rapporto della IARC sono stati ripresi anche in un’analisi di politica sanitaria pubblicata su The Lancet Regional Health Europe, dedicata all’analisi degli interventi più efficaci per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili. Il documento approfondisce anche gli interventi psicosociali attuabili quali azioni secondarie per i consumatori a rischio. Gli autori hanno innanzitutto ribadito l’efficacia, raggiunta in soli 5 anni, delle leggi che contrastano la guida in stato di ebbrezza, di quelle che impongono un aumento delle accise, delle politiche che pongono vincoli alle campagne pubblicitarie su tutti i media e dei limiti all’accesso alle bevande alcoliche, riducendo gli orari di vendita.
Nell’analisi gli esperti hanno sottolineato anche l’importanza di interventi brevi e precoci per chi ne ha maggiore necessità. “Tale combinazione ha effetti immediati sul consumo pro-capite di alcol nei consumatori di età pari o superiore a 15 anni” scrivono gli autori del documento. Gli interventi volti all’aumento della consapevolezza e all’aiuto al cambiamento attraverso un approccio cognitivo-comportamentale e motivazionale possono dimostrarsi efficaci nell’arco di 12 mesi. Ma nonostante il cumulo di evidenze sia massiccio e i costi molto bassi, “questo approccio non risulta ancora adeguatamente sostenuto come standard da integrare nella pratica clinica” ammette Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore di sanità, che insieme all’Università Bocconi ha collaborato alla stesura del documento. A favorire questo attrito, in alcuni casi, potrebbero essere anche le pressioni dell’industria vinicola e dei produttori di alcolici.
Fabio Di Todaro