Ultimo aggiornamento: 18 luglio 2024
Tempo di lettura: 5 minuti
Il processo che porta allo sviluppo di un cancro inizia con alcune alterazioni genetiche, o mutazioni, nelle cellule di un determinato tessuto. L’accumulo di più mutazioni fa sì che le cellule che le ospitano acquisiscano nel tempo nuove capacità funzionali, tali da renderle infine cellule cancerose, in grado di riprodursi senza limiti.
Le lesioni precancerose sono costituite da un insieme di cellule che hanno già subito una o più mutazioni, ma non hanno ancora acquisito la capacità di riprodursi senza limiti, di invadere i tessuti circostanti e di migrare in organi a distanza (tramite il processo di metastatizzazione che caratterizza la malignità dei tumori). Anche per questa ragione è importante riuscire a riconoscere tali lesioni precoci, così da poter intervenire in modo tempestivo e definitivo, prima che si sviluppi un cancro vero e proprio.
Le caratteristiche e i sintomi associati alle lesioni precancerose sono diversi a seconda dell’organo e del tessuto interessato. Nel caso dell’adenocarcinoma gastrico, o cancro dello stomaco, un’infiammazione a lungo termine della mucosa che riveste l’organo può determinare progressivamente la perdita delle ghiandole dello stomaco, che secernono sostanze necessarie alla digestione. Questa condizione, la gastrite atrofica, può con il tempo portare alla metaplasia intestinale, cioè alla sostituzione della mucosa gastrica con tessuto intestinale, e quindi alla displasia, una condizione che rappresenta il ponte di collegamento tra le lesioni precancerose e lo sviluppo del cancro vero e proprio. Nei tessuti displastici, infatti, sono già presenti cellule anomale che perdono le loro caratteristiche specifiche e la loro funzione, si riproducono più velocemente delle altre e tendono ad accumulare ulteriori alterazioni genetiche.
Cellule gastriche displastiche possono trovarsi anche nei polipi, ossia masse anomale di tessuto. I polipi gastrici, nello specifico, possono essere aderenti alla mucosa o estroflettersi all’interno dell’organo.
Alcuni polipi, ma non tutti (così come, in generale, non tutte le lesioni precancerose), possono evolvere in cancro. In particolare, sono considerati lesioni precancerose i polipi adenomatosi o adenomi, gli unici per i quali la letteratura scientifica ha confermato la capacità potenziale di evolvere in forme maligne e invasive. Tuttavia, se identificati per tempo, possono essere asportati in maniera definitiva, evitando quindi il rischio di evoluzione verso la forma maligna. Per determinare quali polipi sono a maggior rischio, di solito ci si basa su caratteristiche come la dimensione e la presenza di displasia e di ulcere (cioè ferite aperte).
Anche nel caso del tumore al colon-retto esistono lesioni precancerose; i più comuni sono i polipi adenomatosi. In questo caso, però, l’infiammazione cronica è rilevante solo in una porzione piuttosto limitata di casi: laddove, per esempio, esistano condizioni autoimmuni come la retto-colite ulcerosa e il morbo di Crohn. Nelle lesioni precancerose del colon-retto hanno un ruolo importante invece alcune sindromi genetiche relativamente rare, che possono predisporre alla formazione di polipi adenomatosi. In particolare, la poliposi adenomatosa familiare (FAP) e la più comune ma comunque rara sindrome di Lynch sono condizioni ereditarie che aumentano il rischio di ammalarsi di cancro al colon-retto proprio causando la comparsa di adenomi. Nella FAP i polipi possono essere anche centinaia, mentre nella sindrome di Lynch sono in genere poche unità.
Gli adenomi dello stomaco purtroppo non causano sintomi specifici: possono portare blandi dolori allo stomaco, nausea e problemi digestivi, e altri sintomi generali come stanchezza e mancanza di appetito, comuni a molte altre condizioni meno gravi. Per questo motivo tali lesioni vengono di solito scoperte nel corso di visite eseguite per altre ragioni.
Gli adenomi del colon-retto sono in genere asintomatici. Raramente possono causare sintomi generici come diarrea, anemia e dolore all’addome. A volte possono invece causare sanguinamenti del retto, non necessariamente visibili a occhio nudo ma rilevabili con l’esame delle feci, o la presenza di muco.
Tra i principali esami disponibili per la diagnosi delle lesioni precancerose dello stomaco c’è l’endoscopia, eventualmente completata dalla biopsia se si individuano possibili lesioni visibili. Nel caso della displasia gastrica, l’endoscopia può eventualmente essere associata alla cromoscopia (una tecnica d’indagine nella quale si usano specifici coloranti per mettere in evidenza la presenza di lesioni altrimenti difficili da distinguere), che può guidare la biopsia su zone non altrimenti visibili.
Gli adenomi nel colon-retto vengono invece di solito diagnosticati attraverso una colonscopia, eseguita come approfondimento se viene rilevato sangue occulto nelle feci, e alla quale può essere associata la biopsia. In alcune Regioni italiane, nell’ambito dello screening per la diagnosi precoce, è offerta una volta nella vita la rettosigmoidoscopia, con cui si indagano gli ultimi 50-60 centimetri d’intestino (la zona in cui si sviluppa la maggior parte dei polipi). In altre regioni è invece offerto l’esame del sangue occulto nelle feci, a cui far seguire in caso di esito positivo la colonscopia.
Se gli esami rilevano la presenza di una lesione precancerosa, è possibile poi intervenire chirurgicamente eliminando la porzione di stomaco interessata dalla displasia, o i polipi presenti nello stomaco o nell’intestino. Questi ultimi possono essere eliminati anche direttamente durante la colonscopia. Sono inoltre in genere consigliati esami di follow-up periodico, per verificare che non si sviluppino ulteriori adenomi nei casi in cui ne siano già stati asportati uno o più.
La non specificità dei sintomi e la mancanza di un test di screening per le lesioni precancerose dell’adenocarcinoma gastrico fanno sì che spesso la diagnosi di tumore allo stomaco avvenga quando il cancro si è già sviluppato. L’introduzione dell’endoscopia a immagine potenziata (“image enhanced endoscopy”) ha permesso però di facilitare il rilevamento delle lesioni, perché aumenta il contrasto dell’immagine e permette di differenziare meglio i vasi sanguigni dalla mucosa dello stomaco e dell’intestino. In questo modo, la valutazione delle lesioni e la diagnosi risultano più semplici e precise, e in alcuni casi anche meno fastidiose per chi si deve sottoporre al test.
Inoltre, in molti studi si sta cercando di identificare dei biomarcatori delle lesioni precancerose, cioè molecole o mutazioni del materiale genetico specifiche per queste cellule, che permettano quindi di caratterizzarle e rilevarle. Le lesioni potrebbero così essere scoperte con maggiore precisione già a partire da un campione di sangue o di feci, quindi con un esame non invasivo.
Alcuni biomarcatori sono già considerati validi dalla letteratura scientifica, e molti altri sono in fase di studio e approfondimento. Sarà però necessario mettere a punto tecniche più affidabili, rapide ed economiche per riconoscerli.
Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.
Anna Romano