Ultimo aggiornamento: 15 luglio 2025
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Le abitudini alimentari sono tra i maggiori determinanti della salute e in gran parte dei Paesi nel mondo parte della popolazione soffre di uno o più problemi legati alla malnutrizione: per difetto (per carenza acuta o cronica di micronutrienti) o per eccesso (energetico, di zuccheri e grassi e per carenza di micronutrienti importanti).
In Italia la diffusione di abitudini alimentari non salutari ha provocato un aumento dei tassi di sovrappeso per quasi il 60% della popolazione, un terzo della quale soffre di obesità. A questi problemi sono associate malattie come le patologie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e alcune forme di cancro. A rendere meno virtuose le nostre scelte a tavola sono in parte alcuni grandi cambiamenti sociali ed economici, come le tendenze alla globalizzazione e all’urbanizzazione, su cui è difficile intervenire. Altri hanno invece a che fare con la perdita della cultura e tradizione alimentare, o l’orientamento verso prodotti a basso valore nutrizionale: tendenze su cui è possibile intervenire individualmente per contrastarle. A peggiorare la situazione c’è poi la sedentarietà, che cresce progressivamente con l’età e finisce per riguardare oltre 1 adulto su 3. Secondo l’Atlante delle malattie cardiache e dell’ictus cerebrale, recentemente pubblicato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), la combinazione di alimentazione poco salutare e sedentarietà è la seconda causa maggiormente responsabile dei 17 milioni di morti per malattie cardiovascolari e cerebrali, preceduta soltanto dall’abitudine al fumo. Ma non solo. Queste due componenti hanno un impatto significativo anche in ambito oncologico. Non a caso in tutte le raccomandazioni internazionali, tra cui quelle italiane, è sempre sottolineata l’importanza di seguire una dieta varia ed equilibrata e di fare attività fisica per ridurre il rischio di ammalarsi di diverse forme di cancro.
Le regole da seguire per mantenersi in salute, in fondo, sono semplici e accessibili. Nessun alimento dovrebbe essere escluso da una dieta equilibrata, a meno che non si soffra di allergie o intolleranze alimentari. La dieta mediterranea, considerata il tipo di alimentazione più indicato per ridurre l’impatto delle malattie croniche e favorire di conseguenza un aumento della longevità, prevede il consumo di tutti gli alimenti in quantità controllate, anche nel corso dell’età adulta.
Poiché non esiste alcun alimento che racchiuda in sé le adeguate quantità dei diversi nutrienti, l’unico modo per garantire all’organismo un appropriato apporto nutrizionale è seguire un’alimentazione più varia ed equilibrata possibile.
In questa fase della vita, una delle condizioni essenziali per godere di un buono stato di salute è mantenere un peso corporeo ottimale, anche se ciò non è sempre facile da realizzare. La mancanza di tempo da dedicare all’attività fisica e all’acquisto e preparazione degli alimenti, sono ulteriori fattori che stanno condizionando negativamente le scelte alimentari e la distribuzione dei pasti durante la giornata. L’esposizione continua a un’offerta di cibo ad alta densità energetica e gradevolezza, peraltro in grandi porzioni e quantità, non favorisce la moderazione. Orari lavorativi troppo lunghi e poco tempo libero, inoltre, condizionano anche il livello di stress e la qualità e quantità del sonno. Ciò si riflette in un’alterazione della regolazione dell’appetito tramite l’aumento del senso di fame, regolato da ormoni quali il cortisolo e la grelina, e la diminuzione della sazietà, tramite la leptina, una sostanza coinvolta anche nell’allattamento al seno. Un’altra conseguenza può essere l’abitudine a saltare la prima colazione e a consumare cene molto abbondanti.
Lo squilibrio tra apporto e dispendio energetico che porta un individuo a ingrassare dipende dunque dalla qualità della dieta, da abitudini alimentari non salutari e a volte anche da scarsa attività fisica. Un contributo significativo all’aumento del peso dei cittadini europei lo stanno dando i consumi crescenti di alimenti ultraprocessati, ricchi di zuccheri, grassi saturi e poveri di micronutrienti essenziali. A ciò occorre aggiungere l’aumento delle porzioni e il consumo fuori pasto di cibi altamente energetici e bevande zuccherate. Questi 3 aspetti – spesso combinati, in consumatori alle prese con il sovrappeso e l’obesità – determinano uno squilibrio della dieta verso un elevato introito energetico. Le persone sono inconsapevolmente portate all’iperconsumo passivo e non si rendono conto di mangiare spesso prodotti ad alta densità energetica.
Per riuscire a impostare in modo sano le proprie abitudini alimentari, è importante avere ben chiaro quali funzioni svolgono gli alimenti nel nostro corpo. E soprattutto di quanta energia esso ha bisogno per svolgere le proprie funzioni di base, attraverso il metabolismo basale. Secondo la Società italiana di nutrizione umana (SINU), che si occupa di elaborare i Livelli essenziali di assunzione dei nutrienti e dell’energia (LARN), un uomo adulto (30-59 anni) alto 170 centimetri ha bisogno di circa 2.300-2.600 kcal al giorno. A fronte di un notevole dispendio energetico legato a professioni poco sedentarie o all’attività sportiva, può raggiungere punte anche di 3.400 kcal. Per le donne, invece, in linea di massima ne bastano tra 1.900 e 2.100, con un valore massimo che può arrivare a 2.860 kcal. Queste sono naturalmente indicazioni generali, poiché il fabbisogno energetico è molto diverso a livello individuale e occorre tenere conto dell’età, del sesso, della costituzione (peso e altezza) e, come detto, del grado di attività fisica svolta.
Per tenere conto dell’apporto energetico proveniente dalla dieta, è bene essere adeguatamente informati. Se si seguono con regolarità e costanza le raccomandazioni per una sana alimentazione, il corpo si regola da sé, senza bisogno di calcolare con minuziosità calorie e nutrienti. Il nostro organismo, infatti, è abituato ad accumulare gli eccessi che provengono dalla dieta e a demolirli poi, quando la dieta stessa invece scarseggia.
Può aiutare partire dalla suddivisione dei macronutrienti a tavola. È importante sapere che le calorie sulla tavola di un adulto dovrebbero essere distribuite grosso modo così: carboidrati (55-60%), grassi (20-30%) e proteine (15-20%). Nel considerare queste percentuali bisogna tenere conto che non si riferiscono al peso degli alimenti, ma all’energia fornita. Per esempio, 20 g di grassi o olio forniscono 180 kcal, mentre 20 g di carboidrati ne forniscono 80. È quindi evidente che per raggiungere tali percentuali dovremmo mangiare molti cereali (preferibilmente integrali) e pochi grassi.
Inoltre, è sempre consigliato il consumo di 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, possibilmente di stagione e locali.
Gli studi epidemiologici e la ricerca sui meccanismi molecolari hanno permesso di conoscere un po’ meglio le caratteristiche degli alimenti e i loro molteplici effetti sull’organismo. Ciò nonostante non è sempre semplice seguire i consigli degli esperti nella vita di tutti i giorni. Viene da chiedersi per esempio come sia possibile conoscere la composizione degli alimenti che mettiamo nel piatto. Il primo passo è senza dubbio leggere sempre con grande attenzione le etichette, che ci permettono di capire cosa realmente stiamo mangiando. In linea generale, per costruire un menù salutare bisogna avere ben chiara la suddivisione dei gruppi alimentari e la conoscenza della composizione degli alimenti. Qui di seguito alcuni consigli su cosa portare in tavola.
Le porzioni di frutta (circa 150 g l'una) e verdura (circa 200 g da cuocere o 80 g cruda) devono essere, rispettivamente, 2 e 3 al giorno, senza particolari indicazioni circa la loro distribuzione nell’arco della giornata. Occorre soltanto ricordare che alcuni contorni non devono essere considerati una verdura, come nel caso delle patate o della zucca, che per il contenuto di zuccheri sono sostanzialmente carboidrati semplici, e dei piselli, ceci e altri legumi, che sono alimenti prevalentemente proteici.
La raccomandazione principale è di alternare proteine animali e vegetali, preferendo quando possibile quest’ultime. Le più recenti evidenze scientifiche mostrano che sarebbe anche meglio limitare le carni rosse (manzo, maiale, vitello, cavallo, agnello) e consumare carni conservate (salumi, salsicce, wurstel eccetera) soltanto in maniera occasionale (massimo 50 g a settimana). Via libera invece al pesce, in particolare quello azzurro e di piccola taglia, e ai legumi. Una porzione di legumi corrisponde a circa 30 g di legumi secchi, che diventano 80-120 se i legumi sono freschi. Una porzione piccola di pesce equivale a 100 g di prodotto a cui sono state tolte la pelle e le spine.
I cereali sono la base della nostra alimentazione. Il loro consumo è consigliato quotidianamente. Nella loro versione integrale sono ricchi in fibre alimentari, che fanno bene a livello intestinale e ritardano l’arrivo degli zuccheri nel sangue. Una porzione media di pane integrale corrisponde a circa 50 g, mentre una porzione di pasta o riso o altro cereale in chicco integrale corrisponde a circa 80 g.
Tutti gli zuccheri semplici andrebbero fortemente ridotti: quelli contenuti nella frutta sono sufficienti a soddisfare il nostro fabbisogno. Non solo è necessario prestare attenzione al classico zucchero bianco, ma anche allo zucchero di canna, al fruttosio, al miele, ai vari sciroppi e dolcificanti artificiali che in molti consumano quotidianamente. Tutti questi alimenti vanno infatti a incidere sul nostro peso e sullo sviluppo di alcune malattie (dal diabete di tipo 2 ad alcune forme di cancro). Per dolcificare bevande e dolci sarebbe meglio ricorrere ad alternative più naturali, come il succo di mela o la frutta essiccata. Mentre il caffè e le tisane è preferibile che siano gustate al naturale.
Nell’ambito delle raccomandazioni da seguire a tavola, particolare attenzione va posta al consumo di bevande alcoliche. Dopo il tabacco e l’ipertensione, l’alcol è infatti considerato il terzo fattore di rischio per i decessi e le invalidità in Europa e il principale per la salute dei giovani, in quanto aumenta le probabilità di incidenti stradali. I rischi più noti per la salute attribuibili all’etanolo, la principale sostanza attiva delle bevande alcoliche, riguardano le conseguenze a carico del sistema nervoso centrale e del fegato (cirrosi epatica).
Inoltre, secondo la classificazione dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), l’alcol è un agente cancerogeno di tipo 1. Ciò significa che esistono sufficienti prove scientifiche della sua capacità di causare tumori. Numerose ricerche hanno mostrato che il consumo di bevande alcoliche aumenta il rischio di insorgenza delle neoplasie del cavo orale, della faringe e della laringe, dell’esofago, dello stomaco, del colon-retto, del fegato, del pancreas e del seno. Anche se il ruolo dell’alcol nel provocare diversi tipi di cancro è certo, secondo i dati della IARC, i meccanismi d’azione non sono ancora del tutto chiari. L’etanolo e il suo metabolita acetaldeide verosimilmente alterano il meccanismo di riproduzione di una cellula e inducono stress ossidativo, aumentando il rischio oncologico. Le bevande alcoliche possono portare anche a sovrappeso e obesità, noti fattori di rischio per l’insorgenza di diversi tumori. Inoltre, l’etanolo può potenziare l’azione degli estrogeni, considerati il carburante per la crescita della maggior parte dei tumori della mammella, e danneggiare le cellule della mucosa orale, favorendo l’assorbimento di altri cancerogeni ambientali.
In Italia sono oltre 8 milioni i consumatori di alcolici considerati a rischio e secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità (ISS), il 29% circa dei decessi per cancro è attribuibile all’alcol. Eppure la consapevolezza circa il rischio oncologico che accompagna il consumo di alcolici è ancora molto basso in Europa: poco più di persona su 2 sembra esserne informata, come è documentato in un’indagine pubblicata sulla rivista Bmc Research Notes. A preoccupare, negli ultimi anni, è l’incremento di diagnosi di tumore del colon-retto in persone con meno di 50 anni. Tra le possibili cause ci sarebbe l’aumento del consumo di bevande alcoliche. In un messaggio rilanciato all’inizio del 2025 anche dal Surgeon General statunitense, è stato proposto l’inserimento di un’avvertenza sanitaria sulle bevande alcoliche.
Indipendentemente dall’età e dal fabbisogno energetico quotidiano, il tipo di alimentazione più rispondente alle esigenze del corpo umano risponde a questo semplice suggerimento: mangiare poco e spesso. Eccetto che per il periodo di sonno notturno, l’organismo non dovrebbe essere lasciato senza cibo per più di 3-4 ore e l’ideale sarebbe frazionare i pasti almeno in cinque momenti: prima colazione, spuntino di metà mattina, pranzo, merenda pomeridiana e cena.
La colazione ha un ruolo essenziale e dovrebbe includere il 15-20% delle chilocalorie giornaliere. Dopo un digiuno notturno di 9-10 ore, l’organismo ha bisogno di fare rifornimento per affrontare le fatiche della giornata che lo attende. Non basta un po’ di latte: la prima colazione deve essere un vero e proprio pasto leggero, capace di fornire non solo energia, ma anche nutrienti utili come proteine e sali minerali.
Una perfetta prima colazione dovrebbe comprendere sempre:
Una persona che consuma una buona colazione non avrà molta fame a metà mattina e consumerà di gusto il pasto di metà giornata. Lo spuntino più indicato deve essere ricco di zuccheri semplici di velocissima assimilazione e relativamente povero di proteine e grassi, più difficili da digerire. Una porzione di frutta fresca oppure uno snack come un pacchetto di cracker non salati e un succo di frutta bastano a dare la necessaria energia per non arrivare all’appuntamento con il pranzo troppo affamati. Il pranzo è il pasto più importante della giornata, perché dovrebbe includere il 35-40% delle chilocalorie giornaliere. La sua funzione non è soltanto di reintegrare le energie spese, ma soprattutto di rifornire l’organismo di una serie di nutrienti indispensabili per la salute. Tra questi, vitamine, sali, fibra, grassi, proteine e carboidrati dovrebbero essere il costituente principale del menu. Non è necessario che il pranzo abbia sempre, secondo tradizione, primo, secondo, contorno e frutta. Meglio puntare su un minor numero di portate, preferendo quei piatti che, pur essendo ricchi di amido, apportano anche una buona quota di proteine e grassi preferibilmente vegetali. Un piatto unico, come per esempio una porzione di pasta con il ragù o di riso con verdura o legumi, può essere sufficiente se accompagnato da una porzione di verdura fresca e un frutto. Come lo spuntino di mezza mattina, la merenda pomeridiana può prevedere una piccola razione di recupero per reintegrare l’energia consumata. Niente esagerazioni, quindi, ma una adeguata dose di carboidrati, senza dimenticare l’opportunità di consumare anche dei liquidi per mantenere un buon equilibrio idrico. Via libera dunque a spremute e centrifugati di frutta fresca e di stagione, yogurt o piccoli snack. In quest’ultimo caso, se si opta per un prodotto confezionato occorre sempre controllare l’etichetta, per evitare un apporto eccessivo di sale o di zuccheri aggiunti e grassi idrogenati. La cena, infine, dovrebbe essere un po’ più leggera del pranzo di mezzogiorno (30-35% delle kcal giornaliere), pur essendo completa e sostanziosa in vista del digiuno notturno.
Mangiare è uno dei bisogni primari di tutti gli esseri viventi, ma per un uomo e una donna adulti il cibo rappresenta molto più che uno strumento per soddisfare un bisogno fisiologico dell’organismo e sono molte le implicazioni psicologiche che si nascondono dietro a ogni pasto. Ogni pasto, a partire dai 3 principali, è un momento sociale molto importante per gli esseri umani, che spesso amano mangiare in compagnia.
A volte il cibo diventa una valvola di sfogo e un appiglio al quale aggrapparsi per combattere lo stress, l’ansia o la depressione. Succede allora che si mangi troppo o male, privilegiando alimenti grassi o dolci, spesso molto calorici, che soddisfano anche dal punto di vista chimico il bisogno di riempire un “vuoto”. Altre volte può invece capitare che si mangi in modo irregolare, ingerendo tutto quello che capita e cedendo anche a vere e proprie abbuffate (il cosiddetto binge eating), molto dannose a lungo andare per la salute e il mantenimento di un peso nella norma.
Meglio allora, in caso di tristezza o stress eccessivo, provare a puntare l’attenzione su qualcosa di diverso dal cibo. Nel caso poi ci si accorga che il cibo è diventato un rifugio psicologico, è opportuno chiedere consiglio a un medico o a uno psicologo.
Oltre a quello che mangiamo, è fondamentale mantenere sempre in moto l’organismo. L’abitudine a praticare attività fisica, assieme alla sua frequenza e intensità, concorre a ridurre o a far crescere il nostro fabbisogno energetico.
Con l’avanzare dell’età aumenta il grasso corporeo, in particolare quello viscerale, diminuisce l’acqua nei tessuti, si riducono la densità ossea e la massa muscolare, provocando un calo del metabolismo di base. Questo spiega l’importanza dell’attività fisica per la riduzione e il controllo del peso corporeo, raccomandata ormai a tutte le persone in buona salute (indipendentemente dall’età). Per preservare il benessere psicofisico, l’OMS raccomanda di svolgere almeno 150 minuti di attività fisica moderata alla settimana. È stato calcolato, infatti, che 30 minuti al giorno sono sufficienti a prevenire l’aumento di peso in una persona che segue una dieta varia ed equilibrata. L’impegno deve invece crescere (60-90 minuti al giorno) se la persona deve dimagrire o comunque mantenere il peso raggiunto in seguito a una dieta (la raccomandazione è tanto più significativa quanto maggiore è stato il dimagrimento).
Fabio Di Todaro