I cibi ultraprocessati finiscono (ancora) “sotto processo”

Ultimo aggiornamento: 20 ottobre 2022

I cibi ultraprocessati finiscono (ancora) “sotto processo”

Nuovi dati confermano i rischi per la salute legati al consumo di alimenti troppo lavorati e ricordano l’importanza di una alimentazione varia ed equilibrata.

Sono saporiti e piacevoli al palato, veloci da preparare e si conservano a lungo. Senza dubbio sono molti gli aspetti positivi dei cosiddetti “cibi ultraprocessati”, ossia alimenti confezionati e pronti per essere riscaldati o consumati direttamente, frutto di ripetute lavorazioni industriali. Tuttavia assumerne troppi può creare problemi per la salute e aumentare il rischio di tumore del colon anche del 30 per cento circa.

L’associazione tra il consumo di cibi ultraprocessati e l’aumento di rischio di tumore del colon è stata descritta in un articolo pubblicato nell’agosto 2022 sulla rivista British Medical Journal.

“Una dieta non equilibrata è un importante fattore di rischio per il cancro del colon-retto” spiegano gli autori dell’articolo, che hanno coinvolto nella loro ricerca poco meno di 300.000 persone negli Stati Uniti, già arruolate in tre diversi studi di popolazione e seguite per almeno due decenni.

Nella ricerca gli esperti si sono concentrati in particolare sui cibi pronti da mangiare o da scaldare. “Il consumo di questo tipo di alimenti è in continuo aumento negli Stati Uniti, dove mediamente il 57 per cento circa delle calorie consumate dagli adulti deriva da questo tipo di prodotti” continuano gli autori.

Anche in Italia si punta sul cibo pronto

L’Italia potrebbe sembrare più al riparo da questo tipo di rischio per via di abitudini alimentari più salutari, ma non è così. In uno studio condotto in Molise dal gruppo diretto da Licia Iacoviello presso il Dipartimento di epidemiologia e prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli (IS), i ricercatori sono giunti a conclusioni analoghe, dopo avere seguito per 12 anni oltre 22.000 persone che hanno partecipato al Progetto epidemiologico prospettico Moli-sani.

I risultati, pubblicati sul British Medical Journal, hanno mostrato che le abitudini alimentari dei partecipanti sono associate al rischio di mortalità. Nello studio i ricercatori hanno preso in considerazione sia gli aspetti nutrizionali sia quelli legati al grado di trasformazione dei cibi.

“I nostri risultati” spiega Marialaura Bonaccio, prima autrice dell’articolo “confermano che il consumo di alimenti di scarsa qualità nutrizionale o di cibi ultraprocessati aumenta in modo rilevante il rischio di mortalità, in particolare per le malattie cardiovascolari ma anche per i tumori. Quando abbiamo tenuto conto allo stesso tempo sia del contenuto nutrizionale della dieta sia del grado di lavorazione industriale dei suoi componenti, abbiamo scoperto che quest’ultimo aspetto è quello più importante per il rischio di mortalità. Oltre l’80 per cento degli alimenti classificati come non salutari dal cosiddetto Nutri-Score è anche ultraprocessato (Nutri-Score è un’etichetta nutrizionale promossa dall’Unione europea che si trova su molte confezioni e che non è ancora obbligatoria in Italia). I risultati ottenuti suggeriscono dunque che il rischio di mortalità aumenti non solo per la bassa qualità nutrizionale di alcuni prodotti, ma anche per la loro eccessiva elaborazione”.

Che cosa è precisamente un alimento ultraprocessato?

Come spiegano gli esperti della Harvard Medical School, il cibo è considerato non processato o minimamente processato quando si presenta integro, così come è presente in natura o con solo pochi cambiamenti rispetto al suo stato originario, con piccole modifiche magari effettuate per renderlo adatto al consumo umano. Carote, mele, pollo crudo sono solo alcuni esempi.

Un certo grado di lavorazione degli alimenti è piuttosto comune e consiste, per esempio, nella cottura e nell’aggiungere sale o olio. Se ciò avviene industrialmente, come per esempio con i legumi in scatola, i cibi sono detti processati.

I cibi ultraprocessati sono chiamati in questo modo perché contengono numerosi ingredienti aggiunti (per esempio sale, zucchero, coloranti, additivi) e inoltre perché spesso sono prodotti dall’elaborazione di sostanze (grassi, amidi eccetera) estratte da alimenti più semplici. Rientrano nella categoria dei cibi ultraprocessati molti piatti pronti e surgelati, le bevande zuccherate, i prodotti in vendita nei “fast-food” e molti snack confezionati (dolci o salati). In alcuni casi sono ultraprocessati anche alimenti erroneamente considerati salutari, come i cereali per la colazione, gli yogurt dolci alla frutta o i cracker.

“Questi alimenti sono in genere ricchi di zuccheri aggiunti, grassi e amido raffinato che alterano la composizione del microbiota intestinale, ovvero i microrganismi che colonizzano il nostro intestino, contribuendo tra l’altro all’aumento di peso e all’obesità” scrivono i ricercatori, autori del primo articolo, che hanno condotto la ricerca negli Stati Uniti.

Riconoscere tali alimenti non è sempre facile, ma leggere l’etichetta riportata sulla confezione può essere di grande aiuto: se un cibo non è stato processato, l’unico ingrediente è in genere l’alimento stesso (per esempio: carota o mela). Se invece la lista degli ingredienti si allunga, aumenta anche la probabilità che tale alimento sia stato lavorato o ultralavorato.

Generalizzare è un errore

Secondo medici e ricercatori, è opportuno evitare, o comunque limitare notevolmente, il consumo di alimenti ultraprocessati. Attenzione, però: non tutti i cibi lavorati hanno lo stesso impatto sulla salute e non tutte le persone reagiscono allo stesso modo al consumo di tali alimenti.

Nello studio statunitense, per esempio, erano gli uomini con il più alto livello di consumo di cibi ultraprocessati ad avere un rischio più alto di sviluppare un tumore del colon rispetto a quelli con il consumo più basso, registrato grazie a questionari alimentari.

Nelle donne questa associazione generale non è stata osservata. Anzi, nella popolazione femminile il consumo di alcuni cibi ultraprocessati, come lo yogurt, sembra avere un effetto protettivo contro il cancro del colon.

L’aumento del rischio varia inoltre a seconda dei diversi tipi di alimenti ultraprocessati consumati. Raggiunge il valore massimo (44 per cento circa) in associazione con quelli a base di carne, pollo e pesce.

Nello studio statunitense i ricercatori hanno rilevato, infine, che l’aumento del rischio di ammalarsi di tumore del colon legato al consumo di cibi ultraprocessati riguarda in particolare uno specifico tipo di cancro che si sviluppa nella regione distale dell’organo.

Lo studio italiano, essendosi concentrato sul rischio di mortalità in generale, non è entrato nel merito dei sottogruppi di rischio e del tipo specifico di malattia.

C’è tanto da scoprire

Quali meccanismi biologici sono alla base degli effetti sulla salute dei fenomeni osservati? Una delle principali responsabilità di questi alimenti è di essere poveri dal punto di vista nutrizionale e molto ricchi dal punto di vista energetico. In genere contengono infatti grandi quantità di grassi e di zuccheri, mentre sono privi di alcune sostanze fondamentali per il benessere dell’organismo, quali fibre o vitamine.

Il basso valore nutrizionale di questi alimenti non basta però a giustificare tutti i loro effetti negativi, come dimostra lo studio italiano. Oltre ad avere un profilo nutrizionale spesso non ottimale, i cibi ultraprocessati contengono additivi, emulsionanti, zuccheri artificiali e altre sostanze dall’elevato potere infiammatorio.

Inoltre, nei processi di lavorazione o riscaldamento si possono generare sostanze potenzialmente cancerogene, come nitrosamine o acrilamide.

I potenziali meccanismi alla base del rischio associato al consumo di cibi ultraprocessati sono dunque numerosi, e ancora in gran parte da scoprire. Tuttavia le osservazioni epidemiologiche oggi disponibili bastano a confermare che questi alimenti rappresentano una minaccia per la salute quando diventano la colonna portante dell’alimentazione quotidiana.

  • Agenzia Zoe

    Agenzia di informazione medica e scientifica