Ultimo aggiornamento: 21 ottobre 2025
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Una malattia rara presente soprattutto in alcune zone del mondo, caratterizzata da una particolare forma di nanismo, sembra proteggere da tumori e diabete.
Studiare patologie legate ad alterazioni genetiche può talvolta portare a inaspettate informazioni utili per altre malattie. È questo, per esempio, il caso della sindrome di Laron, una malattia poco conosciuta al pubblico, ma ben nota agli scienziati che se ne occupano.
La sindrome di Laron è una malattia genetica molto rara, i cui effetti danno origine a una specifica forma di nanismo. La condizione prende il nome dall’endocrinologo israeliano Zvi Laron, che l’ha descritta per la prima volta nel 1966, ed è nota anche come “sindrome da insensibilità all’ormone della crescita”.
Con un’incidenza a livello globale stimata tra 1 a 9 casi ogni milione di abitanti, la sindrome è più diffusa presso alcune popolazioni del Medio Oriente e nel sud dell’Ecuador, Paese in cui vive la comunità più numerosa. I casi noti alla medicina sono attualmente poche centinaia. Lo studio di questa condizione suscita grande interesse presso la comunità medico-scientifica, sia per la possibilità di comprendere meglio i meccanismi che governano l’accrescimento del corpo, sia per alcune caratteristiche a essa legate, che permettono di aprire a importanti progressi in ambito medico.
L’ormone della crescita, anche detto ormone somatotropo o somatropina, è una molecola prodotta dall’ipofisi (una piccola ghiandola endocrina posta alla base del cervello) che stimola l’accrescimento dell’organismo. Nella sindrome di Laron, il gene che codifica per il recettore di questo ormone è mutato, per cui il corpo non è in grado di rispondere alla presenza di tale ormone, anche se è prodotto in quantità normali o persino elevate. La conseguenza è che i pazienti con sindrome di Laron hanno livelli molto bassi di IGF-1, un ormone fondamentale per lo sviluppo di ossa, cartilagini, tessuti molli. È questa alterazione a determinare la bassa statura e le altre caratteristiche tipiche della sindrome.
La mutazione con cui la malattia è trasmessa è recessiva. Ciò significa che la patologia si manifesta solo se nell’individuo sono presenti due copie del gene alterato, ciascuna proveniente da uno dei genitori biologici. Se ne risulta presente solo una, il soggetto sarà portatore sano, quindi non presenterà i segni e i sintomi della sindrome, ma potrà trasmettere il gene mutato ai figli.
Le persone affette dalla sindrome di Laron hanno una statura nettamente inferiore alla media. Inoltre, il viso ha delle peculiarità: per via dello sviluppo ridotto (in gergo ipoplasia), anche le ossa facciali e dunque il volto rimangono piccoli, con la mandibola poco sviluppata, la fronte prominente e il naso dall’attaccatura piuttosto profonda e un aspetto a sella. Inoltre, ci sono alterazioni morfologiche nella lunghezza degli arti e ridotte dimensioni dei genitali maschili.
Spesso chi ha la sindrome di Laron presenta un’obesità precoce, una ridotta massa muscolare, una pubertà ritardata e, talvolta, una colorazione bluastra della sclera degli occhi. La sindrome non compromette invece le capacità cognitive, e i pazienti spesso riescono a condurre una vita relazionale e sociale simile a quella della popolazione generale. Possono però incontrare difficoltà per pregiudizi e stigma. La malattia va seguita clinicamente e per questo i pazienti hanno bisogno di sottoporsi a controlli regolari.
Per diagnosticare la sindrome ci si basa sull’osservazione delle caratteristiche fisiche, su analisi ormonali e su test genetici. Il trattamento attualmente disponibile è basato sulla somministrazione di IGF-1 ricombinante, una molecola prodotta in laboratorio, che può migliorare la crescita e alcuni parametri metabolici. La terapia non è però sempre facilmente accessibile, soprattutto in alcune zone del mondo, per via dei costi elevati e della scarsa disponibilità del farmaco. Si tratta di un importante problema etico e sociale che riguarda anche molte altre patologie.
Tra gli elementi che hanno attirato l’attenzione della scienza su questa sindrome ve n’è uno che talvolta viene considerato un paradosso biologico. In seguito a studi epidemiologici, condotti soprattutto sulle comunità ecuadoriane (in cui la malattia è più presente), si è potuto osservare che le persone affette dalla sindrome sviluppano raramente diabete di tipo 2 e tumori maligni. Ciò accade anche quando queste patologie sono comuni tra i familiari dei pazienti non colpiti dalla sindrome. Si è ipotizzato che la protezione sia legata proprio alla carenza di IGF-1. Infatti, il fattore IGF-1 stimola la proliferazione delle cellule, e ciò può aumentare il rischio di sviluppare il cancro se vengono a mancare meccanismi di controllo che evitano che le cellule si riproducano in modo incontrollato. Una minore proliferazione cellulare, limitando il numero di divisioni cellulari nel corso della vita, riduce le possibilità che durante tali divisioni avvengano errori che possono dare origine a tumori. Di conseguenza, l’assenza di IGF-1 riduce indirettamente la probabilità di sviluppare il cancro. Inoltre, la carenza di IGF-1 migliora la sensibilità insulinica, per cui riduce il rischio di diabete, anche in presenza di molto grasso corporeo. I risultati di altri studi hanno evidenziato anche la riduzione del rischio di patologie cardiovascolari.
La scoperta di questo fattore di protezione ha naturalmente destato grande interesse. Conoscere i meccanismi biologici sottostanti alla protezione contro il cancro può infatti aprire la strada a ricerche su nuovi farmaci che siano in grado di riprodurre questi effetti protettivi anche in persone non affette dalla sindrome.
Questo ci ricorda che l’approfondimento dei meccanismi biologici e delle caratteristiche di tutte le condizioni mediche è importantissimo anche in presenza di malattie molto rare. La ricerca sulle malattie rare, oltre che per chi ha tali malattie, può infatti portare a importanti progressi nelle conoscenze su altre patologie più comuni nella popolazione generale. Inoltre, mantenendo alta l’attenzione della ricerca su questa malattia, è possibile che si arrivi a sviluppare metodi di diagnosi e cura più accessibili anche per i pazienti che abitano in zone svantaggiate del mondo, dove il diritto alla salute si scontra con i problemi dettati dalla grande povertà.
La sindrome di Laron è una forma di insensibilità all’ormone della crescita (GH) dovuta a mutazioni del recettore del GH (GHR): il GH è presente (spesso normale/alto) ma non “funziona” perché il recettore non traduce il segnale. Nel deficit di GH, invece, l’ormone della crescita manca o è insufficiente.
Il gene maggiormente coinvolto nella sindrome di Laron è GHR. La trasmissione è autosomica recessiva: la malattia si manifesta quando l’individuo eredita due copie mutate (una da ciascun genitore). I portatori sani (una sola copia mutata) non hanno manifestazioni cliniche ma possono trasmettere la variante ai figli.
Bassa statura marcata; tratti cranio-facciali peculiari (fronte prominente, ponte nasale depresso/aspetto “a sella”, mandibola iposviluppata), arti proporzionalmente accorciati, ipogenitalismo maschile, ridotta massa muscolare, pubertà ritardata, talvolta sclere lievemente bluastre e tendenza all’obesità precoce. Le capacità cognitive sono in genere nella norma.
La diagnosi del nanismo di Laron si formula attraverso diverse analisi:
Gli studi su coorti (in particolare in alcune comunità dell’Ecuador e del Medio Oriente) mostrano una marcata riduzione dell’incidenza di tumori maligni e diabete tipo 2 nei soggetti con Laron rispetto ai familiari non affetti. L’ipotesi più accreditata è la bassa attività IGF-1, che riduce la proliferazione cellulare e migliora la sensibilità insulinica.
Con presa in carico multidisciplinare e accesso alle cure, l’aspettativa di vita può essere vicina alla popolazione generale. Restano importanti la gestione del peso, della forza muscolare e la prevenzione di complicanze respiratorie o metaboliche.
La pubertà può essere ritardata, ma fertilità e gravidanza sono possibili sotto il controllo di specialisti.
È una malattia molto rara a livello globale, con maggiori concentrazioni in alcune popolazioni del Medio Oriente e nella parte meridionale dell’Ecuador. I casi documentati nel mondo sono poche centinaia.
Anna Rita Longo