Lo sai che… ci sono milioni di persone guarite dal cancro nel mondo?

In Italia, circa 6 pazienti su 10 sono vivi dopo cinque anni da una diagnosi di cancro (il 59,4 per cento degli uomini e il 65 per cento delle donne).

Ultimo aggiornamento: 4 luglio 2022

Tempo di lettura: 5 minuti

In questo articolo risponderemo alle domande:

  1. Chi e quanti sono i “sopravvissuti” al cancro?
  2. Quali sono i problemi da affrontare dopo la diagnosi?
  3. Come migliorare la qualità di vita?
  4. Che differenza c’è tra “sopravvissuti” e “guariti”?

In Italia, circa 6 pazienti su 10 sono vivi dopo cinque anni da una diagnosi di cancro (il 59,4 per cento degli uomini e il 65 per cento delle donne). Si tratta di valori medi per tutti i tipi di cancro. Per alcuni sono più bassi, ma per altri possono essere anche molto più alti. Per esempio, per i tumori della tiroide nelle donne si arriva al 96,2 per cento di sopravvivenza a cinque anni e per quelli del testicolo, al 93,2 per cento. Sono quindi sempre più numerose le persone che riescono a superare la malattia o a convivere anche per molti anni con un tumore che è stato possibile assimilare a una malattia cronica.

Milioni di persone in tutto il mondo

Questi individui sono definiti dagli anglofoni “cancer survivor”, ovvero sopravvissuti al cancro, un termine che nella nostra lingua può suonare strano, ma andrebbe interpretato in modo positivo.

Le definizioni di “sopravvissuto al cancro” nel mondo variano. Per l’American Cancer Society “cancer survivor” si riferisce a chiunque abbia ricevuto una diagnosi di tumore, indipendentemente dalla fase della malattia. L’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM) riporta, invece, nelle Linee guida lungoviventi, pubblicate nel 2020, che “nella maggior parte dei Paesi europei vengono, oggi, considerati ‘sopravvissuti’ al cancro quei pazienti ancora in vita dopo 3 o 5 anni dalla diagnosi o dalla fine del trattamento e che si trovano in una condizione di remissione completa di malattia”.

L’uso del termine “sopravvissuto al cancro” è peraltro dibattuto. In alcuni Paesi si è proposto di sostituirlo con “persona che ha avuto il cancro”. In qualunque modo li si definisca, gli individui in vita dopo una diagnosi di tumore sono sempre più numerosi, e questa è una buona notizia. Solo nel nostro Paese, la stima riportata nell’ultimo rapporto AIRTUM/AIOM “I numeri del cancro in Italia” era di 3,6 milioni. Il numero verosimilmente crescerà sia per l’invecchiamento della popolazione, che determinerà un aumento dei casi di cancro, sia per lo sviluppo di metodi di diagnosi precoce e di trattamenti sempre più efficaci, che permetteranno un allungamento della sopravvivenza media dei pazienti oncologici.

Nuove esigenze fisiche e psicologiche

Ricevere una diagnosi di tumore cambia la vita. Ma dal momento che il tumore, in molti casi, non è più una malattia incurabile, è possibile pensare al cambiamento dovuto al cancro come “temporaneo”, o comunque come una modifica significativa della propria vita alla quale ci si può però adattare.

A causa dei trattamenti o della malattia è possibile che dal punto di vista fisico si vada incontro a problemi quali dolore e stanchezza, o che alcune attività diventino più complicate da svolgere. Magari si sopportano dolori importanti, si fatica a camminare, si è persa la mobilità di un arto o si hanno difficoltà nei rapporti sessuali, giusto per fare alcuni esempi.

La diagnosi di tumore può avere conseguenze importanti anche dal punto di vista emotivo e psicologico. La paura che la malattia ritorni accompagna spesso chi ormai ha terminato le terapie, così come il timore per la salute dei propri cari. Possono inoltre sorgere dubbi sul fatto che sia possibile o opportuno pensare a una gravidanza, in caso di malattia in giovane età.

In tutti questi casi, il passo più importante è cercare aiuto da parte di un professionista, che sia il proprio medico di base, l’oncologo o un altro terapista che conosca e sappia affrontare le tante sfaccettature del periodo che segue una diagnosi oncologica.

Cosa fare

Sono molte le associazioni e i centri di ricerca che mettono a disposizione informazioni su come vivere al meglio dopo la diagnosi. I Centers for Disease Control and Prevention statunitensi (CDCs) hanno creato per esempio alcune guide per aiutare i pazienti a gestire i diversi aspetti della salute fisica, emotiva e sessuale.

Tra i consigli validi per tutti i pazienti vi sono le raccomandazioni a seguire una dieta varia ed equilibrata, ricca di frutta e verdura. Inoltre tutti sono invitati a praticare attività fisica costantemente, in base alle proprie capacità e condizioni di salute, e a fare il possibile per garantirsi una buona qualità del sonno. Un ruolo centrale hanno anche i programmi di riabilitazione che coinvolgono molti altri aspetti della vita dei pazienti (o ex-pazienti) e delle loro famiglie.

I fisioterapisti possono aiutare a ridurre il dolore fisico e recuperare la mobilità, mentre i terapisti occupazionali forniscono consigli su come gestire alcune attività quotidiane, dal vestirsi e lavarsi, al lavoro e allo studio. Gli psicologi e altri terapisti sono importanti per gestire al meglio gli effetti collaterali delle terapie (per esempio i problemi cognitivi che si presentano dopo alcuni trattamenti), ma anche per aumentare il benessere e ridurre stress, ansia e depressione, magari – perché no? – attraverso piacevoli attività come l’arte, la musica o la danza.

Dal cancro si può guarire

Dei 3,6 milioni di persone che vivono in Italia dopo una diagnosi di tumore, circa 1 milione potrebbe essere considerata a tutti gli effetti “guarita”. Sono persone che hanno superato la malattia, che non stanno più seguendo alcun trattamento e che hanno un’aspettativa di vita pari a quella della popolazione generale che non ha mai ricevuto diagnosi di tumore.

Riconoscere a tali persone lo status di “guarito” è importante non solo per gli aspetti psicologici, ma porta con sé anche importanti ricadute pratiche.

Sentirsi guarito permette infatti di vivere la vita con maggiore serenità, ma anche di evitare una serie di ostacoli burocratici e discriminazioni che ancora oggi sono purtroppo comuni. Non è raro che chi ha ricevuto una diagnosi di tumore nel corso della propria vita si veda negato un mutuo o abbia difficoltà a stipulare una polizza assicurativa.

Sull’esempio di quanto già avvenuto in alcuni stati europei, in Italia hanno preso il via diverse iniziative per garantire ai guariti dal cancro il “diritto all’oblio”, ovvero la possibilità di lasciarsi alle spalle la malattia anche nelle pratiche amministrative e burocratiche della vita di tutti i giorni. In Francia è stabilito per legge che le persone con precedente diagnosi di tumore non sono tenute a informare agenzie di prestito o assicuratori su tale diagnosi una volta trascorsi dieci anni dal termine delle terapie (5 anni nel caso di tumori diagnosticati prima della maggiore età).

La campagna “Io non sono il mio tumore” condotta da Fondazione AIOM è stata pensata proprio per aumentare la consapevolezza su questo tema anche in Italia e per promuovere una legge sul diritto all’oblio.

  • Agenzia ZOE