Ultimo aggiornamento: 31 maggio 2023
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Il cancro non è generalmente una malattia ereditaria. Esistono però alcune varianti genetiche che possono predisporre a un maggiore rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore e che possono essere ereditate da uno o da entrambi i genitori. Un maggiore rischio non equivale alla certezza di avere la malattia nel corso della vita, ma ne aumenta la probabilità.
Il cancro non si può definire una malattia ereditaria come la fibrosi cistica, la distrofia muscolare, la talassemia o l’emofilia, in cui la mutazione in un gene, se trasmessa dai genitori ai figli, determina inevitabilmente la malattia o il fatto di esserne portatore sano.
Il cancro è però una malattia dei geni.
Nel corso della vita, le nostre cellule accumulano spontaneamente numerose mutazioni nei geni. La maggior parte può essere riparata o non causa problemi. Alcune però possono dare origine a un tumore. Il tumore ha infatti origine a partire da una cellula alterata, la cui crescita va fuori controllo e si moltiplica a dismisura. Normalmente in una cellula ci sono molti geni che ne controllano la crescita e ne garantiscono il funzionamento. Se tuttavia questi geni accumulano nel tempo mutazioni, questi meccanismi possono smettere di funzionare correttamente e la cellula può diventare tumorale.
Le mutazioni genetiche possono avere molteplici cause. Possono essere dovute a errori casuali durante la replicazione del DNA; a danni provocati dall’esposizione ad agenti chimici e fisici che si possono incontrare nell’ambiente, nel luogo di lavoro o per abitudini e comportamenti poco salutari; e a meccanismi di riparazione resi meno efficaci dall’invecchiamento. Quando non sono ereditate dai genitori e non possono essere trasmesse ai figli, perché non si trovano nella linea germinale, le mutazioni sono dette acquisite. Quando invece le mutazioni all’origine di un tumore sono già presenti al momento della nascita, e sono state trasmesse dalla cellula uovo o dallo spermatozoo, sono ereditate da uno o da entrambi i genitori. Sono anche dette costitutive, dato che nel bambino si trovano in tutte le cellule dell’organismo, originate dalla cellula uovo fecondata. La presenza di queste mutazioni non comporta inevitabilmente la comparsa di un tumore, ma ne aumenta il rischio relativo rispetto al rischio di base di chi non ne è portatore. Per questo, più che di ereditarietà del cancro, è più corretto parlare di predisposizione ereditaria allo sviluppo della malattia nel corso della vita.
Una cellula deve accumulare diverse mutazioni prima di diventare una cellula tumorale. Se una o più mutazioni sono già presenti alla nascita, basta un minor numero di danni successivi nel DNA per raggiungere la soglia critica necessaria a innescare il processo di formazione e sviluppo del cancro. Nelle famiglie in cui si ritrovano queste mutazioni costitutive, i tumori sono più frequenti e tendono a manifestarsi con malattie in genere di alcuni tipi specifici, nello stesso lato della famiglia e in età giovanile.
In molte famiglie si registrano più casi di cancro, ma questo di per sé non significa necessariamente che vi sia una predisposizione genetica allo sviluppo della malattia. Le malattie oncologiche sono infatti molto frequenti in tutta la popolazione, soprattutto dopo una certa età. Solo in Italia si diagnosticano circa mille casi di tumore al giorno. Le famiglie poi, oltre al patrimonio genetico, condividono spesso abitudini alimentari e comportamenti, il luogo e l’ambiente di residenza, a volte il tipo di attività professionale. Tutto ciò può, in vario modo e misura, contribuire all’aumento del rischio di sviluppare alcune malattie. Quindi il fatto che il cancro colpisca più membri dello stesso nucleo non è da solo un indizio sufficiente a stabilire la presenza di una componente ereditaria.
Attualmente si stima che nel nostro Paese complessivamente i casi di tumore riconducibili a una predisposizione familiare ed ereditaria – cioè associati alla presenza di mutazioni costitutive acquisite alla nascita – siano circa il 15-17 per cento del totale. Ogni anno, sulla base di recenti studi, i casi di tumori ereditari diagnosticati in Italia potrebbero essere circa 60 mila. Le mutazioni responsabili delle forme familiari di cancro sono in genere varianti difettose di geni chiamati oncosoppressori, cioè che ostacolano la formazione dei tumori, o di geni coinvolti nei processi di riparazione dei danni al DNA. Complessivamente tali mutazioni sono rare e si stima siano presenti in meno dell’1 per cento della popolazione generale.
Talvolta una mutazione ereditaria è strettamente associata a un singolo tumore, come quella del gene WT1, un gene oncosoppressore, responsabile del 5 per cento circa dei casi ereditari di nefroblastoma. Detto anche tumore di Wilms è un raro carcinoma del rene che si manifesta nella prima infanzia.
Più spesso le mutazioni costitutive favoriscono la formazione di più tumori benigni e maligni in diverse parti dell’organismo e sono pertanto associate a forme di predisposizione ereditaria che prendono il nome di sindromi. A oggi sono state individuate più di 50 sindromi che sono caratterizzate da più tipi di tumore (benigni o maligni) localizzati in diversi organi e sono legate a ad anomalie genetiche trasmesse dai genitori ai figli.
In alcuni di questi casi il rischio relativo può essere molto elevato, ma è comunque più corretto parlare di predisposizione al cancro piuttosto che di tumori ereditari, dal momento che non tutti i portatori della medesima mutazione sviluppano la malattia.
Tra le mutazioni associate a tumori in diverse parti del corpo, le più note sono quelle dei geni BRCA1 e BRCA2, che nei portatori, rispetto alla popolazione generale, aumentano nettamente il rischio di tumore al seno, sia in femmine e maschi, sia all’ovaio, nelle femmine. Di questi geni si è parlato molto soprattutto quando l’attrice Angelina Jolie ha annunciato pubblicamente di essersi sottoposta a mastectomia bilaterale e annessiectomia, l’asportazione sia del seno sia delle ovaie, per prevenire la comparsa della malattia che aveva colpito altre donne della sua famiglia.
Sebbene in misura minore, le mutazioni del gene BRCA2 aumentano anche il rischio di tumore di stomaco e pancreas in entrambi i sessi e della prostata nell’uomo, ma raramente prima dei 45 anni di età. Di recente si è scoperto che anche le mutazioni del gene PALB2 (che interagisce con la proteina prodotta da BRCA2) causano un aumentato rischio di sviluppare il tumore mammario.
Mutazioni del gene APC (Adenomatous Polyposis Coli) possono invece provocare la poliposi adenomatosa familiare, che si manifesta con la formazione nell’intestino, fin dalla più giovane età, di centinaia di polipi, che con il passare del tempo tendono a diventare cancerosi. La comparsa di lesioni maligne può essere prevenuta con un’attenta sorveglianza e la rimozione chirurgica dell’organo interessato.
Anche la sindrome di Lynch aumenta il rischio di cancro al colon-retto, pur in assenza di un gran numero di polipi. Oltre a questo tipo di tumore, le persone affette sono geneticamente predisposte a sviluppare anche tumori in altri organi, in particolare endometrio e ovaio.
Un difetto nel gene che codifica per la proteina p53, un importante oncosoppressore, provoca la sindrome di Li-Fraumeni, una condizione rara, in cui si riscontra un aumento del rischio di tumori al seno e al cervello, osteosarcomi, tumori dei tessuti molli e delle ghiandole surrenali.
Altre sindromi, raggruppate sotto la sigla MEN (Multiple Endocrine Neoplasia) sono caratterizzate da diverse combinazioni di tumori benigni e maligni in vari tessuti, in particolare in quelli ghiandolari endocrini, dalla tiroide al pancreas, con formazioni tumorali in altri tessuti e talvolta anomalie di altro tipo.
Mutazioni nel gene oncosoppressore PTEN determinano la sindrome di Cowden, una rara malattia caratterizzata dallo sviluppo di numerosi tumori benigni con un aumentato rischio di tumori maligni che interessano il seno, la tiroide, l’endometrio, il rene e il colon-retto.
La probabilità di un’origine familiare della malattia aumenta con un alto numero di casi in famiglia (soprattutto se nello stesso ramo) e con l’età giovanile di insorgenza.
Altri fattori che fanno sospettare una predisposizione familiare sono:
In questi casi è opportuno consultare un centro specializzato in genetica medica oncologica per ricevere un’adeguata consulenza che verifichi l’opportunità di sottoporsi a test genetici o di effettuare controlli oncologici (come la mammografia) prima e con maggiore frequenza della popolazione generale.
Recenti studi hanno evidenziato un ruolo nella predisposizione ereditaria al cancro anche di alcune varianti genetiche comuni. Non si tratta in questi casi di mutazioni direttamente responsabili di anomalie profonde nel funzionamento della cellula, ma di differenze nella sequenza del DNA di un individuo rispetto alla sequenza di riferimento del genoma umano. Queste varianti costitutive sono relativamente frequenti nella popolazione e sono chiamate polimorfismi o alleli a basso rischio. La maggior parte di esse è innocua, ma alcune possono essere associate a una specifica malattia o alla predisposizione a essa. Singolarmente queste varianti aumentano di poco il rischio di ammalarsi, ma quando sono presenti in un certo numero nello stesso individuo, possono contribuire in modo significativo all’insorgenza del cancro e di altre malattie.
Poiché questi polimorfismi possono combinarsi tra loro in modo del tutto casuale, è plausibile che anche in una quota (attualmente non quantificabile) di tumori sporadici, che insorgono casualmente e in assenza di una storia familiare, questa componente abbia comunque un ruolo importante.
La decisione di effettuare test genetici per verificare la presenza di mutazioni che favoriscono lo sviluppo del cancro deve essere soppesata attentamente dopo averla discussa con un medico genetista.
È importante, infatti, essere sicuri che:
Il medico potrà suggerire l’esame anche ad altri membri della famiglia, che in tal caso devono essere adeguatamente coinvolti e informati sul significato del test, sul suo scopo e sulle sue implicazioni. Qualora un membro della famiglia, adeguatamente coinvolto e informato, non desideri sottoporsi a tale test, la decisione va rispettata.
In caso si decida di sottoporsi a un test genetico, occorre rivolgersi a un laboratorio riconosciuto dal servizio sanitario nazionale. Sono invece da evitare i test genetici a distanza, acquistati via internet o eseguiti in ambulatori non autorizzati, dove non ci sia personale specializzato e non sia fornito un adeguato servizio di consulenza, che aiuti a interpretare i risultati degli esami. Norme di legge a tutela della privacy regolano come devono essere gestiti i campioni sottoposti agli esami e come devono essere trattate le informazioni personali e sensibili. Anche per queste ragioni è molto importante rivolgersi a centri seri, dotati delle opportune procedure e autorizzazioni.
Un risultato positivo indica un aumento del rischio, rispetto a chi a quell’esame risulta negativo. Non implica in alcun modo la certezza di sviluppare una malattia. Allo stesso modo l’assenza di mutazioni note, tra quelle esaminate, non garantisce che non ci si possa ammalare, mentre altre sono ancora del tutto sconosciute.
Che l’esito sia rassicurante o preoccupante, è essenziale comunque attenersi alle raccomandazioni indicate per la popolazione generale, sottoponendosi agli screening consigliati e mantenendo o migliorando i propri stili di vita, per esempio smettendo di fumare.
Agenzia Zadig