Quando il cancro colpisce i bambini

I tumori sono una malattia dell’invecchiamento, come si può osservare per esempio in Europa, dove oltre due terzi di tutte le diagnosi per cancro riguardano persone sopra i 75 anni. In realtà, però, il cancro può colpire chiunque, bambini compresi.

Fortunatamente, solo una piccola parte delle diagnosi di tumore riguarda i giovani sotto i 19 anni. In Italia questi casi riguardano l’1 per cento delle nuove diagnosi, corrispondenti a circa 2.300 casi tra bambini e adolescenti. A livello globale, in questa fascia d’età i nuovi casi stimati all’anno sono circa 400.000 e le diagnosi più comuni sono leucemie, tumori al cervello, al rene, alle ossa, linfomi e neuroblastomi. Il numero è ancora troppo elevato, specialmente considerando che i tumori sono le principali cause di morte in età pediatrica e adolescenziale.

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Peraltro, i bambini che si ammalano di tumore, dopo che lo hanno superato hanno un rischio maggiore di sviluppare da adulti altri tipi di cancro. Inoltre, per tutta la vita avranno numerose fragilità, per esempio cardiache, a causa delle tossicità delle cure effettuate. Oggi la necessità di trattare la malattia nei bambini è sempre più bilanciata con il bisogno di preservare la salute in persone che, a differenza di pazienti più anziani, hanno davanti a sé una lunga aspettativa di vita. A questo si aggiunge il carico psicologico di una diagnosi che è particolarmente difficile da accettare per i bambini o i ragazzi e le loro famiglie.

Tumori pediatrici, conoscere la malattia

Quando all’interno di una famiglia qualcuno riceve la diagnosi di tumore non è facile pensare al meglio. Subito risuonano le esperienze di amici e altri parenti che hanno ricevuto una diagnosi di cancro, insieme alla propensione umana a ricordare di più le esperienze negative rispetto a quelle positive. Insomma, la parola tumore evoca scenari di sofferenza, dolore e morte che paiono incompatibili con l’idea sana e spensierata che abbiamo della vita di bambini e ragazzi. Siamo portati a credere che debbano giocare, studiare, allenarsi, crescere, certamente non ammalarsi e frequentare ospedali, imparare a gestire gli effetti collaterali delle terapie, sottoporsi per anni a esami di controllo. Ma se ricevere una diagnosi di tumore per un bambino è effettivamente spiazzante e doloroso, l’oncologia pediatrica degli ultimi decenni racconta, fortunatamente, una storia di successi.

 

Nell’ambito dell’oncologia, i tumori pediatrici sono infatti tra quelli che hanno registrato i maggiori tassi di cura e guarigione, soprattutto per alcuni tipi di cancro. Almeno nei Paesi a reddito maggiore, si stima che circa l’80 per cento dei bambini e dei ragazzi guarisca da un cancro, riuscendo a vivere una vita in tutto e per tutto simile a quella dei ragazzi che non hanno avuto la malattia.

 

Per esempio, guardando a dati riferiti a Paesi più sviluppati, oggi la sopravvivenza a 5 anni per leucemia linfoblastica acuta supera il 90 per cento circa, mentre negli anni Settanta non arrivava al 60 per cento. Lo stesso è accaduto per alcune forme di linfoma. Anche la gestione delle terapie e del follow-up si è via via affinata, con trattamenti ottimizzati per la popolazione pediatrica. Nello stesso periodo si sono via via ridotti anche gli effetti collaterali delle terapie, uno degli aspetti più problematici del cancro nei bambini e negli adolescenti (anche quando le cure funzionano). Trattamenti come radioterapia e chemioterapia possono infatti favorire lo sviluppo di nuovi tumori, provocare tossicità di vario tipo, per esempio cardiache, e compromettere la fertilità.

Non esistono rassicurazioni

Cercare rassicurazioni, anche nelle statistiche come queste, è normale quando si incontra la malattia. Ma i numeri, soprattutto quelli di sopravvivenza media a tutti i tipi di tumore, mostrano soltanto una parte del quadro. Ci sono tipi di cancro dell’età pediatrica, come i tumori cerebrali, i neuroblastomi e gli osteosarcomi, che sono ancora oggi difficili da trattare. Inoltre, ogni storia, personale e di malattia, è diversa. Anche di fronte a diagnosi con prognosi molto positiva, non è possibile sapere in anticipo cosa accadrà in futuro, specialmente nel lungo termine.

 

Le terapie funzioneranno? Quanto saranno pesanti? Si potrà parlare di guarigione? Per avere delle risposte ci vorrà tempo, e nel mentre servirà imparare a convivere con la malattia e con la sua imprevedibilità, ripensare tutta la vita della famiglia, per trovare il modo migliore per rimanere a fianco della persona malata. Organizzarsi, senza però fare troppi piani.

Parlare chiaro sulla malattia, anche con i bambini

Bussole non esistono e ognuno deve cercare di trovare il proprio modo personale per stare accanto a un bambino malato di cancro. Ci sono però alcune indicazioni che possono essere utili, elaborate da esperti del National Cancer Institute e dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), che si occupano da decenni di seguire adulti e bambini che si ammalano di cancro. Si tratta di consigli che possono aiutare a non perdersi, anche magari chiedendo aiuto a persone competenti ed esperte. È infatti importante comprendere che di fronte al tumore non si è soli. Se i bambini e i ragazzi possono contare sui genitori, i genitori a loro volta possono trovare un aiuto per cercare di sopportare gran parte della durezza e della fatica della malattia che ricade su di loro.

 

Innanzitutto, possono rivolgersi al gruppo di esperti che segue il bambino in ospedale. Oncologi pediatrici, infermieri, psicologi dei centri specializzati nel trattamento dei tumori pediatrici sono di sostegno tanto per i bambini che per i loro genitori: sono la principale fonte di informazione durante la malattia, aiutano a conoscere cosa aspettarsi da un esame, da un intervento, da una terapia e possono aiutare a trovare le parole e i modi più giusti per spiegare le procedure mediche necessarie a curare il tumore, che necessariamente comprendono anche effetti collaterali pesanti e spiacevoli. Chiedere informazioni, anche quelle che possono sembrare più banali e anche sapendo che non tutte le domande possono avere una risposta, può aiutare a ridurre l’ansia e la paura, e a prepararsi. Soprattutto, puòcolmare il bisogno di sapere, di informarsi, che è quanto mai forte quando qualcuno in famiglia si ammala di tumore.

 

Nei confronti dei bambini è consigliabile essere il più sinceri possibile sulla malattia e sui trattamenti. Un atteggiamento aperto, chiaro, con un linguaggio semplice e adatto all’età della persona, è d’aiuto a tutti. Non costringe nessuno a fingere, spinge i più piccoli a fidarsi e li aiuta a prepararsi. Se un esame farà male, se la terapia farà perdere i capelli, concordano gli esperti, è meglio dirlo, anche perché in questo modo sarà possibile cercare di agire per tempo. La vicinanza e un atteggiamento calmo e non ansiogeno, per quanto difficile da tenere in certi momenti, aiuteranno il bambino a sentirsi meno spiazzato.

Una rete di supporto: dai parenti agli amici e alle associazioni di pazienti e genitori

In genere le persone che si occupano di un bambino malato sono i genitori, su cui grava il carico maggiore della malattia, soprattutto a livello emotivo. Per questo hanno bisogno di essere sostenuti e di trovare tempo e modo per allentare lo stress. Approfittare dell’aiuto di amici, dei familiari, anche per sbrigare questioni pratiche e trovare del tempo per fare qualcosa per sé, è quanto mai consigliato, per tirare il fiato e gestire meglio l’ansia.

 

L’incontro con associazioni di volontariato, associazioni di pazienti o di genitori di ragazzi con tumore, dentro o fuori l’ospedale, può servire poi a creare un’ulteriore rete di supporto e conoscenza sulla malattia e sulle conseguenze dei trattamenti. Spesso specializzate per tipi di tumore, non di rado nate nei reparti di oncologia pediatrica degli ospedali, queste associazioni possono anche aiutare bambini e genitori per quanto riguarda aspetti pratici. Possono facilitare i trasferimenti, mettere a disposizione alloggi per genitori lontani da casa durante il ricovero dei figli, occuparsi della spesa e delle pulizie domestiche. Possono anche aiutare a svolgere pratiche burocratiche e legislative, per esempio fornendo informazioni sulle agevolazioni economiche, i diritti del malato e dei suoi familiari. Inoltre mettono a disposizione esperti per il sostegno psicologico e organizzano attività ricreative e momenti di svago, da festicciole a sedute dal parrucchiere per mamme o papà.

In ospedale, tra scuola, chat e clown

I ricoveri in ospedale per bambini e adolescenti con tumore rischiano di durare a lungo, allontanando i ragazzi dalle loro case, dalla scuola e dagli amici, e amplificando dunque il carico emotivo e psicologico della malattia. Per questo può aiutare qualsiasi intervento che miri a distrarre i ragazzi senza interferire con gli interventi medici e che consenta loro di proseguire la loro vita il più possibile come prima della diagnosi.

 

Le scuole ospedaliere e l’istruzione domiciliare, se i pazienti sono a casa ma ancora impossibilitati a seguire le lezioni in classe, rispondono a queste esigenze, assicurando il diritto allo studio e una continuità con la vita prima della diagnosi. Un sito realizzato dal Ministero dell’istruzione e del merito raccoglie le informazioni Regione per Regione su tutti gli ospedali in cui sono presenti le scuole, dove gli insegnanti operano in accordo alle indicazioni che arrivano dalle scuole di provenienza dei ragazzi. Quando è impossibile seguire la scuola per almeno 30 giorni, per l’attivazione dell’istruzione domiciliare è la scuola di origine, su richiesta della famiglia, a elaborare un progetto formativo e a identificare i docenti, tra i propri o esterni alla struttura, che possano fornire il servizio. È consigliabile parlare apertamente con la scuola per presentare la situazione e avere indicazioni utili da parte dei docenti dei ragazzi su come proseguire al meglio la loro formazione in questa situazione.

Altrettanto importante, specialmente durante i momenti passati in ospedale, è cercare di mantenere il più possibile le relazioni con parenti e amici, per ridurre lo stress, l’ansia e aiutare a gestire una condizione così complicata come il tumore. Con visite, laddove permesso, o tramite chat, videochiamate, telefonate, cercando di ridurre la distanza tra l’ospedale e la vita al di fuori. Magari portando da casa oggetti, come giochi, strumenti musicali o fotografie, che possano aiutare a rendere più familiare l’ambiente. Tutti questi consigli sono forniti dal National Cancer Institute statunitense.

Distrarsi dalla malattia e dai trattamenti, con la famiglia ma anche con le attività proposte in ospedale e dedicate ai bambini, aiuta molto ed è considerata una vera e propria terapia, a sostegno dei trattamenti più clinici. Esempi di queste pratiche sono l’arteterapia, la musicoterapia e la clownterapia. Il buonumore infatti, come testimoniano gli studi nel campo, stimola la produzione di endorfine. Queste a loro volta riducono l’ansia, possono giovare al sistema immunitario, migliorare il benessere generale e aiutare a sopportare il dolore.

  • Anna Lisa Bonfranceschi

    Dopo gli studi in biologia e una breve esperienza nel mondo della ricerca, dal 2010 scrive storie di scienza, salute e innovazione tecnologia. Oggi è giornalista pubblicista. Fuori dal lavoro soprattutto corre e va in mountain-bike.
  • Articolo pubblicato il:

    13 novembre 2023