Ultimo aggiornamento: 21 ottobre 2025
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Questi due esami sono fondamentali per la diagnosi del tumore della mammella, in particolare di quella precoce. Comprendere le differenze tra i due approcci può essere molto utile.
Il seno è una struttura complessa, formata da ghiandole, tessuto epiteliale, adiposo e connettivo e attraversata da una fitta rete di vasi e dotti. Tale complessità rende la valutazione clinica da parte del senologo non sempre immediata: infatti, non tutti i noduli o le alterazioni che si percepiscono al tatto sono patologici e non tutte le anomalie possono essere individuate con la sola visita medica. Per questo gli esami diagnostici per immagini hanno un ruolo fondamentale, dato che consentono di studiare l’architettura interna della mammella, di distinguere tra lesioni solide e cistiche, e di rilevare cambiamenti nella densità dei tessuti oltre che nella disposizione delle strutture. Mammografia ed ecografia, i due esami più utilizzati, rispondono a bisogni diagnostici diversi e complementari. Capire come funzionano, quando vengono richiesti e quali informazioni possono fornire è essenziale per orientarsi nei percorsi di valutazione senologica.
La mammografia è un esame radiologico in cui sono utilizzate basse dosi di raggi X per ottenere immagini dettagliate del tessuto mammario. È l’esame più sensibile, specifico ed efficace per la diagnosi precoce del tumore al seno perché ha la grande capacità di svelare lesioni anche piccolissime e non palpabili, come le microcalcificazioni, quando il tumore è ancora in fase iniziale e può essere trattato con maggiori probabilità di successo. Per questo è ampiamente utilizzata anche nei programmi di screening per la diagnosi precoce nella popolazione sana in fasce d’età specifiche.
In Italia, i programmi di screening offrono gratuitamente, ogni 2 anni, la mammografia a tutte le donne tra i 50 e i 69 anni d’età. Alcune Regioni hanno esteso l’offerta anche alle donne dai 45 fino ai 74 anni.
Il principale limite dello screening mammografico riguarda la sua sensibilità nei seni molto densi, tipici delle donne più giovani: un tessuto ghiandolare particolarmente compatto può infatti mascherare noduli o rendere difficile la lettura delle immagini. Inoltre, pur trattandosi di una dose minima, la mammografia espone a radiazioni ionizzanti: non è quindi indicata come test ripetitivo o di routine nelle fasce d’età più giovanili, nelle quali il rapporto tra rischio e beneficio è sbilanciato dalla parte del rischio.
L’ecografia mammaria è un esame in cui si utilizzano ultrasuoni, quindi è totalmente privo di raggi X, e consente lo studio della mammella e del cavo ascellare. È innocua, indolore, facilmente ripetibile e offre un’immagine chiara soprattutto nei seni densi. Per questo è spesso l’esame di prima scelta nelle donne giovani, al di sotto dei 40 anni, quando la mammografia non sarebbe altrettanto informativa né indicata, per i limiti di sensibilità e di precauzione descritti sopra. L’ecografia è particolarmente utile anche per caratterizzare meglio eventuali noduli rilevati alla visita senologica o alla mammografia. Consente infatti di distinguere con buona precisione tra una cisti benigna e un nodulo solido che merita ulteriori accertamenti. Inoltre, permette di analizzare le alterazioni dei linfonodi ascellari.
I limiti principali dell’ecografia mammaria riguardano il fatto che l’esame richiede una notevole casistica ed esperienza da parte del medico che la effettua. Anche per questo l’affidabilità varia da operatore a operatore, per cui è scarsamente riproducibile. Inoltre, con l’ecografia non è possibile rilevare le microcalcificazioni con la stessa sensibilità della mammografia. Per questo non può sostituire quest’ultimo esame nello screening di popolazione. Ricordiamo che tale screening è offerto a tutte le donne nelle fasce d’età con il maggiore rischio di cancro al seno e di mortalità per questo tipo di tumore, e con i maggiori benefici di riduzione della mortalità stessa, dati dalla diagnosi precoce.
Un punto chiave da ricordare è che mammografia ed ecografia non sono due opzioni alternative, ma due strumenti complementari. La scelta dell’una, dell’altra o di entrambe dipende dall’età, da specifiche caratteristiche del seno e da fattori di rischio individuali:
Non esiste dunque una ricetta unica valida per tutte: la strategia più adatta a ogni persona va valutata insieme allo specialista, sulla base della storia clinica e del profilo di rischio.
Un aspetto importante da sottolineare è che, ai fini della prevenzione e della diagnosi precoce, il punto non è fare più esami possibili per sentirsi tranquille, bensì fare l’esame giusto, al momento giusto, su indicazione del proprio medico di famiglia o dello specialista. Peraltro, la prevenzione non si esaurisce con una singola indagine strumentale. Insieme alla mammografia e all’ecografia, può infatti essere consigliata una visita senologica, che consente di valutare il seno nel suo insieme e di inserire il risultato dell’esame nel proprio contesto clinico. L’obiettivo non è solo individuare un tumore prima che si manifesti, ma anche evitare indagini inutili, ansie superflue e sovradiagnosi.
La prevenzione più efficace è sempre quella costruita sul profilo di rischio di ogni donna. Ecco perché la raccomandazione finale è semplice, ma fondamentale: affidarsi con fiducia ai programmi di screening e, quando necessario, al proprio senologo di riferimento. Perché la tecnologia migliore non è l’ecografia o la mammografia in sé, ma la combinazione corretta degli strumenti a disposizione, guidata dall’esperienza clinica.
Non sono alternative, ma complementari. La mammografia (raggi X a basse dosi) è l’esame cardine dello screening; l’ecografia (ultrasuoni) è utile soprattutto in caso di seni densi e nelle donne più giovani. La scelta dipende da età, densità mammaria e profilo di rischio.
Le Regioni invitano a effettuare gratuitamente l’esame, ogni 2 anni, le donne nella fascia 50-69 anni; alcune di esse hanno esteso l’invito alle donne tra i 45-74 anni (45-49 spesso annuale; 70-74 biennale).
Nel seno denso c’è più tessuto ghiandolare e fibroso, che alla mammografia appaiono “bianchi” come spesso accade con i tumori, per cui può essere più complesso interpretare i risultati. In donne con densità elevata può essere consigliata in aggiunta la RM mammaria. Al di sopra dei 40 anni, l’ecografia può essere prescritta in casi dubbi, ma non sostituisce la mammografia.
Quasi sempre con mammografia, che è la metodica di scelta per identificare e caratterizzare le microcalcificazioni. L’ecografia può non coglierne la morfologia e non è affidabile come test di screening per questo reperto.
Le indicazioni dipendono dal singolo caso e vanno individuate insieme agli specialisti. In generale, per rischio elevato (per esempio, mutazione del gene BRCA1 o BRCA2, storia familiare significativa o precedente radioterapia toracica in giovane età) sono previste risonanze magnetiche annuali, che possono essere associate a mammografie, ecografie o tomosintesi con ricostruzioni 2D a seconda delle situazioni. Questi screening sono in genere effettuati a partire dai 25 anni d’età.
No. Si tratta di esami differenti, in genere indicati in casistiche diverse.
L’esame può essere effettuato in qualsiasi momento del mese.
Sofia Corradin