Ultimo aggiornamento: 14 luglio 2025
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L’invecchiamento è un processo del tutto naturale e al tempo stesso estremamente complesso dal punto di vista biologico. Nel corso della vita si va infatti incontro a una serie di cambiamenti in tutte le parti del corpo, cervello compreso. Si tratta di modifiche in parte determinate dalla biologia e dalla genetica e in parte stimolate o inibite dalle molteplici e continue interazioni con l’ambiente. Dopo i 50 anni sia la statura sia il peso tendono progressivamente a ridursi. Con l’avanzare dell’età si registrano inoltre un aumento della massa grassa, soprattutto a livello addominale, una riduzione di quella muscolare e quella magra, una demineralizzazione delle ossa e una riduzione dell’acqua corporea. In linea generale, queste evoluzioni preludono a un progressivo peggioramento delle prestazioni fisiche e dello stato di salute di una persona anziana. Quando la riduzione della massa magra è tale da limitare lo svolgimento delle attività quotidiane, si parla di sarcopenia. Le manifestazioni principali di questo problema sono le seguenti: riduzione della forza, della potenza e della resistenza muscolare, dell’equilibrio e delle abilità motorie. Se alla carenza di massa magra si associa un eccesso di massa grassa, allora si configura una condizione che viene definita obesità sarcopenica. Riguarda 1 persona su 5 sopra i 50 anni, è associata a un aumentato rischio di disabilità, di altre malattie e di mortalità e la causa principale sembra essere l’obesità unita a poca massa e scarsa forza muscolare.
Sarcopenia e obesità, insieme o singolarmente, possono dunque condizionare negativamente lo stato di salute. Questi cambiamenti sono anche responsabili della riduzione del metabolismo basale, ovvero della quota di energia necessaria allo svolgimento delle funzioni vitali a riposo. Di conseguenza un abbassamento del dispendio energetico quotidiano, insieme a una progressiva riduzione dell’attività fisica, può avere un impatto negativo sulla qualità della vita. Tra i fattori genetici, ambientali, individuali che influenzano questo processo, le abitudini alimentari salutari, l’attività fisica moderata e costante, il sonno adeguato e l’astensione dal fumo di sigaretta e dagli alcolici hanno un ruolo centrale nel condurre a un invecchiamento sano e attivo.
In questo contesto l’alimentazione e la nutrizione sono due aspetti importanti in grado di influenzare lo stato di salute.
Perseguire scelte salutari e un’alimentazione adeguata contribuisce a contrastare la vulnerabilità a cui si va incontro col passare del tempo. Negli anziani è poi necessario prevenire le carenze nutrizionali che possono insorgere per la riduzione di appetito e altri problemi, con il rischio di malnutrizione.
L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno intenso e progressivo che caratterizza le società occidentali. Le persone con più di 65 anni oggi in Italia hanno un’aspettativa di vita raddoppiata rispetto a chi aveva la stessa età gli inizi del secolo scorso e sono all’incirca il 20% della popolazione. Inoltre, nascendo pochi bambini, le persone con più di 65 anni sono in percentuale, rispetto a quelle di altre fasce di età, in continuo aumento. Tra queste vi sono coloro che possono essere definiti anziani soltanto su base anagrafica (oltre i 65 anni, ma in buona salute) e quelli che invece sono considerati fragili perché hanno una o più patologie. Le differenze tra queste due sottocategorie sono dovute principalmente alla costituzione genica e all’interazione dell’organismo con l’ambiente. Interagiamo con l’ambiente per esempio con la dieta, l’attitudine all’attività fisica, l’abitudine o meno al fumo di sigaretta e al consumo di alcolici o con l’eventuale esposizione a rischi e sostanze tipici delle attività professionali. Nell’insieme questi aspetti incidono per circa il 70% sulla durata e sulla qualità della vita e contribuiscono a determinare lo stato di salute di una persona nel corso della terza età.
Una delle leve su cui è possibile agire per limitare i rischi è la dieta. L’attenzione all’alimentazione per le persone anziane è cresciuta negli ultimi 10-15 anni, in parallelo con l’aumentare di questa fascia di popolazione. In generale, la dieta degli anziani non differisce dal punto di vista qualitativo da quella degli adulti, sebbene sia il fabbisogno energetico sia l’appetito diminuiscano con il passare degli anni, a causa di alterazioni sensoriali, della comparsa di problemi masticatori e di modificazioni che coinvolgono l’apparato gastroenterico. Soltanto specifiche condizioni, tra cui la sedentarietà, la comparsa di una disabilità o l’alterazione funzionale di singoli organi, possono richiedere accorgimenti dietetici specifici, come in qualunque altra fascia d’età.
Non esiste alcun alimento completo, o meglio, che racchiuda in sé le quantità adeguate dei vari nutrienti. Perciò, l’unico modo per garantire al proprio organismo un adeguato apporto nutrizionale sta nel scegliere un’alimentazione più varia ed equilibrata possibile. Anche in questa fase della vita, come nell'età adulta, una delle condizioni essenziali per godere di un buono stato di salute è mantenere un peso corporeo ottimale. Il presupposto non è sempre semplice da realizzare e negli anziani si deve tenere conto anche dei rischi legati alla malnutrizione per difetto.
Alla luce di questa elevata complessità, è importante garantire un completo apporto di tutti i nutrienti con una dieta varia ed equilibrata e soprattutto non escludere alcun alimento. Per un uomo anziano il fabbisogno energetico giornaliero, ossia la quantità di energia necessaria per far fronte alle funzioni metaboliche basali, si aggira intorno alle 2.000 kcal, mentre per la donna è tra 1.700 e 1.800 kcal.
A incidere non è però soltanto la quantità degli alimenti, ma pure la loro qualità. Un tipo di alimentazione a cui fare riferimento, anche in età geriatrica, è la dieta mediterranea. I benefici sono tanto più significativi quanto più precoce è stata l’adozione di questo tipo di alimentazione nel corso della vita, anche ai fini della prevenzione oncologica. Una revisione di studi pubblicata nel 2024 sulla rivista Npj Aging ha mostrato che l’effetto protettivo della dieta mediterranea sull’incidenza di nuovi casi di tumore, anche se non sulla mortalità, si registra anche nella popolazione anziana. Nella maggior parte degli studi considerati, i ricercatori avevano indagato la relazione tra la dieta e 3tre dei 4quattro tumore più diffusi: quello del seno, del colon-retto e della prostata. Per spiegare l'effetto protettivo della dieta mediterranea sul rischio oncologico sono stati proposti diversi meccanismi. Considerando l’alto contenuto di flavonoidi, acidi grassi omega-3 e acido folico, si ritiene che questo tipo di alimentazione possa ostacolare l'infiammazione subclinica, ritardando così il processo di invecchiamento cellulare che può portare alla formazione di tumori. Un’altra ipotesi riguarda un miglior controllo della glicemia e al conseguente minore rischio di sviluppare il diabete. Il diabete di tipo 2, la forma che colpisce di più gli anziani, è infatti associato a un rischio maggiore di sviluppare alcuni tipi di tumore, tra cui quelli di pancreas, fegato, endometrio, colon-retto, seno e vescica. Vi è infine l’evidenza che le proprietà antinfiammatorie e antiossidanti della dieta mediterranea possano avere un impatto sulla lunghezza dei telomeri, le strutture che si trovano alle estremità dei cromosomi e tendono ad accorciarsi nel corso della vita. Questo processo risulta un po’ più rallentato nelle persone che seguono la dieta mediterranea.
Al di là dei meccanismi biologici ancora da chiarire, è importante sapere che i benefici della dieta mediterranea si registrano anche nel corso della terza età. Per questo motivo non è mai troppo tardi per rivedere le proprie abitudini anche a tavola, anche se l’effetto preventivo è tanto maggiore quanto più precocemente si adotta uno schema alimentare di questo tipo.
La dieta mediterranea negli anziani prevede delle integrazioni rispetto alle indicazioni che riguardano in generale gli adulti. In particolare, occorre porre molta attenzione al consumo di acqua, che deve mantenersi intorno a 1,5 lt al giorno. Tale apporto è fondamentale in tutte le fasi della vita, ma ancora di più oltre i 65 anni, per almeno 3 ragioni. Negli anziani c’è una generale tendenza alla disidratazione, dovuta alla ridotta percezione del senso della sete; un aumento delle perdite urinarie di liquidi, dovuta alla diminuita sensibilità dei reni all’azione dell’ormone antidiuretico; e la riduzione complessiva dell’alimentazione. Il consumo di alimenti come brodo, passato di verdure, tè e tisane senza zucchero può aiutare a integrare un’adeguata quantità di acqua giornaliera.
Una volta assicurata un’idratazione sufficiente, i macronutrienti che devono far parte della dieta nel corso della terza età sono gli stessi di tutte le altre fasi della vita. Anche la dieta degli anziani deve avere come perno il consumo di carboidrati e dunque di alimenti a base di cereali (pane, pasta, riso, farro, orzo), da prevedere a ogni pasto principale (colazione, pranzo e cena), per un totale di 4-5 porzioni al giorno. Lo stesso discorso vale per la frutta e la verdura, la cui scelta deve ricadere preferibilmente sui prodotti di stagione, con 3-5 porzioni al giorno. Quanto agli alimenti ricchi di zuccheri semplici (come lo zucchero da tavola, il miele e i dolci), l’invito alla moderazione è sempre valido. O meglio: lo è ancora di più tra gli anziani, considerato che il diabete di tipo 2 è una malattia che colpisce prevalentemente nel corso della terza età ed è considerato un fattore di rischio per lo sviluppo anche di diverse forme di cancro. Se si ha l’abitudine di dolcificare caffè, tè, tisane e latte, è consigliabile non superare i 2-3 cucchiaini al giorno di zucchero. E quando possibile, preferire dolcificanti naturali, come quelli a base di stevia.
Nonostante con l’avanzare dell’età si registri spesso un progressivo calo dell’appetito, è fondamentale che la persona anziana assuma ogni giorno 2 porzioni di alimenti del gruppo “carne, pesce e uova”. Occorre invece limitare il consumo di carne rossa e insaccati e privilegiare pesce (fonte naturale di omega-3), carni bianche e uova. Naturalmente, in alcuni casi i legumi possono sostituire un secondo piatto a base di carne o pesce oppure costituire un piatto unico insieme ai cereali. Mantenere un adeguato apporto di proteine è fondamentale per preservare la salute dei muscoli e delle ossa e, di conseguenza, prevenire la sarcopenia.
I condimenti dovrebbero essere preferibilmente di origine vegetale e di alta qualità. L’olio extravergine di oliva è naturalmente ricco di vitamine e di antiossidanti naturali e può garantire un adeguato apporto di lipidi. Sono invece da limitare i condimenti di origine animale, come burro, strutto, panna. Quanto agli altri grassi, gli anziani dovrebbero prediligere alimenti con un modesto contenuto di grassi saturi e colesterolo, come il latte parzialmente scremato e lo yogurt magro, i formaggi preferibilmente freschi (evitando quelli fusi, che potrebbero creare problemi nella masticazione) e le carni magre (pollo, tacchino, coniglio, vitello). Per quanto riguarda il pesce, che dicevamo essere una fonte naturale di omega-3, sono da evitare quelli preimpanati e prefritti.
Per quanto riguarda gli alcolici, nel 2023 in Italia sono stati oltre 2,5 milioni i consumatori a rischio con più di 65 anni. Il dato è preoccupante se si considera che l’età anziana è connotata da un elevato numero di patologie e di farmaci da assumere, i cui foglietti illustrativi sconsigliano l’uso di alcol. A preoccupare è soprattutto il crescente consumo fuori dai pasti (binge drinking), che ha coinvolto in media l’1% delle donne e il 4,3% degli uomini e non si è arrestato nemmeno tra le persone sopra gli 85 anni. Se non si riesce a fare a meno di queste bevande, è meglio preferire quelle a basso tenore di etanolo (birra e vino). È inoltre importante ricordare che le soglie massime di consumo raccomandate per le persone sopra i 65 anni sono inferiori a quelle per gli adulti: non più di 1 unità alcolica al giorno (330 ml di birra e 125 di vino), in questo caso senza differenze tra uomini e donne. Resta peraltro valida l’indicazione dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), che nel Codice Europeo invita a moderare il più possibile il consumo di alcolici, essendo dei cancerogeni certi. In altre parole, per ridurre il rischio di sviluppare un tumore è decisamente meglio non bere.
Infine, il sale. Gli anziani dovrebbero limitarne l’utilizzo, in quanto primo fattore di rischio per l’ipertensione arteriosa. I 5 gr al giorno che sono fissati come limite dalle principali società scientifiche dovrebbero essere sempre di sale iodato (tranne in caso di patologie per cui lo iodio alimentare sia contro indicato). Per evitare gli eccessi, nel corso della terza età è preferibile evitare i preparati per brodo, che contengono dadi ricchi di grassi vegetali idrogenati e di glutammato monosodico, e incentivare piuttosto l’uso di spezie ed erbe aromatiche.
In una fase della vita in cui si ha più tempo a disposizione, ma progressivamente si tende ad avvertire meno il senso della fame, è importante dedicare il giusto spazio anche alla pianificazione dei pasti.
Secondo il National Institute of Aging statunitense, nel corso della terza età è opportuno stilare un menù settimanale o comunque giornaliero, così da non farsi trovare impreparati e rischiare di consumare uno o più pasti incompleti come conseguenza di una scarsa disponibilità di ingredienti, del poco tempo a disposizione o dell’impossibilità di fare la spesa.
Per facilitare il mantenimento di un buono stato di salute anche nel corso della terza età riportiamo il cosiddetto decalogo della longevità stilato dal Ministero della salute. Si parte dalla tavola, per tenere in considerazione anche altri fattori della vita sociale.
Fa che masticare non sia la tua passione – Se si hanno problemi di masticazione, è il caso di scegliere alimenti non troppo duri e croccanti (pesce, carni tenere, passati, zuppe e frutta matura) oppure rendere gli altri più facili da ingoiare (triturandoli, inzuppandoli o frullandoli).
Se non si è già in sovrappeso o obesi al raggiungimento dei 65 anni, è difficile che da anziani si vada incontro a un aumento di peso. La comunità scientifica è concorde nell’affermare che normalmente non è necessario perdere peso in questa fase della vita se si è in sovrappeso. Diverso è il discorso in caso di obesità, dal momento che la perdita di peso può ridurre l’impatto di altre patologie e più in generale gli effetti negativi sulla salute determinati dall’eccesso ponderale. Le più recenti linee guida della Società europea per la nutrizione clinica e il metabolismo (Espen) riportano che la perdita di peso deve essere affrontata, negli anziani, con grande attenzione, combinando l’intervento dietetico (con una restrizione calorica di norma non superiore alle 500 kcal al giorno) con un’adeguata attività fisica per preservare la massa magra. Più che in qualsiasi altra fase della vita è invece da escludere il ricorso a regimi dietetici rigidi. Questo perché il dimagrimento, intenzionale o meno, favorisce la perdita di massa muscolare e di conseguenza il rischio di sarcopenia, fragilità, declino funzionale, fratture e malnutrizione.
Quando si parla di mantenere un adeguato peso corporeo, si fa perlopiù riferimento al rischio di un dimagrimento eccessivo e all’instaurarsi di una o più carenze nutrizionali, da cui insorge uno stato di malnutrizione. Il problema può riguardare sia i macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) sia i micronutrienti. Quest’ultimo deficit è più insidioso in quanto maggiormente difficile da diagnosticare.
In relazione alle necessità di minerali e vitamine, bisogna prestare attenzione ad alcuni micronutrienti a maggior rischio di carenza nel corso della terza età. Nello specifico le vitamine A e C, l’acido folico, il ferro e il calcio sono i micronutrienti più spesso deficitari a causa di errori alimentari, dell’adozione di una dieta monotona e della tendenza a prediligere cotture lunghe a temperature elevate. In generale non vi sono indicazioni per assumere integratori alimentari, ma è bene che la dieta sia un argomento di confronto tra un anziano e il proprio medico di medicina generale. Quest’ultimo dovrà infatti appurare se sussista un rischio di carenze specifiche, che possano causare problemi di salute. Su tutti, il calcio e la vitamina D, se non sono assunti nelle dosi indicate anche nei Livelli essenziali di assunzione dei nutrienti e dell’energia (LARN), aumentano il rischio di osteoporosi e, di conseguenza, di una maggiore fragilità delle ossa, alla base della maggiore incidenza di fratture in questa fascia della popolazione.
Per potenziare l’apporto di calcio si potrebbe puntare su latticini e formaggi, con il rischio però di far assumere troppe calorie attraverso i grassi che contengono e inoltre di un aumento del colesterolo. Meglio piuttosto scegliere un’acqua con un buon contenuto di calcio e inoltre la frutta secca, per esempio noci e mandorle, e i semi di sesamo. Anche le crucifere contengono calcio, che viene anche ben assorbito dall’intestino se prima vengono cotte. Infine, non dimentichiamo le arance: un bicchiere di succo d'arancia fresco e appena spremuto può offrire un apporto di calcio pari a circa 70 mg.
Quanto alla vitamina D, la sua funzione è strategica. Si tratta di un ormone sintetizzato a livello cutaneo grazie all’esposizione ai raggi solari e che regola il metabolismo delle ossa. Induce un maggiore assorbimento di calcio intestinale e renale di calcio, mantenendo alta la mineralizzazione e la salute delle ossa. Questo spiega perché il suo ruolo sia cruciale nella prevenzione dell’osteoporosi, che si stima colpisca fino a 5 milioni di persone in Italia. L’intero fabbisogno giornaliero della vitamina D varia dalle 200 alle 600 unità, dai giovani ai più anziani, ma sono frequenti casi di ipovitaminosi, come avviene in oltre il 60% delle persone sopra i 65. Una delle cause principali è la mancata esposizione ai raggi solari, per cui diventano ancora più importanti le scelte compiute a tavola. La vitamina D è un micronutriente che si trova in modeste quantità negli alimenti: pesci grassi (salmone e aringhe), uova, verdure a foglia verde, latte (ma non in quello materno) e derivati. Una dieta varia ed equilibrata, che includa il consumo di questi alimenti, è normalmente sufficiente a raggiungere il fabbisogno minimo. Tuttavia, se gli anziani passano pochissimo tempo all’aria aperta potrebbero trovarsi in una condizione di ipovitaminosi. È in questa situazione che occorre considerare col proprio medico di ricorrere a un’integrazione della vitamina D, solo però dopo aver verificato l’effettiva carenza con un esame del sangue.
Quando si parla di carenza di macronutrienti negli anziani, si fa quasi sempre riferimento alle proteine. Un apporto inadeguato è alla base dell’accentuarsi della sarcopenia. Si tratta di una condizione che inizia a comparire intorno alla quarta decade di vita e porta a una perdita di massa muscolare del 3-5% entro i 50 anni e in seguito dell’1-2% ogni anno. Da questo andamento consegue che circa il 40% delle persone dimezzi il patrimonio muscolare entro i 75 anni, con una prevalenza leggermente maggiore negli uomini rispetto alle donne. Ciò ha ripercussioni notevoli sulle capacità motorie e sul livello di attività fisica che si riesce a mantenere. Mentre nei casi più gravi compromette l’autonomia di movimento, l’equilibrio diviene instabile, si diventa incapaci di salire e scendere le scale o di portare a casa la spesa. La frequenza del passo, inoltre, risulta fortemente ridotta. L’abbinamento tra queste conseguenze è alla base dell’aumentato rischio di cadute e fratture associato alla sarcopenia, che rappresenta la principale causa di invalidità e debolezza negli anziani.
Lo sviluppo di questa condizione ha origine in molti fattori, tra cui l’azione degli ormoni, il metabolismo delle proteine, la frequenza e l’attività fisica svolta, lo stress ossidativo e la comparsa di alterazioni neuromuscolari. Tutti questi elementi vanno ad aggiungersi alla malnutrizione, ormai riconosciuta tra le cause della sarcopenia. Rispetto agli apporti calorici, le recenti linee guida della Società europea di nutrizione clinica e metabolismo suggeriscono agli anziani di ricavare almeno 30 kcal per chilo di peso corporeo ogni giorno attraverso la dieta. Per fare un esempio, una persona di oltre 70 anni che pesa 60 kg, dovrebbe seguire una dieta che garantisca quotidianamente un apporto di 1.800-2.000 kcal.
Oltre alla quantità di calorie necessarie, la principale strategia nutrizionale consiste in una dieta che garantisca un congruo apporto giornaliero di proteine. Dovrebbe essere tale da superare la ridotta capacità di sintesi proteica muscolare tipica degli anziani. Infatti, secondo i risultati di diversi studi, nelle persone sopra i 65 anni l’apporto giornaliero di proteine è inadeguato. A partire dai 60 anni la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) raccomanda di assumere quotidianamente 1,1 gr di proteine per chilo di peso corporeo, rispetto agli 0,9 indicati nel corso dell’età adulta. In presenza di una malattia acuta o cronica, la quota proteica deve essere ulteriormente aumentata a 1,2-1,5 gr al giorno per chilo di peso corporeo. Quanto alla suddivisione delle proteine tra i pasti, gli esperti raccomandano un’equa distribuzione tra pranzo e cena per ottimizzare lo stimolo sulla sintesi proteica muscolare.
Grazie al più elevato apporto di amminoacidi essenziali, le proteine di origine animale offrono una maggior azione protettiva contro la perdita di massa e forza muscolare rispetto a quelle vegetali. Ciò vuol dire che la carne va consumata con una frequenza di 2-3 volte alla settimana, secondo le indicazioni già riportate. Sono più salutari le carni bianche rispetto a quelle rosse e bisogna limitare a casi eccezionali il consumo di salumi e insaccati. Al contempo è comunque importante che la dieta degli anziani garantisca apporti adeguati di pesce, per gli omega-3, di latte e derivati, soprattutto per calcio e vitamina D, e di legumi. I legumi, se abbinati ai cereali, rappresentano un ottimo piatto unico sia per il pranzo sia per la cena.
Soltanto nel caso in cui gli anziani non siano in grado di acquisire attraverso la dieta le proteine di cui necessitano (spesso per la concomitanza di altre malattie), può essere indicato ricorrere a supplementi nutrizionali orali in polvere o liquidi, o, nei casi più gravi, alla nutrizione artificiale. In questo secondo caso, se i pazienti hanno un apparato digerente accessibile e funzionante, il supporto deve essere garantito attraverso il tratto gastrointestinale con la nutrizione enterale, lasciando soltanto ai casi più complessi il ricorso alla nutrizione per via venosa, detta anche parenterale.
Le conseguenze della sarcopenia rischiano di acuirsi se gli anziani sono anche alle prese con un tumore. L’attenzione alla dieta nel corso delle terapie oncologiche ha un obiettivo: evitare la malnutrizione per difetto. Questa condizione può infatti compromettere lo stato di salute dei pazienti e comportare, nelle forme più gravi, la comparsa di altre malattie, fino al decesso. In Italia si stima che la malnutrizione oncologica provochi circa 30.000 decessi ogni anno.
La presenza di un tumore può infatti causare una condizione di anoressia, con conseguente marcata perdita di peso. Se non si adottano misure adeguate può subentrare la cachessia, caratterizzata dalla perdita di massa muscolare associata o meno a quella di massa grassa. La priorità, nei pazienti oncologici di peso nella norma, è dunque la prevenzione del dimagrimento. Se l’alimentazione naturale è possibile, è consigliata l’elaborazione di un piano dietetico personalizzato il più possibile rispondente alle preferenze dei pazienti. Dal punto di vista pratico, i malati di cancro dovrebbero seguire una dieta varia ed equilibrata che preveda l’assunzione dei nutrienti, quali carboidrati, proteine, grassi, vitamine e sali minerali, attraverso il consumo di tutti i gruppi di alimenti: carni, pesce, uova; latte e derivati; cereali, tuberi e derivati; legumi; oli e grassi da condimento; ortaggi e frutta.
Ai pazienti oncologici si consiglia di mangiare poco, ma spesso, tenendo sempre a portata di mano qualcosa da sgranocchiare. E di masticare lentamente e bene, riposando dopo ogni pasto. Se l’appetito è buono, non dovrebbe essere difficile assumere adeguate quantità di calorie e proteine. Al contrario, se è scarso, si può optare per alimenti più ricchi in calorie e proteine, per garantire un apporto congruo di nutrienti attraverso un numero inferiore di pasti. In questi casi si possono sostituire piccoli pasti con bevande nutrienti dolci o saporite. Tra gli alimenti da prediligere, gli esperti raccomandano il consumo di cereali integrali, di legumi ben cotti (anche in crema), di pesce (meglio se azzurro) e di verdure di stagione. Sono da limitare invece le carni rosse e lavorate (salumi, insaccati), i formaggi molto grassi e tutti gli alimenti ricchi di amido, come quelli derivati da frumento, patate, mais, composti soprattutto da zuccheri semplici e responsabili dell’aumento dell’indice glicemico. Ci sono poi altre indicazioni che vengono fornite sulla base dei bisogni di ciascun paziente, per limitare gli effetti collaterali.
In generale, i dati mostrano che la popolazione anziana è spesso poco rappresentata o trascurata nella maggior parte degli studi clinici; non soltanto in quelli che valutano l’efficacia di un trattamento farmacologico, ma anche in quelli che indagano l’impatto dello stile di vita sulla salute e sul rischio oncologico. Poiché l’attenzione ai soggetti anziani in terapia oncologica inizia lentamente ad aumentare, c’è bisogno di incrementare anche la ricerca sui fattori di rischio modificabili in termini di prevenzione e di impatto sulla sopravvivenza dei pazienti oncologici. Le attuali limitazioni concorrono infatti a una bassa qualità complessiva delle prove disponibili e sottolineano l'importante divario tra l’alto numero di risultati pubblicati e lo scarso numero di analisi dedicate agli anziani.
Fabio Di Todaro