Tumore della mammella nell’uomo

Anche nei maschi sono presenti piccole quantità di tessuto mammario, in cui può svilupparsi un tumore.

Ultimo aggiornamento: 12 febbraio 2024

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Cos'è

Il tumore della mammella viene spesso considerato una malattia femminile, ma in realtà può svilupparsi anche nei maschi. Anche nell’uomo, infatti, sono presenti piccole quantità di tessuto mammario che, come succede nella donna, possono mutare e dare il via alla formazione di un cancro e a possibili metastasi (la successiva diffusione del tumore in organi diversi da quello di origine).

La mammella, comunemente ma impropriamente detta “seno”, è costituita da un insieme di ghiandole. I lobuli, che nella donna producono il latte; i dotti, piccoli tubi che portano il latte dal lobulo al capezzolo; e lo stroma, il tessuto grasso e connettivo che circonda lobuli e dotti, assieme a vasi sanguigni e linfatici.

Nelle prime fasi della vita, maschi e femmine presentano più o meno la stessa quantità di tessuto mammario. La situazione cambia con l’arrivo della pubertà, quando gli ormoni femminili prodotti dalle ovaie fanno crescere dotti, lobuli e stroma nelle donne, mentre gli ormoni maschili inibiscono la crescita di tali tessuti negli uomini, che in genere hanno i dotti, ma pochissimi lobuli e tessuto adiposo.

Quanto è diffuso

Il tumore mammario è una delle neoplasie più diffuse tra le donne, ma nell’uomo è molto raro. Il carcinoma della mammella maschile rappresenta lo 0,5-1 per cento circa di tutti i tumori della mammella. Questa percentuale si traduce, in Italia, in circa 500 nuovi casi all’anno. L’incidenza sta tuttavia lievemente aumentando, come per la donna, e si estende alla fascia di età sotto i 45 anni, anche se l’età più a rischio resta quella tra i 60 e i 70 anni.

La minore diffusione tra i maschi è dovuta in parte al fatto che il tessuto mammario, che si può trasformare in tumorale, è molto scarso nell’uomo, e in parte alla diversa esposizione di questo tessuto agli ormoni nei due sessi. Nell’uomo manca infatti l’esposizione costante a grandi quantità di estrogeni, che promuovono la crescita delle cellule mammarie.

Chi è a rischio

Sono molti i fattori che contribuiscono ad aumentare il rischio di tumore della mammella nell’uomo, alcuni dei quali possono essere evitati modificando abitudini e stili di vita.

Con l’avanzare dell’età aumenta anche nell’uomo il rischio di tumore della mammella, che quando si presenta viene in genere diagnosticato poco prima dei 70 anni. In alcuni casi esiste una predisposizione ereditaria alla malattia: la diagnosi di tumore in un uomo giovane o la presenza di casi di tumore della mammella, dell’ovaio, del pancreas e della prostata in familiari molto stretti possono essere campanelli d’allarme che fanno pensare a tale predisposizione. A livello genetico sono molto importanti le mutazioni presenti nel gene BRCA: il 4-16 per cento circa dei tumori mammari maschili presenta una mutazione nel gene BRCA2, mentre lo 0-4 per cento presenta mutazioni nel gene BRCA1. Infine, anche alcune sindromi genetiche presenti alla nascita, come la sindrome di Klinefelter, o l’esposizione del torace a radiazioni, per esempio sotto forma di radioterapia, possono influenzare in modo negativo il rischio.

Come nella donna, anche nell’uomo gli ormoni hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella crescita del tumore mammario. Può far aumentare il rischio di malattia tutto ciò che sposta l’equilibrio ormonale: disturbi a carico dei testicoli (rimozione, discesa incompleta o assente eccetera), terapia ormonale per curare un tumore della prostata, obesità (che induce una produzione di livelli più elevati di estrogeni), ma anche abuso di alcol e malattie del fegato.

La parola all'esperto

Tipologie

Il tumore della mammella è chiamato carcinoma duttale se si sviluppa a partire dalle cellule dei dotti, o lobulare se prende invece il via dalle cellule dei lobuli. Inoltre, la malattia viene detta infiltrante quando supera la parete di dotti e lobuli e si diffonde anche ai tessuti vicini, o in situ se le cellule malate non danno origine a metastasi. Nell’uomo il carcinoma duttale infiltrante è la forma più diffusa (8 casi su 10), mentre il tumore lobulare è piuttosto raro, dal momento che il tessuto lobulare è molto scarso.

La malattia di Paget (o morbo di Paget) della mammella è un tipo di tumore che si sviluppa nelle cellule dei dotti e si diffonde al capezzolo e all’areola, provocando cambiamenti visibili nella pelle di quell’area che appare arrossata e come ricoperta da una sorta di eczema.

La ginecomastia, ovvero l’aumento della quantità di tessuto mammario, è molto più diffusa nell’uomo rispetto al tumore maligno. In caso di ginecomastia è possibile sentire, e a volte anche vedere, noduli di tessuto mammario nell’area vicina al capezzolo, che dovranno essere tenuti sotto controllo. Negli adolescenti e negli anziani la ginecomastia è spesso legata ai cambiamenti ormonali che caratterizzano queste due fasi della vita, ma più in generale può essere associata, in tutte le età, ad alcuni farmaci (per esempio quelli usati per trattare insufficienza cardiaca, ipertensione e ulcera) o, in rari casi, alla presenza di malattie delle ghiandole che producono ormoni (endocrine), a patologie del fegato, a obesità e ad altre condizioni cliniche che aumentano la produzione di ormoni femminili nell’uomo.

Sintomi

In genere il cancro della mammella nelle fasi iniziali non provoca dolore o altri sintomi particolari. Per questo motivo gli unici campanelli d’allarme sono rappresentati dalla formazione di noduli che possono essere riconoscibili al tatto o addirittura visibili e inoltre da cambiamenti della pelle che si arrossa o cambia aspetto o del capezzolo che si ritrae o fa fuoriuscire del liquido.

Prevenzione

Per una diagnosi tempestiva, è importante che la persona non sottovaluti eventuali noduli o cambiamenti nella forma della mammella e del capezzolo e non si faccia frenare da imbarazzi o paure ingiustificate nel richiedere un parere del medico, che può stabilire se sono necessari esami di approfondimento.

Diagnosi

È più semplice scoprire la presenza di un nodulo mammario in un uomo che in una donna, dal momento che la quantità di tessuto lobulare e adiposo è molto scarsa nella mammella maschile. Ciononostante, non è raro che gli uomini si accorgano di avere un tumore quando la malattia è già in fase avanzata. Questo succede perché erroneamente si crede che il tumore mammario maligno sia una malattia esclusivamente femminile e di conseguenza si tende a sottovalutare segni e sintomi.

Dal punto di vista della diagnosi precoce, per gli uomini senza una predisposizione genetica allo sviluppo del tumore della mammella non esistono screening specifici come quelli mammografici che permettano di identificare la malattia nelle fasi iniziali. Il tumore mammario maschile è infatti troppo raro per sottoporre periodicamente a questo tipo di esame tutta la popolazione. I pazienti con una forte storia familiare di tumore mammario, in particolare se i casi in famiglia presentano mutazioni BRCA1 e BRCA2, dovrebbero sottoporsi al test genetico per la ricerca di tali mutazioni che, se presenti, porterebbero a un aumento del rischio di sviluppare un cancro. In presenza di una mutazione BRCA2 il rischio aumenta di circa 100 volte rispetto a quello osservato in assenza della mutazione.

La diagnosi di tumore della mammella nell’uomo si basa innanzitutto sulla visita dal medico che, dopo aver analizzato la storia familiare e valutato eventuali noduli, decide se procedere con esami di approfondimento.

In questo caso, per l’uomo come per le donne, vengono utilizzati ecografia e mammografia per visualizzare la struttura della mammella, oppure l’analisi del liquido che, in alcuni casi, fuoriesce dal capezzolo. L’esame che permette di formulare una diagnosi certa è, però, la biopsia, cioè il prelievo di una parte del tessuto sospetto e la sua analisi in laboratorio alla ricerca di cellule tumorali.

Una volta diagnosticato il cancro, è possibile determinare alcune caratteristiche delle cellule tumorali come la presenza o assenza di recettori per gli ormoni (estrogeni e progesterone) o i livelli della proteina HER2/neu, molto importanti per guidare il medico nella scelta del trattamento più efficace.

Infine, tomografia computerizzata (TC), tomografia a emissione di positroni (PET), ecografia e scintigrafia ossea sono gli esami più comunemente utilizzati per identificare la presenza di metastasi in altri organi, quando indicato.

Evoluzione

Lo stadio di un tumore indica quanto la malattia è estesa e, nel caso del tumore della mammella, si possono distinguere cinque diversi stadi, definiti in base al sistema di stadiazione TNM, dove T indica la dimensione del tumore, N lo stato dei linfonodi e M la presenza di metastasi. Lo stadio 0, il più basso, è il tumore in situ che non ha ancora raggiunto linfonodi e altri organi, mentre lo stadio IV, il più alto, classifica i tumori che hanno dato metastasi in organi lontani.

Stabilire lo stadio del tumore è molto importante per determinare la strategia terapeutica e la prognosi: più basso è lo stadio e maggiori sono le possibilità di guarigione.

Come si cura

La maggior parte delle informazioni relative al trattamento del tumore della mammella deriva dall’esperienza di medici e ricercatori nel trattamento della malattia nelle donne. Negli uomini, infatti, questo tumore è raro e di conseguenza è difficile riuscire a organizzare uno studio clinico che coinvolga solo pazienti maschi. Anche per l’uomo, comunque, la scelta del trattamento dipende da diversi fattori come, per esempio, il tipo e la posizione della malattia, la sua eventuale diffusione ad altri organi e le condizioni del paziente.

 

La chirurgia rappresenta una delle prime scelte di trattamento per il tumore della mammella maschile e di norma richiede un ricovero breve in ospedale, anche se sono sempre più frequenti gli interventi in day-surgery. In genere nell’uomo è piuttosto rara la chirurgia conservativa, cioè l’intervento che asporta solo una parte del tessuto mammario (per esempio uno o più lobuli), mentre è molto più diffusa la mastectomia (85 per cento dei casi) che rimuove tutto il tessuto mammario, non molto abbondante nell’uomo. Quando l’intervento rimuove il tessuto mammario, la cute e il capezzolo si parla di mastectomia totale.

 

Per verificare se il tumore si è diffuso ai linfonodi, anche nell’uomo è possibile utilizzare la tecnica del linfonodo sentinella: si prelevano e si esaminano i linfonodi ascellari che per primi vengono in contatto con eventuali cellule del tumore e li si analizzano. In base al risultato di questo esame il medico deciderà se è necessario procedere con altri trattamenti.

 

La radioterapia, in particolare quella esterna, viene utilizzata per colpire le cellule del tumore “sfuggite” al bisturi, nei casi a rischio particolarmente elevato che la malattia si ripresenti a livello locale.

 

Anche nell’uomo la chemioterapia sistemica, somministrata con tempi e combinazioni di farmaci diversi a seconda dei singoli casi, può essere utilizzata come terapia adiuvante (dopo l’intervento chirurgico, per eliminare cellule tumorali rimaste dopo l’operazione), o neoadiuvante (prima dell'intervento chirurgico, per ridurre le dimensioni del tumore e renderlo più facilmente asportabile).

 

La terapia ormonale è un trattamento efficace in tutti i casi di tumore della mammella che presentano sulla superficie delle cellule i recettori ormonali (9 tumori su 10 nell’uomo). Come riportato nelle linee guida sulle neoplasie della mammella pubblicate nel 2021 dall’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM), i risultati di uno studio recente hanno mostrato che i tumori mammari maschili sono frequentemente positivi ai recettori per gli ormoni. Più precisamente, la quasi totalità (99 per cento) è positiva ai recettori degli ormoni estrogeni, l’82 per cento ai recettori del progesterone e il 97 per cento ai recettori degli androgeni, mentre solo il 9 per cento è positivo per HER2. Il tamoxifene è la terapia ormonale adiuvante standard e attualmente i dati e le indicazioni sulla durata del trattamento sono mutuati dagli studi condotti sulla popolazione femminile. La terapia di scelta nella malattia metastatica con recettori ormonali è l’ormonoterapia con tamoxifene in associazione a inibitori delle cicline CDK 4/6, mentre la chemioterapia dovrebbe essere riservata a pazienti che non rispondono positivamente alla terapia endocrina. L’ormonoterapia prevede anche l’impiego degli inibitori delle aromatasi in associazione a LHRH analoghi (questi ultimi sopprimono farmacologicamente l’attività dei testicoli senza necessità di rimozione chirurgica).

 

Infine, ove indicati in relazione alla biologia del tumore, possono essere utilizzati farmaci a bersaglio molecolare diretti contro specifici obiettivi (per esempio la proteina HER2/neu) presenti sulle cellule tumorali e non su quelle sane che così sarebbero risparmiate.

Grande sviluppo stanno avendo negli anni più recenti gli studi sull’utilizzo di immunoterapia e anticorpi coniugati a farmaci, la cosiddetta chemioterapia di precisione, ma ancora una volta la maggior parte delle ricerche è condotta nelle donne e l’inclusione di soggetti maschili è molto scarsa, se non nulla.

Le informazioni di questa pagina non sostituiscono il parere del medico.

  • Agenzia Zoe

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