Una mappa per orientarsi in un tumore poco conosciuto

Ultimo aggiornamento: 16 giugno 2025

Una mappa per orientarsi in un tumore poco conosciuto

Titolo originale dell'articolo: A network-based approach to overcome BCR::ABL1-independent resistance in chronic myeloid leukemia

Titolo della rivista: Cell communication and signaling

Data di pubblicazione originale: 10 aprile 2025

Secondo esperimenti condotti in modelli di laboratorio, la midostaurina sarebbe una possibile terapia per i pazienti con un particolare tipo di leucemia resistente al trattamento standard.

La midostaurina è un farmaco già in commercio che potrebbe essere efficace per un tipo di leucemia mieloide cronica per cui non esistono ancora cure specifiche. Molte delle terapie attualmente disponibili sono inibitori dell’attività della proteina prodotta da un gene ibrido, formato dall’unione dei geni ABL e BCR, sul cromosoma Philadelphia, che promuove lo sviluppo della malattia. “Se questi tumori sono stati molto studiati e possono essere curati con diversi medicinali, non si può dire lo stesso per le leucemie mieloidi croniche con una resistenza alla terapia indipendente dal cromosoma Philadelphia” afferma Francesca Sacco, che ha coordinato il lavoro di ricerca presso l’Università di Roma Tor Vergata. Con i suoi colleghi ha deciso di delineare una mappa delle caratteristiche molecolari della malattia per poi identificare nella midostaurina una potenziale nuova terapia per questo tipo di resistenza. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Cell communication and signaling, con il sostegno di Fondazione AIRC.

Quando il gruppo di ricerca ha concepito questo progetto voleva andare incontro alle necessità di curare due tipi di pazienti con leucemia mieloide cronica. Da un lato, coloro che sviluppano una resistenza indipendente dal difetto genetico, dopo essere stati trattati con successo con la terapia standard e aver interrotto le cure. Dall’altro, coloro che non rispondono alla cura di riferimento e non sono idonei alle altre terapie disponibili, nonostante presentino l’anomalia genetica del cromosoma Philadelphia. “Non si è mai davvero capito come mai la terapia standard non funzionasse in questi tumori, per questo non esistono ancora opzioni di trattamento specifiche” commenta Sacco. L’idea alla base di questo studio era quindi di comprendere meglio i meccanismi molecolari della malattia e in seguito individuare possibili bersagli terapeutici.

Per capire come muoversi, i ricercatori avevano prima bisogno di disegnare una mappa della malattia che fosse il più completa possibile. “Siamo partiti da cellule di leucemia mieloide cronica e le abbiamo trattate con l’imatinib” – una terapia classica per questo tipo di patologie – “fino a quando non sono diventate resistenti al trattamento” spiega Valeria Bica, co-prima autrice dello studio insieme a Veronica Venafra. In seguito, “abbiamo analizzato le cellule con la spettrometria di massa che misura la concentrazione e attivazione di migliaia di proteine” continua Sacco. “Allo stato attuale, questo è l’unico approccio che permette di andare in esplorazione di quali proteine sono attive dopo il trattamento.” Un algoritmo ha permesso così di confrontare i dati ottenuti con questa tecnica con la letteratura esistente al riguardo. È riuscito infine a distinguere le caratteristiche molecolari delle leucemie che rispondono e non rispondono al trattamento con imatinib.

Il gruppo si è focalizzato sulle leucemie mieloidi croniche resistenti a imatinib e ha usato un altro algoritmo per individuare possibili bersagli terapeutici in grado di contrastare le cellule resistenti, e i corrispettivi farmaci già in commercio. Alla fine, FLT3 è risultato essere il migliore candidato insieme alla midostaurina, un medicinale che è già in uso per pazienti con un altro tipo di tumore del sangue, la leucemia mieloide acuta. Sia in modelli cellulari di laboratorio, sia in cellule staminali leucemiche provenienti da pazienti con leucemia mieloide cronica, il farmaco ha contrastato la crescita delle cellule resistenti.

Secondo questi risultati, la midostaurina potrebbe essere somministrata dopo la terapia di riferimento dai pazienti che non rispondono o coloro che sviluppano resistenza in modo indipendente dal difetto genetico BCR::ABL sul cromosoma Philadelphia. Tuttavia, seppur promettenti, questi dati dovranno essere validati su un numero più ampio di modelli e animali di laboratorio, e anche su pazienti. Con tali studi, a partire dalla mappa tracciata oltre alla midostaurina si potrebbero individuare altri possibili candidati per trattare questa patologia.

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/