Ultimo aggiornamento: 21 novembre 2018
Ogni tumore ha mutazioni genetiche in grado di attivare la risposta del sistema immunitario contro le cellule tumorali. Riconoscerle è il primo passo nella messa a punto di vaccini contro il cancro.
Titolo originale dell'articolo: T cell neoepitope discovery in colorectal cancer by high throughput profiling of somatic mutations in expressed genes
Titolo della rivista: Gut
Data di pubblicazione originale: 17 dicembre 2015
Prelevare un campione di tessuto tumorale, sequenziarne il DNA identificando le mutazioni genetiche caratteristiche della neoplasia e comprendere quali di esse siano in grado di stimolare la risposta immunitaria del paziente utilizzando come "tester" i linfociti dello stesso malato.
Sono questi i tre passaggi chiave che potrebbero accorciare i tempi necessari a ottenere vaccini personalizzati contro il cancro, capaci di istruire il sistema immunitario a riconoscere e aggredire le cellule tumorali.
A descrivere l'approccio e verificarne l'efficacia è stato un gruppo di ricercatori coordinati da Paolo Dellabona, a capo della Divisione di immunologia, trapianti e malattie infettive dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, in uno studio sostenuto da AIRC, i cui risultati sono pubblicati sulla rivista Gut. "L'antefatto di questa ricerca - racconta Dellabona - risale agli anni Ottanta del secolo scorso, quando un gruppo di ricercatori tra cui Giorgio Parmiani aveva scoperto una caratteristica importante della risposta immunitaria contro il tumore: le risposte più forti sono quelle dirette contro antigeni tipici di un singolo tumore e non contro quelli condivisi con altri tipi tumorali. Il passo successivo fu capire che questi antigeni unici erano derivati da mutazioni puntiformi che producevano proteine completamente diverse da quelle normali".
Nonostante l'importanza della scoperta, a lungo non è stato possibile trasferire queste conoscenze nella pratica clinica, soprattutto a causa dell'impossibilità di sequenziare in modo economico e veloce il DNA tumorale. I progressi tecnologici raggiunti negli ultimi anni hanno ora consentito di superare questo limite e oggi disponiamo della carta d'identità genetica di molti tumori; inoltre è diventato più agevole identificare le mutazioni genetiche acquisite dalle cellule tumorali in ogni singolo paziente. "Abbiamo applicato il nostro modello al carcinoma del colon retto", spiega Dellabona. "Ma quella realizzata è una piattaforma metodologica universale che consente di identificare in modo preciso, sistematico e veloce tutte le mutazioni riconosciute dal sistema immunitario presenti in un qualunque tumore".
Una volta ottenute queste informazioni, sono due le possibili applicazioni cliniche: "la prima è la produzione di vaccini personalizzati. Questi preparati, magari somministrati in combinazione con farmaci già esistenti (per esempio i cosiddetti immuno-oncologici o i chemioterapici), possono indurre una risposta immunitaria contro le cellule tumorali o potenziare tale risposta nei pazienti che già fossero in grado di produrla spontaneamente", dice ancora il ricercatore. "Un'altra possibile applicazione è la messa a punto di test diagnostici in grado di predire la risposta alle terapie e in tal modo indirizzare nella scelta del miglior trattamento disponibile".
Antonino Michienzi