Ultimo aggiornamento: 24 agosto 2018
Lo studio di un gruppo di ricercatori romani ha svelato alcuni meccanismi messi in atto dalla proteina p53, che potrebbero costituire un nuovo bersaglio per terapie mirate.
Titolo originale dell'articolo: MicroRNA-128-2 targets the transcriptional repressor E2F5 enhancing mutant p53 gain of function
Titolo della rivista: Cell Death and Differentiation
Data di pubblicazione originale: 1 dicembre 2011
Il gene p53 è uno dei principali oncosoppressori, e cioè uno di quei geni che proteggono la cellula dall'accumulo di mutazioni potenzialmente cancerose: in condizioni di stress cellulare, la proteina p53 porta la cellula ad autodistruggersi o comunque ne arresta la crescita, prevenendo così la replicazione di DNA danneggiato e la moltiplicazione delle cellule alterate.
Nel 50 per cento dei tumori umani sono presenti forme mutate del gene p53: queste proteine rendono il tumore più resistente alle terapie e ne favoriscono la crescita, promuovendo l'instabilità genomica e lo sviluppo di metastasi.
Una recente ricerca, frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori dell'Istituto Regina Elena guidati da Giovanni Blandino e dell'Università La Sapienza di Roma, ha identificato un particolare meccanismo alla base dell'attività di una forma mutata di p53 (chiamata p53His175), spesso presente in varie forme di tumori, incluso il tumore al polmone. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Cell Death and Differentiation e finanziato anche da AIRC, ha dimostrato che questa proteina induce la sintesi di un'altra molecola, il microRNA 128-2, in grado di rendere le cellule malate più resistenti ai farmaci.
In particolare, il microRNA 128-2 aumenta i livelli della proteina p21 all'interno della cellula: è proprio p21 che promuove la resistenza del tumore alle cure ostacolando la morte delle cellule tumorali provocata dalla chemioterapia. La scoperta apre la strada a nuove terapie mirate, che possano interferire con i meccanismi alterati dovuti alle mutazioni di p53.
Agenzia Zoe