Tumore della prostata: l’importanza del microambiente per la trasformazione in tumore neuroendocrino

Ultimo aggiornamento: 13 dicembre 2021

Tumore della prostata: l’importanza del microambiente per la trasformazione in tumore neuroendocrino

Titolo originale dell'articolo: Castration-Induced Downregulation of SPARC in Stromal Cells Drives Neuroendocrine Differentiation of Prostate Cancer

Titolo della rivista: Cancer Research

Data di pubblicazione originale: 15 agosto 2021

È stato scoperto che il tumore avanzato della prostata diventa resistente ad alcune terapie ormonali di ultima generazione in seguito allo stress indotto dai farmaci. L’insorgere della resistenza è mediata anche dall’interazione del tumore con il proprio microambiente. Il meccanismo individuato potrebbe rappresentare un nuovo bersaglio terapeutico.

Le terapie con farmaci antiandrogeni costituiscono uno dei trattamenti più d’avanguardia per i tumori della prostata metastatici resistenti alle terapie ormonali convenzionali. Nel 20-25 per cento dei pazienti, però, il tumore diventa resistente anche a queste terapie innovative e acquisisce caratteristiche che lo rendono più aggressivo. Si parla in questo caso di tumori neuroendocrini, perché formati da cellule che acquisiscono peculiarità proprie sia delle cellule endocrine (quelle che producono ormoni) sia delle cellule nervose.

Capire quali sono i meccanismi molecolari alla base di queste modifiche cellulari è fondamentale per sviluppare strategie terapeutiche mirate. Risultati positivi in questo senso sono da poco emersi da uno studio coordinato da Elena Jachetti, ricercatrice nella Struttura di immunologia molecolare dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, diretta da Mario Paolo Colombo. I risultati, ottenuti anche grazie al contributo sostanziale di Fondazione AIRC e pubblicati sulla rivista Cancer Research, mettono in luce il ruolo decisivo delle cellule sane che circondano quelle tumorali nell’evoluzione del tumore stesso in senso neuroendocrino.

“Parliamo di fibroblasti, cellule coinvolte nella produzione della matrice extracellulare, la componente non cellulare dei tessuti” spiega Jachetti. “Lavorando sia con colture di cellule sia con animali di laboratorio, abbiamo osservato una cascata di eventi molecolari che, in seguito allo stress indotto dalle terapie ormonali sulle cellule del tumore, porta al differenziamento neuroendocrino.” In breve: lo stress induce le cellule tumorali a produrre una proteina che a sua volta stimola la produzione di una piccola molecola di RNA con funzione regolatoria. Questa molecola esce dalle cellule tumorali e raggiunge i fibroblasti, dove innesca altri eventi che portano al rilascio nel microambiente di una molecola responsabile della trasformazione neuroendocrina. Grazie a una collaborazione con Giuseppe Renne dell’Istituto oncologico europeo di Milano e con Claudio Tripodo dell’Università di Palermo, gli stessi cambiamenti nei livelli di queste molecole sono stati osservati anche in campioni tumorali di pazienti, prima e dopo il trattamento ormonale.

“Significa che le cellule del tumore avanzato della prostata non diventano autonomamente resistenti alle terapie anti-androgeniche. Perché questo accada è necessario il coinvolgimento delle cellule del microambiente circostante” sottolinea la ricercatrice. Di conseguenza, si può pensare di individuare nuovi marcatori diagnostici o bersagli terapeutici nell’ambito del microambiente stesso. In effetti, Jachetti e colleghi hanno già dimostrato, nelle cellule in coltura e nei topi di laboratorio, che bloccando una delle molecole coinvolte nella cascata di eventi descritti è possibile impedire il differenziamento neuroendocrino. La strada verso una nuova, promettente, linea di ricerca è aperta.

  • Valentina Murelli