Ultimo aggiornamento: 24 settembre 2020
Titolo originale dell'articolo: Differential Benefit of Adjuvant Docetaxel-Based Chemotherapy in Patients With Early Breast Cancer According to Baseline Body Mass Index
Titolo della rivista: Journal of Clinical Oncology
Data di pubblicazione originale: 2 luglio 2020
Lo dicono i risultati di uno studio internazionale, aprendo alla prospettiva di terapie personalizzate non solo in base alle caratteristiche genetiche del tumore e del paziente, ma anche al peso corporeo.
Sovrappeso e obesità aumentano il rischio sia di ammalarsi sia di andare incontro a recidive: sono fatti noti per molti tipi di tumore, incluso il cancro del seno. I risultati pubblicati sul Journal of Clinical Oncology di uno studio condotto da un gruppo di ricerca internazionale approfondiscono ora il ruolo che sovrappeso e obesità hanno anche nel modulare la risposta delle pazienti con tumore del seno alla chemioterapia, in particolare con docetaxel.
“Da anni ci occupiamo del ruolo dell'adiposità nell'insorgenza ed evoluzione del tumore del seno” spiega Elia Biganzoli dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano, tra i coordinatori della ricerca con Christine Desmedt dell'Università Cattolica di Lovanio, in Belgio. “Questa volta abbiamo valutato la risposta alle terapie, analizzando i risultati di un vasto studio clinico iniziato una ventina d'anni fa, che confrontava il trattamento di pazienti con tumore del seno con due combinazioni di chemioterapici: una contenente docetaxel, appartenente alla famiglia dei taxani e tra i chemioterapici più utilizzati, e una senza.”
L'analisi statistica dei dati relativi alle recidive e ai decessi ha evidenziato che le pazienti sovrappeso e obese (con indice di massa corporea superiore a 25 chilogrammi per metro quadrato) sottoposte a terapia con docetaxel hanno avuto esiti peggiori rispetto alle pazienti di peso nella norma. Una differenza che non si è osservata in quelle sottoposte a chemioterapia senza docetaxel. “La nostra ipotesi è che questo dipenda dalle caratteristiche biochimiche del farmaco, che è lipofilo, per cui il grasso corporeo potrebbe intrappolarne una parte prima che arrivi al tumore” afferma Biganzoli, che è anche professore di statistica all'Università di Milano e da tempo lavora con il sostegno di Fondazione AIRC. È appunto un'ipotesi ma, se confermata, lo stesso effetto negativo potrebbe verificarsi anche nelle pazienti trattate con altri taxani, sia per il tumore del seno sia per altri tumori.
“Ecco perché in prospettiva l'ipotesi è di personalizzare la terapia non solo in base alle caratteristiche genetiche del tumore e della singola paziente, ma anche in base al suo indice di massa corporea, ed eventualmente ad altre caratteristiche metaboliche e fisiologiche” spiega Biganzoli, che ci tiene però a rassicurare: “Al momento ogni paziente viene trattata al meglio delle conoscenze disponibili”. Per concludere, inoltre, il professore sottolinea che il risultato ottenuto illustra il ruolo attivo che ogni paziente può avere non solo nella prevenzione, ma anche nel proprio iter terapeutico, attraverso il controllo del peso, da raggiungere con una sana alimentazione e un'adeguata attività fisica.
Valentina Murelli