PTX3: la molecola che toglie benzina al tumore

Ultimo aggiornamento: 23 agosto 2018

La folle corsa del cancro si può fermare anche agendo su meccanismi esterni alla cellula tumorale. Un gruppo di ricercatori dell'Istituto Clinico Humanitas di Milano, guidato da Alberto Mantovani, chiude il cerchio di una ricerca iniziata vent'anni fa, a

Titolo originale dell'articolo: PTX3 Is an Extrinsic Oncosuppressor Regulating Complement-Dependent Inflammation in Cancer

Titolo della rivista: Cell

Data di pubblicazione originale: 1 febbraio 2015

Se si pensa al cancro come a un'auto, si può dire che la sua corsa dipende dall'equilibrio tra l'azione di oncogeni che spingono sull'acceleratore, facendo proliferare in maniera eccessiva le cellule, e da oncosoppressori, che schiacciano sul freno. La metafora permette anche di capire che c'è anche un modo per fermare la macchina, senza essere al posto di guida: farle trovare tutti i distributori chiusi. La sregolata proliferazione cellulare da cui dipende la formazione dei tumori è infatti alimentata da uno stato infiammatorio nell'ambiente circostante, che in parte precede l'insorgenza della malattia e in parte può essere favorito dal tumore stesso. Lo scopo, per il tumore, è creare un ambiente favorevole al proprio sviluppo.

Lo studio pubblicato su Cell  da Alberto Mantovani, docente di Humanitas University e direttore scientifico dell'Istituto Clinico Humanitas di Milano, spiega come è possibile togliere benzina al tumore tramite una molecola, la pentrassina, in sigla PTX3, che il ricercatore italiano ha scoperto vent'anni fa: "Grazie al Programma di oncologia clinica molecolare, finanziato da AIRC grazie al 5 per mille, abbiamo scoperto che il ruolo di PTX3 è fondamentale per impedire lo sviluppo dei tumori" spiega Mantovani. "Quando PTX3 viene a mancare, il tumore è libero di reclutare cellule del sistema immunitario, i macrofagi, che come benzinai riforniscono il tumore, favorendone la crescita e l'instabilità genetica".

Nell'ambito dello stesso programma di ricerca, nel gennaio 2014, un gruppo collaborativo di cui faceva parte Mantovani aveva dimostrato sul New England Journal of Medicine che questa stessa molecola è fondamentale per proteggere i pazienti immunodepressi, in particolare quelli che si sono sottoposti a un trapianto di midollo, dall'aspergillosi. Si tratta di un'infezione da funghi molto grave, che in questi fragili pazienti è particolarmente temibile.

"Si stava quindi già studiando questa molecola per poterne sviluppare un farmaco" conclude Mantovani. "Alla luce della nuova scoperta, la sperimentazione nei pazienti acquista ancora più importanza, non solo per proteggerli dalle complicazioni, ma per favorirne la cura".

  • Agenzia Zadig