Neuroblastoma: l’importanza del DNA non codificante

Ultimo aggiornamento: 21 marzo 2022

Neuroblastoma: l’importanza del DNA non codificante

Titolo originale dell'articolo: Somatic mutations enriched in cis-regulatory elements affect genes involved in embryonic develop-ment and immune system response in neuroblastoma

Titolo della rivista: Cancer Research

Data di pubblicazione originale: 31 gennaio 2022

Identificate nella porzione non codificante del genoma tumorale alcune regioni in grado di influenzare geni chiave per lo sviluppo del cancro. Potrebbero rappresentare nuovi bersagli terapeutici e marcatori prognostici.

Fino a pochi anni fa veniva chiamata “DNA spazzatura” la porzione di genoma priva di geni, ovvero di istruzioni per produrre proteine. Si tratta di una porzione molto estesa, pari al 99 per cento circa del genoma umano. Ora, però, sappiamo che essa contiene regioni molto importanti per la regolazione e il funzionamento dei geni stessi. Mutazioni in queste regioni possono avere conseguenze deleterie per l’organismo, come suggeriscono anche i risultati di uno studio condotto sul neuroblastoma, uno dei tumori più frequenti in età pediatrica, dal gruppo di Mario Capasso del CEINGE – Università di Napoli Federico II.

“Ci siamo concentrati in particolare sugli intensificatori o, in inglese, enhancer” spiega Capasso. “Sono regioni di DNA non codificante che intensificano l’espressione dei geni, cioè la loro conversione nelle proteine corrispondenti. Potremmo paragonarli alla manopola del volume di una radio, che permette di alzare il volume della musica, come gli intensificatori permettono di aumentare la quantità di proteine prodotte.” Come primo passo, i ricercatori hanno sequenziato il genoma di 25 linee cellulari di neuroblastoma, identificando i principali intensificatori presenti in tutte le linee (circa un migliaio). Il secondo passo è stato sequenziare gli intensificatori identificati in oltre 150 campioni di neuroblastoma ottenuti da pazienti: “Ne abbiamo individuati una decina che mostravano più mutazioni rispetto ad altre parti del genoma. Infine, grazie a una particolare tecnica di sequenziamento che permette di mappare tutte le possibili interazioni del genoma, abbiamo individuato i geni controllati dagli intensificatori mutati. Si tratta di tre geni già noti proprio per il loro coinvolgimento nello sviluppo del neuroblastoma”.

L’associazione è stata confermata grazie allo sviluppo, in laboratorio, di linee cellulari geneticamente modificate, nelle quali i ricercatori hanno inserito in modo mirato le mutazioni individuate negli intensificatori. “Abbiamo così osservato che la presenza delle mutazioni induce un cambiamento nell’espressione dei tre geni descritti: una prova molto solida dell’influenza di questi intensificatori su geni chiave dello sviluppo tumorale, che li rende possibili bersagli per nuove terapie.” Il confronto tra dati genetici e dati clinici di un gruppo di pazienti ha inoltre mostrato che i bambini con queste mutazioni hanno una prognosi più sfavorevole: un’informazione che, se confermata in un campione più esteso, potrebbe essere utilizzata per indirizzare meglio i pazienti alle terapie disponibili.

I risultati, pubblicati sulla rivista Cancer Research, sono stati ottenuti grazie al sostegno pluriennale di Fondazione AIRC agli studi di Capasso sul DNA non codificante.

  • Valentina Murelli