Neoplasie mieloidi, verso una semplice analisi genetica per la diagnosi precoce

Ultimo aggiornamento: 21 novembre 2018

Neoplasie mieloidi, verso una semplice analisi genetica per la diagnosi precoce

In persone con carenza di cellule del sangue la ricerca di mutazioni in geni specifici può aiutare a individuare precocemente un'eventuale neoplasia mieloide o segnalare un aumento del rischio di svilupparla.

Titolo originale dell'articolo: Clinical significance of somatic mutation in unexplained blood cytopenia

Titolo della rivista: Blood

Data di pubblicazione originale: 19 marzo 2017

La diagnosi precoce, importante per la cura di molte malattie tumorali, conta anche per le neoplasie mieloidi, un gruppo di tumori del midollo osseo che comprende leucemie mieloidi acute e neoplasie mieloproliferative. Classificate come rare - anche se probabilmente più diffuse di quanto si pensi - sono più frequenti in età anziana. La buona notizia è che un test genetico potrebbe aiutare a diagnosticarle in fasi molto precoci, oltre a individuare pazienti a maggior rischio di svilupparle. A scoprirlo, grazie a un lavoro interamente sostenuto da AIRC, è stato il gruppo di ricerca dell'ematologo Luca Malcovati del Policlinico San Matteo di Pavia.

Al centro dello studio, i cui risultati sono stati pubblicati su Blood, c'è una particolare condizione clinica: la citopenia, cioè la riduzione dei valori di un determinato gruppo di cellule del sangue, che possono essere i globuli rossi (anemia), le piastrine, i globuli bianchi. "Da una parte ̶ spiega Malcovati ̶ sappiamo che spesso la prima manifestazione clinica di una neoplasia mieloide è proprio una citopenia. Dall'altra, sappiamo che talvolta, nelle persone anzianepossono verificarsi citopenie di cui non si riesce a capire subito la causa ma che, con il progredire delle indagini, risultano causate proprio da un tumore".

Lavorando con quasi 900 pazienti con citopenia non spiegata, Malcovati e colleghi hanno cercato di capire se potesse esistere un modo diretto per collegare questa condizione a un eventuale tumore o al rischio di svilupparlo. Per ciascun paziente hanno quindi analizzato la sequenza di circa 40 geni già noti per il loro coinvolgimento nell'insorgenza di neoplasie mieloidi, alla ricerca di eventuali mutazioni. "Abbiamo osservato una correlazione tra alcuni profili di mutazione e la presenza di una forma precoce di malattia, o di un significativo aumento del rischio di svilupparla nei cinque anni successivi" afferma il ricercatore.

L'idea è che quest'analisi genetica possa aiutare a indirizzare meglio i pazienti con citopenia non spiegata, o verso ulteriori approfondimenti diagnostici o verso eventuali programmi di monitoraggio periodico. Ma potrebbe anche essere il primo passo per sviluppare un vero e proprio test diagnostico non invasivo per neoplasie mieloidi, la cui diagnosi certa oggi prevede una biopsia osteomidollare, decisamente invasiva. "Per questo però ̶ sottolinea Malcovati ̶ occorre proseguire con la ricerca e raccogliere ulteriori elementi".

  • Valentina Murelli