Nanoparticelle d'oro per cuocere i tumori

Ultimo aggiornamento: 17 maggio 2019

Titolo originale dell'articolo: Photothermal effect by NIR-responsive excretable ultrasmall-in-nano architectures

Titolo della rivista: Materials Horizon

Data di pubblicazione originale: 8 marzo 2019

Ricercatori del centro pisano dell'Istituto italiano di tecnologia hanno messo a punto particolari capsule nanometriche ripiene di particelle d'oro che stanno dando risultati incoraggianti in esperimenti con cellule e animali di laboratorio.

Nanoparticelle di metalli come l'oro sembrano uno strumento promettente nella lotta contro i tumori, in virtù di proprietà che derivano dalle loro dimensioni nanometriche (nell'ordine cioè del milionesimo di millimetro). In pratica, però, un eventuale utilizzo clinico di queste particelle si scontra con vari limiti, tra i quali la tendenza ad accumularsi nell'organismo. Ora, però, un nuovo tipo di nanostrutture messo a punto dall'équipe di Valerio Voliani, del Center for Nanotechnology Innovation dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Pisa, potrebbe esercitare un effetto antitumorale superando tali limiti. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Materials Horizons.

“Come spesso accade nella scienza tutto è cominciato un po' per caso, a partire dagli scarti di una reazione alla quale stavo lavorando” ricorda Voliani. Da quegli scarti, il ricercatore ha ottenuto nanoparticelle uniche, costituite da un involucro di vetro ripieno di particelle d'oro ultrapiccole. “Le ho chiamate frutti della passione, sia perché la loro struttura ricorda quella del frutto, sia per celebrare la passione per la scienza che muove i ricercatori”. In un primo momento Voliani e collaboratori hanno verificato l’efficacia antitumorale in esperimenti condotti in aggregati di cellule tumorali cresciute in laboratorio in tre dimensioni. Inoltre, in collaborazione con la In Vivo Pharmacology Facility coordinata da Rosalia Bertorelli all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, il gruppo di Voliani ha dimostrato che le nanoparticelle, dopo essere state iniettate in un organismo animale, sono eliminate attraverso feci e urine, senza il rischio di accumuli potenzialmente tossici.

Ora il nuovo studio mostra un'altra importante proprietà di queste particelle “frutti della passione”: esposte a una comune luce laser come quelle usate per la depilazione, esse si riscaldano, generando un calore che attraverso la degradazione delle proteine può “cuocere” le proteine presenti nelle cellule tumorali come uova al tegamino. “E lo fanno in modo molto specifico, perché come altre nanoparticelle hanno la particolarità di accumularsi in modo spontaneo nelle cellule di diversi tipi di cancro, tanto che le studiamo anche come veicolo per il trasporto mirato di farmaci antitumorali” aggiunge Voliani, che su questo tema ha lavorato con il sostegno fondamentale di un My First AIRC Grant (MFAG). Tecnicamente si parla di effetto foto-termico: “Per ora lo abbiamo dimostrato negli aggregati tridimensionali di cellule tumorali che abbiamo messo a punto per ridurre il ricorso ad animali di laboratorio”. Il risultato apre la strada alla prospettiva di una sperimentazione clinica, che richiederà tuttavia ancora molto lavoro.

  • Valentina Murelli