miRNA in clinica: la ricerca accademica che crea e produce

Ultimo aggiornamento: 13 luglio 2023

miRNA in clinica: la ricerca accademica che crea e produce

Titolo originale dell'articolo: Safety and activity of the first-in-class locked nucleic acid (LNA) miR-221 selective inhibitor in refractory advanced cancer patients: a first-in-human, phase 1, open-label, dose-escalation study

Titolo della rivista: Journal of Hematology & Oncology

Data di pubblicazione originale: 26 giugno 2023

Un progetto targato AIRC ha permesso di seguire ogni passaggio della produzione di un farmaco antitumorale, dalla sua ideazione allo studio di fase 1 su pazienti. La storia dell’inibitore miR-221, messo a punto dal gruppo di ricerca di Pierfrancesco Tassone sa di rivincita e speranza per tutti i ricercatori accademici

“Ragazzi si può fare! Anche in Italia, in una giovane Università della Calabria, si può progettare un farmaco antitumorale e portarlo ai pazienti in uno studio clinico di fase 1. E lo si può fare con la ricerca indipendente, senza avere una grande azienda farmaceutica alle spalle” afferma Pierfrancesco Tassone, professore di oncologia medica all’Università Magna Græcia di Catanzaro: “Dietro questo grande risultato c’è soltanto AIRC, con i fondi del programma speciale 5 per mille di oncologia molecolare clinica.” Questo programma ha preso forma grazie alla collaborazione tra l’Università e l’Azienda ospedaliera universitaria, oggi denominata Renato Dulbecco, e al supporto di una rete di collaborazioni internazionali. Ma soprattutto è stato fondamentale l’aiuto del collega Pierosandro Tagliaferri e il lavoro di squadra del gruppo multidisciplinare di Pierfrancesco Tassone, composto da giovani medici, ricercatori di diversa estrazione e infermieri. Per arrivare alla produzione di un farmaco, tutti loro si sono dovuti reinventare, lavorando un po’ come accademici, un po’ come industriali: “Questo perché di solito la ricerca accademica si ferma alla valutazione preclinica su cellule in coltura e animali di laboratorio, ovvero molto prima della fase di produzione e sperimentazione di un farmaco nei pazienti”.

Il programma di ricerca è partito nel 2011 da un’idea: sviluppare una terapia antitumorale correggendo l’attività di alcuni miRNA, piccole molecole che regolano il funzionamento del DNA. Nelle cellule tumorali possono essere prodotti in eccesso o in difetto, favorendo la progressione del cancro. “Siamo partiti da un pugno di miRNA, per poi concentrarci sul miR-221. Dopo diversi esperimenti abbiamo osservato che questo miRNA è prodotto in eccesso in diversi tipi di tumore, e che la sua inibizione aveva un effetto antitumorale sia in animali di laboratorio sia in esseri umani. Arrivati a questo punto volevamo produrre qualcosa di più concreto: un inibitore di miR-221 da somministrare ai pazienti.” Da questo momento il percorso è diventato ancora più tortuoso, perché il gruppo di Pierfrancesco Tassone si è dovuto confrontare con l’intricato mondo della produzione e regolamentazione dei farmaci, una realtà di solito estranea all’ambiente accademico. “Per produrre il farmaco ci siamo rivolti a un’azienda di Francoforte, che in quegli anni era l’unica al mondo in grado di produrlo. E poi ci siamo impegnati a ottenere l’approvazione da parte degli enti regolatori.”

I ricercatori hanno quindi collaborato con un laboratorio nel Nord della Francia per svolgere i test di tossico-cinetica, mentre hanno gestito da soli la parte burocratica: “Proprio perché si tratta di somministrare un medicinale per la prima volta a esseri umani, il controllo, lo studio e la certificazione di un nuovo farmaco sono processi estremamente complessi e richiedono di superare una serie durissima e rigidissima di fasi di verifica”. E, come sottolinea Pierfrancesco Tassone, “nelle aziende farmaceutiche ci sono interi reparti dedicati a ogni singolo procedimento, mentre noi abbiamo dovuto imparare sul campo”. Alla fine di anni di complicazioni e difficoltà, l’inibitore di miR-221 ha ricevuto l’approvazione da parte dell’Istituto superiore di sanità e dall’AIFA, i due enti regolatori italiani. Presso l’Azienda ospedaliera universitaria Renato Dulbecco è così iniziato lo studio di fase 1 in un piccolo gruppo di pazienti con diversi tipi di tumori in stadio avanzato, che non rispondevano più ai trattamenti convenzionali. Si tratta di un passaggio cruciale per valutare la sicurezza di un farmaco e definirne la massima dose tollerabile.

Per la prima volta a livello internazionale in questo studio abbiamo sperimentato una terapia con inibitori di miRNA in pazienti oncologici, mostrando che l’inibitore di miR-221 ha un adeguato livello di sicurezza e possiede attività biologica contro il tumore.” La terapia ha quindi superato la prima fase degli studi clinici e i risultati sono stati pubblicati sul Journal of Hematology & Oncology. Oltre a essere promettente in sé, questo studio potrebbe generare interesse nell’ambito della comunità scientifica internazionale per lo sviluppo di cure oncologiche basate proprio sui miRNA. “Si apre una nuova strada di approcci terapeutici” afferma Pierfrancesco Tassone. Tuttavia, per quanto riguarda il suo programma di ricerca, tutti questi sforzi potrebbero non bastare. Prima che il farmaco possa diventare disponibile nella pratica clinica occorre condurre studi clinici di fase 2 e 3, che valutano la terapia in gruppi più grandi di pazienti oncologici, sia dal punto di vista della sicurezza sia dell’efficacia, e sono molto più costosi. “Io e il mio gruppo di ricerca abbiamo fatto tutto il possibile, ma non potremo andare oltre se non subentreranno importanti investimenti finalizzati.”

Più ancora dei risultati, Pierfrancesco Tassone è soddisfatto di aver portato a termine una ricerca che all’inizio sembrava impossibile: “È stato un percorso bellissimo, anche se ha comportato qualche capello bianco in più” dice ridendo. “Quando ci siamo imbarcati in questo programma non avevamo idea delle difficoltà che avrebbe comportato. Per noi è stata una scommessa: volevamo dimostrare ad AIRC di meritare la fiducia dei donatori e che in Italia e al Sud si può produrre un farmaco con le sole forze della ricerca accademica indipendente.”

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/