Malattie mieloproliferative: c’è lo zampino di un altro gene

Ultimo aggiornamento: 24 agosto 2018

Due importanti gruppi di ricerca finanziati da AIRC hanno identificato un nuovo marcatore per la diagnosi e la prognosi di alcune forme di trombocitemia e mielofibrosi, oltre che un futuro possibile bersaglio per terapie mirate innovative.

Titolo originale dell'articolo: Somatic CALR Mutations in Myeloproliferative Neoplasms with Nonmutated JAK2

Titolo della rivista: The New England Journal of Medicine

Data di pubblicazione originale: 1 dicembre 2013

Grazie ai fondi raccolti con il 5 per mille devoluto ad AIRC, si aprono nuove prospettive per la cura delle malattie mieloproliferative, una famiglia di tumori del sangue che comprende forme diverse tra cui la policitemia vera, la trombocitemia essenziale e la mielofibrosi primaria.

Nella maggior parte dei pazienti la mutazione responsabile della malattia è a carico di un gene chiamato JAK2, ma in alcuni malati questo marcatore molecolare non si trova. Ciò rende più difficile la diagnosi einoltre non permette di risalire al meccanismo molecolare alla base della malattia, in vista di una possibile terapia mirata. "Abbiamo provato a verificare se nelle cellule di queste persone era mutato un altro gene, chiamato CALR, che codifica per una proteina detta calreticulina" racconta Alessandro Vannucchi, responsabile di uno dei programmi speciali di oncologia clinica molecolare di AIRC, che ha firmato in collaborazione con colleghi dell'Università di Cambridge uno dei due lavori pubblicati congiuntamente sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine. "Abbiamo esaminato i campioni di circa 150 pazienti con malattie mieloproliferative, di quasi 1.350 con varie forme di leucemia e di oltre 1.550 con altri tipi di tumori solidi. Abbiamo poi condotto le stesse analisi, per controllo, in 550 persone sane, senza diagnosi di cancro". Nella maggior parte dei pazienti affetti da trombocitemia e mielofibrosi il gene della calreticulina era mutato, mentre non si riscontravano anomalie in JAK2, il gene tipicamente alterato in queste malattie.

A risultati identici è pervenuto anche Mario Cazzola, responsabile del reparto di ematologia presso l'Ospedale San Matteo di Pavia e al lavoro nello stesso programma speciale di oncologia molecolare. In collaborazione con colleghi dell'Accademia delle scienze di Vienna, Cazzola ha infatti pubblicato sulla stessa rivista un altro lavoro che conferma lo studio di Vannucchi.

"Le mutazioni del gene per la calreticulina si sono trovate solo occasionalmente in altre leucemie mieloidi, ma mai in altri tipi di tumore" aggiunge Vannucchi. "Questo fatto, insieme con la presenza di queste alterazioni già nelle prime fasi dello sviluppo delle cellule mieloidi del sangue, quando sono ancora a livello delle cellule staminali e progenitrici del midollo osseo, spinge a credere che queste alterazioni possano rappresentare la miccia iniziale che scatena la malattia".

E se l'attività della calreticulina è così cruciale per lo sviluppo di queste malattie mieloproliferative, intervenire su di essa con nuovi farmaci potrebbe aprire nuovi scenari terapeutici. "Ci stiamo lavorando" conclude Mario Cazzola "anche se ci vorrà del tempo prima di ottenere risultati da sperimentare nei pazienti". Un'immediata ricaduta pratica della ricerca però c'è già: anche nei pazienti nei quali è assente la mutazione di JAK2, la ricerca delle anomalie di CALR consentirà una diagnosi più precisa. Che potrà poi tradursi anche in una previsione più accurata della prognosi e in una scelta più avveduta delle terapie più adatte.

  • Agenzia Zadig