Ultimo aggiornamento: 24 agosto 2018
Una ricerca condotta tra Cagliari e Pittsburgh ha indagato i meccanismi con cui l'ormone tiroideo stimola la proliferazione delle cellule epatiche, aprendo prospettive per la cura dell'epatocarcinoma.
Titolo originale dell'articolo: Triiodothyronine induces hepatocyte proliferation by protein kinase A-dependent -catenin activation in rodents
Titolo della rivista: Hepatology
Data di pubblicazione originale: 1 ottobre 2013
A prima vista non è una ricerca puntata alla cura contro il cancro. Ma il lavoro condotto dal gruppo di Amedeo Columbano, dell'Università di Cagliari, in collaborazione con colleghi dell'Università di Pittsburgh, è stato sostenuto anche da AIRC perché potrebbe avere ricadute oncologiche importanti: da un lato studia la possibilità di stimolare le cellule del fegato a rigenerare il tessuto perduto nel corso di varie malattie epatiche, come la cirrosi: dall'altro chiarisce gli stessi meccanismi di proliferazione che, quando sfuggono al controllo, possono provocare tumori.
"Sapevamo che l'ormone tiroideo T3 ha una notevole capacità di stimolare la proliferazione delle cellule epatiche" spiega il ricercatore sardo, "ma finora non erano noti i meccanismi molecolari che mediavano questo effetto". Nel lavoro pubblicato su Hepatology, è stato dimostrato che una possibile spiegazione del fenomeno indotto dall'ormone tiroideo sta nella "beta-catenina", una proteina che si trova sulla superficie degli epatociti e di cui si conosceva già l'importanza ai fini della replicazione cellulare nel fegato. "Nei nostri esperimenti abbiamo verificato che nei modelli sperimentali privi di questa proteina, l'ormone tiroideo non stimolava la proliferazione cellulare, come invece fa nei modelli sperimentali "normali" prosegue Columbano.
Studiando i meccanismi molecolari mediati dalla beta-catenina, i ricercatori hanno anche individuato una sostanza capace di interrompere la proliferazione delle cellule del fegato, indotta dall'ormone, sia nelle colture cellulari sia nel modello animale.
Se quindi da un lato si può pensare di utilizzare questa via per favorire, in alcuni casi selezionati, la rigenerazione del tessuto epatico, dall'altro questa ricerca svela nuovi possibili bersagli per lo studio di approcci innovativi alla cura del carcinoma del fegato.
Agenzia Zadig