Ultimo aggiornamento: 24 agosto 2018
Personalizzare i trattamenti in relazione alle caratteristiche più o meno aggressive della malattia e ricorrere più che nel passato ai trapianti di midollo osseo ha migliorato gli esiti delle terapie anche nei bambini con le forme più gravi.
Titolo originale dell'articolo: Results of the AIEOP AML 2002/01 multicenter, prospective trial for treatment of children with acute myeloid leukemia
Titolo della rivista: Blood
Data di pubblicazione originale: 1 maggio 2013
Suddividere i piccoli pazienti leucemici in diverse classi di rischio, e trattarli in relazione a questa informazione, si è rivelata una scelta vincente dell'oncoematologia italiana. E il diffuso ricorso al trapianto di cellule staminali emopoietiche nei bambini con malattia ad alto rischio ha permesso di diminuire il divario della probabilità di sviluppare ricadute con quella di chi presentava leucemie meno aggressive. Sono questi i risultati ottenuti dai migliori centri italiani per lo studio delle leucemie infantili, consorziati da molti anni in una efficace rete di collaborazione sotto la sigla dell'AIEOP, Associazione italiana ematologia oncologia pediatrica.
Il gruppo, con l'importante sostegno di AIRC, ha pubblicato sulla rivista Blood i risultati derivanti dall'osservazione degli esiti delle cure di oltre 480 bambini con varie forme di leucemia mieloide acuta, esclusa quella promielocitica.
"I bambini sono stati trattati con protocolli terapeutici diversi in relazione al loro livello di rischio e il trapianto di cellule staminali emopoietiche è stato adottato in quelli giudicati a più alto rischio" precisa Franco Locatelli, responsabile dell'Unità operativa di oncoematologia all'ospedale Bambino Gesù di Roma, che ha coordinato il lavoro di 23 centri distribuiti lungo tutta la penisola. "La nostra strategia si è rivelata vincente: quasi nove piccoli pazienti su dieci sono andati incontro a una remissione completa e, di questi, in media, solo uno su quattro è andato poi incontro a una ricaduta".
L'esteso ricorso al trapianto di cellule staminali emopoietiche, provenienti da donatore od ottenute dal paziente stesso, ha consentito anche ai bambini che si erano presentati con situazioni più gravi di avere un'incidenza cumulativa di ricadute che si avvicina a quella dei bambini con iniziali caratteristiche prognostiche più favorevoli. La sopravvivenza a otto anni nel gruppo a rischio standard è stata superiore all'80%, ma anche nei bambini che si erano presentati con situazioni più gravi ha comunque raggiunto la percentuale del 64%. Questi risultati sono in linea o addirittura migliori di quelli riportati da altri gruppi cooperatori pediatrici internazionali.