La qualità della vita durante le terapie antitumorali

Ultimo aggiornamento: 21 settembre 2023

La qualità della vita durante le terapie antitumorali

Titolo originale dell'articolo: Analysis of phase III clinical trials in metastatic NSCLC to assess the correlation between QoL results and survival outcomes

Titolo della rivista: BMC Medicine

Data di pubblicazione originale: 3 luglio 2023

Nei pazienti con tumore del polmone trattati con terapie a bersaglio molecolare, il miglioramento della qualità di vita può predire il prolungarsi della sopravvivenza.

La qualità della vita di chi ha un tumore può essere compromessa sia dalle conseguenze fisiche e psicologiche della malattia sia dagli effetti collaterali delle terapie. Quando succede, persino le probabilità di sopravvivenza possono ridursi. La validità di un trattamento antitumorale dipende quindi non soltanto dalla sua efficacia nel contrastare la neoplasia, ma anche da quanto incide sulla qualità della vita dei pazienti. Per questo motivo, il gruppo di ricerca coordinato da Roberto Bianco e Luigi Formisano dell’Università degli studi Federico II di Napoli ha deciso di studiare come le nuove terapie sviluppate negli ultimi anni per il tumore al polmone influiscano sulla qualità di vita dei pazienti. In particolare, il gruppo si è focalizzato sul cancro al polmone non a piccole cellule, il tipo di tumore più frequente tra quelli che colpiscono quest’organo e i cui sintomi più comuni sono difficoltà respiratorie, tosse, dolore e fiato corto. Con il progredire della malattia e a causa degli effetti collaterali delle terapie, questi possono peggiorare provocando malnutrizione, ansia e depressione. I risultati dello studio sostenuto da AIRC sono stati pubblicati sulla rivista BMC Medicine.

I ricercatori hanno deciso di analizzare e confrontare le conseguenze sulla qualità della vita delle terapie per questo tipo di tumore. Nello specifico, sono state prese in considerazione le cure testate in sperimentazioni cliniche di fase 3 per la malattia in fase metastatica. Questo significa che i trattamenti individuati avevano già superato le precedenti fasi di sperimentazioni in cui erano stati valutati la sicurezza, l’efficacia e gli effetti collaterali in gruppi di centinaia e poi migliaia di pazienti. Superata la terza fase i farmaci possono essere approvati dagli enti regolatori, come l’European Medicines Agency (EMA) in Europa, ed entrare quindi nella pratica clinica. Dopo un attento processo di selezione, i ricercatori hanno identificato 81 sperimentazioni cliniche in fase 3 condotte dal 2012 al 2021, che riportavano i dati relativi sia all’impatto delle terapie sulla qualità della vita dei pazienti sia alla sopravvivenza.

Sul totale, nel 37 per cento delle sperimentazioni le terapie oggetto di studio hanno portato a un miglioramento della qualità di vita dei pazienti, rispetto ai malati che avevano ricevuto il trattamento standard, mentre nel 3,7 per cento si è assistito a un peggioramento. Nella maggior parte degli studi, poco meno del 60 per cento, non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa nella qualità della vita tra il trattamento sperimentale e quello standard. In seguito i ricercatori hanno cercato delle associazioni tra la qualità di vita dei pazienti in terapia e la loro sopravvivenza. Nel corso dello studio è emersa un’informazione rilevante: nei pazienti che ricevono le terapie a bersaglio molecolare, come gli inibitori di EGFR e ALK, il miglioramento della qualità di vita è associato a una più lunga sopravvivenza, rispetto alla chemioterapia e all’immunoterapia.

Le terapie a bersaglio molecolare si differenziano dagli approcci tradizionali di chemioterapia e radioterapia perché sono progettate per colpire in modo specifico molecole chiave per la crescita e la progressione tumorale. In questo modo la cura è più selettiva e diminuiscono gli effetti collaterali. Confrontare i parametri di sopravvivenza e qualità della vita di queste terapie in attesa di approvazione permette di indirizzare gli investimenti non solo verso le cure più efficaci nel contrastare il tumore, ma anche verso quelle meno invasive per la vita dei pazienti. Perché ciò sia possibile è però cruciale che tutte le sperimentazioni cliniche riportino queste informazioni. I risultati dello studio potranno infatti essere confermati soltanto dall’analisi di un numero più ampio di studi clinici di fase 3 per la cura del polmone non a singole cellule.

  • Camilla Fiz

    Scrive e svolge attività di ricerca nell’ambito della comunicazione della scienza. Proviene da una formazione in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi è PhD student in Science, Technology, Innovation and Media studies presso l’Università di Padova e collabora con diversi enti esterni. Il suo sito: https://camillafiz.wordpress.com/