Ultimo aggiornamento: 21 novembre 2018
Il trasferimento di tessuto tumorale umano in animali di laboratorio può consentire uno studio più affidabile delle modalità di sviluppo del tumore e altre informazioni utili sulla risposta ai trattamenti.
Titolo originale dell'articolo: Interrogating open issues in cancer precision medicine with patient-derived xenografts
Titolo della rivista: Nature Reviews Cancer
Data di pubblicazione originale: 20 gennaio 2017
Prelevare campioni di tessuto tumorale del paziente e trapiantarli sotto la cute di un animale di laboratorio, dove il cancro sopravvive conservando tutte le caratteristiche e può essere studiato in maniera affidabile. È la descrizione di uno xenotrapianto di un tumore a scopo di ricerca di base o clinica, una strategia che sta prendendo sempre più piede.
Un'analisi condotta da ricercatori afferenti all'EurOPDX Consortium e pubblicata su Nature Reviews Cancer fa il punto su questo approccio e sulla sua utilità soprattutto nell'ambito della medicina di precisione.
"Gran parte della ricerca sul cancro oggi si serve di linee cellulari recuperate da campioni di pazienti molti anni fa e rese immortali", spiega Livio Trusolino, dell'Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo (TO), che ha coordinato la redazione dell'articolo. "Si tratta di un sistema molto agevole ma che si scontra con un grande limite: queste linee cellulari sono molto lontane dal vero tumore, sia dal punto di vista genetico sia da quello del comportamento biologico", aggiunge Trusolino, la cui attività di ricerca è stata sostenuta da AIRC, in particolare con le donazioni del 5 per mille.
Lo xenotrapianto, per cui si utilizzano prevalentemente topi e ratti, può colmare questa lacuna. Può consentire, per esempio, di seguire l'evoluzione del tumore durante il suo sviluppo: ogni tumore è infatti costituito da diverse popolazioni cellulari che tendono a cambiare nel corso del tempo. Disporre di un modello di tumore simile a quello che si è sviluppato nell'uomo consente di conoscere questi cambiamenti e studiarli in un contesto più appropriato. Questo approccio può essere impiegato sia nella ricerca di base (per esempio per capire come un tumore abbandona la sede iniziale di insorgenza per infiltrare i tessuti circostanti e produrre infine metastasi a distanza), sia nella ricerca applicata. In questo caso la caratterizzazione genetica degli xenotrapianti permette di identificare mutazioni che rendono il tumore sensibile o resistente ai farmaci,non solo quelli attualmente in uso, ma anche quelli sperimentali di ultima generazione.
Inoltre sono allo studio tecniche finalizzate a trapiantare, oltre ai tessuti tumorali, anche il midollo osseo del paziente all'interno dell'organismo dell'animale di laboratorio, in modo da ricostituire tutte le cellule immunitarie. Ciò renderebbe possibile impiegare questa strategia anche nello studio dell'immunoterapia.
Antonino Michienzi