Ultimo aggiornamento: 9 settembre 2022
Titolo originale dell'articolo: A gene dosage-dependent effect unveils NBS1 as both a haploinsufficient tumour suppressor and an essential gene for SHH-medulloblastoma
Titolo della rivista: Neuropathology and Applied Neurobiology
Data di pubblicazione originale: 15 luglio 2022
È stato scoperto che in alcune forme di medulloblastoma la perdita parziale di una specifica proteina può favorire la progressione del tumore, mentre la perdita totale sembra contrastare la malattia.
Nuovi tasselli si aggiungono alla comprensione dei meccanismi che portano all’insorgenza di alcuni tumori neurologici, come certe forme di medulloblastoma. In uno studio condotto dal gruppo guidato da Giuseppe Giannini dell’Università La Sapienza di Roma, i ricercatori si sono concentrati sul ruolo di un complesso composto da tre proteine denominate MRE11, RAD50 and NBS1 (e abbreviate con la sigla MRN). Hanno così scoperto che differenze nel contenuto degli alleli dei geni di una di esse, NBS1, e quindi nei corrispondenti livelli di espressione, possono determinare se questo complesso proteico svolga un’azione pro- o antitumorale.
I risultati della ricerca, condotta con il sostegno di Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sulla rivista Neuropathology and Applied Neurobiology.
“Da diversi anni stiamo conducendo studi sul complesso MRN, che ha un ruolo importante nella riparazione dei danni al DNA dovuti allo stress replicativo. In particolare ci siamo concentrati su quei tumori dipendenti da MYCN, un oncogene noto per svolgere un ruolo importante nelle prime fasi della trasformazione tumorale delle cellule neuronali” spiega Giannini.
Negli esperimenti, condotti sia con cellule primarie di granuli cerebellari in coltura sia con animali di laboratorio, i ricercatori hanno valutato gli effetti della perdita parziale o totale della proteina NBS1 sulla progressione del medulloblastoma. E hanno scoperto che le ricadute sono diverse a seconda che i livelli di espressione genetica di NBS1 siano pieni, parziali o nulli.
“Siamo abituati a pensare che una perdita di funzione di un putativo gene oncosoppressore favorisca la tumorigenesi. Nel caso di NBS1 le cose sono più complesse” spiega Giannini. “Una perdita parziale della proteina ha in effetti un’azione pro-tumorigenica, sia per l’accumularsi di danni al DNA, come atteso, ma anche perché le cellule dei granuli cerebellari, da cui poi può derivare il medulloblastoma, acquisiscono una maggiore capacità di moltiplicarsi autonomamente. Inaspettatamente, però, quando la perdita di NBS1 è totale si ha invece un’azione anti-tumorale.”
La scoperta potrebbe fornire un nuovo punto di vista sul meccanismo di azione di questo complesso di proteine, secondo Giannini, che dirige il laboratorio di genetica molecolare del cancro del Dipartimento di medicina molecolare della Sapienza e il laboratorio di oncologia molecolare del Policlinico Umberto I di Roma. Oltre a influire sui già noti meccanismi di riparazione dei danni del DNA, è probabile infatti che queste proteine agiscano sulla cosiddetta via di segnalazione di Sonic Hedgehog, un complesso di reazioni molecolari le cui alterazioni sono alla base di uno dei quattro tipi noti di medulloblastoma. Quest’ipotesi è attualmente allo studio.
La ricerca potrebbe avere in futuro anche applicazioni terapeutiche. “Abbiamo osservato che colpire il complesso MRN nei tumori neuronali già sviluppati ha risvolti terapeutici importanti sia in cellule in coltura sia in animali di laboratorio.” Questo approccio si inserisce in un filone più ampio, che punta all’utilizzo di molecole che interferiscano con i meccanismi di riparazione del DNA delle cellule tumorali. Tali approcci stanno già avendo importanti applicazioni in altri tipi di tumore. “In altri esperimenti abbiamo utilizzato combinazioni di farmaci di questo tipo già in uso clinico, i cosiddetti inibitori di PARP e di CHK1, che si sono rivelati promettenti. Il nostro è tuttavia uno studio sperimentale che è ancora a livello preclinico. Ulteriori sperimentazioni saranno necessarie per verificare la validità di questo approccio negli esseri umani” aggiunge Giannini.
Antonino Michienzi