Ultimo aggiornamento: 27 novembre 2025

Titolo originale dell'articolo: CHEK2 Germline Variants in Early-Onset and Familial Myeloproliferative Neoplasms
Titolo della rivista: American Journal of Hematology
Data di pubblicazione originale: 1 settembre 2025
Secondo recenti risultati di ricercatori AIRC, lo sviluppo di alcuni tumori del sangue potrebbe essere favorito da una predisposizione ereditaria.
L’insorgenza di alcuni tumori del sangue potrebbe essere associata a una predisposizione ereditaria. Si tratta di un gruppo di neoplasie chiamate, in gergo medico, tumori mieloproliferativi Ph negativi. Tra questi si trovano, per esempio, la mielofibrosi primaria e la policitemia vera. Anche se la componente ereditaria non è ancora stata riconosciuta ufficialmente dall’Organizzazione mondiale della sanità, i risultati di uno studio pubblicati sull’American Journal of Hematology dimostrano che questa componente potrebbe esistere. Grazie al sostegno di Fondazione AIRC, il gruppo di ricerca coordinato da Elisa Rumi dell’Università degli studi di Pavia ha individuato il possibile ruolo di alcune mutazioni nel gene CHEK2 nella predisposizione a queste malattie.
Conoscere il ruolo della componente genetica ed ereditaria può aiutare ad agire in modo mirato in termini sia di prevenzione sia di terapia. In generale, circa il 5-10% del totale dei casi di cancro è associato a mutazioni ereditarie che contribuiscono all’insorgenza della malattia, in combinazione ad altri fattori, tra cui quelli legati alle abitudini quotidiane o all’ambiente in cui viviamo. Esempi di tali mutazioni sono le varianti geniche BRCA1 e 2 che, quando sono presenti, aumentano le probabilità di sviluppare il cancro al seno e alle ovaie. Ma per tumori più rari di quello di seno e ovaio, come i tumori mieloproliferativi Ph negativi, l’eventuale componente ereditaria è più difficile da dimostrare. Richiede infatti di individuare le mutazioni genetiche dei pazienti che predispongono alla patologia, tra le migliaia di caratteristiche molecolari presenti nelle loro cellule, e di risalire alle alterazioni in comune tra i familiari.
Nel corso degli anni, Rumi e colleghi si sono occupati di studiare il ruolo della predisposizione genetica nello sviluppo delle neoplasie mieloproliferative. Tutto è partito all’incirca nel 2007, quando hanno osservato che alcuni di questi tumori venivano classificati come sporadici, ovvero non ereditari, anche quando il paziente aveva almeno un parente con la stessa malattia. In quest’ultimo studio, in particolare, i ricercatori si sono focalizzati sui casi più a rischio. Hanno così coinvolto oltre 300 pazienti che avevano sviluppato la malattia prima dei 27 anni – molto prima dell’età media di 60 anni di insorgenza di questi tipi di tumori – o avevano avuto almeno un parente stretto con la stessa condizione clinica.
Partendo da un’indagine ad ampio raggio, il gruppo ha individuato alcune mutazioni genetiche che predispongono allo sviluppo di patologie. Tra queste, CHEK2 è stata riscontrata il maggior numero di volte, ovvero in 7 pazienti con una forma giovanile o familiare delle neoplasie mieloproliferative. Il numero di casi potrebbe sembrare piccolo, ma, data la rarità di queste malattie, può essere sufficiente per sospettare una relazione con il loro sviluppo e suggerire di condurre ulteriori studi. “Al momento sappiamo che CHEK2 è implicato nei meccanismi di riparazione del DNA. La perdita della sua funzione è associata all’aumento del rischio di sviluppare anche alcuni tumori solidi, come quelli della mammella e del colon” spiega Rumi. Invece, “il suo ruolo nello sviluppo delle neoplasie mieloproliferative è ancora da chiarire, ma alcune evidenze scientifiche mostrano che potrebbe favorirne l’insorgenza”.
Oltre a CHEK2, il gruppo di ricerca ha individuato altre alterazioni genetiche di cui non si conosce ancora l’effetto, oppure che sono note per essere responsabili dello sviluppo dei tumori mieloproliferativi, tra cui JAK2. Studiare come il gene CHEK2 agisce in sinergia con quest’ultimo gruppo di geni è il prossimo obiettivo di ricerca del gruppo di scienziati. I risultati di questo progetto potrebbero portare una prova in più a favore della predisposizione ereditaria delle neoplasie mieloproliferative.
Camilla Fiz