Ultimo aggiornamento: 21 aprile 2020
Titolo originale dell'articolo: Fibroblast Growth Factor 19 modulates intestinal microbiota and inflammation in presence of Farnesoid X Receptor
Titolo della rivista: EbioMedicine – The Lancet
Data di pubblicazione originale: 1 aprile 2020
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Bari coordinato da Antonio Moschetta ha pubblicato sulla rivista EbioMedicine - published by The Lancet, i risultati di uno studio sostenuto da Fondazione AIRC, sull’importante rilevanza dell’ormone FGF19 per il nostro intestino. “Abbiamo dimostrato" dice Antonio Moschetta "che il ruolo di FGF19 è fondamentale nella protezione dall’infiammazione intestinale. Questo ormone (la sigla sta per Fibroblast Growth Factor19) è stato identificato qualche anno fa dal nostro gruppo di ricerca in collaborazione con altri gruppi americani. FGF19 viene prodotto dall’intestino in seguito all’ingestione di nutrienti specifici e segnala la fine della digestione. Inoltre regola la produzione di bile e una serie di processi metabolici molto importanti, tra cui il metabolismo di grassi e zuccheri”.
I risultati appena pubblicati dimostrano che FGF19, attraverso l’invio di segnali volti a ridurre la produzione epatica di acidi biliari, innesca una serie di meccanismi che concorrono a combattere gli stimoli infiammatori. Questi meccanismi includono sia l’inibizione dei processi attivati dalle cellule immunitarie sia la vantaggiosa regolazione di un elemento chiave per la salute dell’intestino: il microbiota.
FGF19, attraverso un fittissimo scambio di segnali con il fegato, regola il mantenimento della sintesi dei sali biliari nell’intestino: alterazioni nella loro quantità e composizione sono spesso concausa di gravi patologie gastrointestinali, incluse le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (MICI), come per esempio il morbo di Crohn.
Spesso accade che pazienti affetti da MICI soffrano di diarrea. Per questo motivo, alla terapia anti-infiammatoria specifica per la patologia si associano farmaci che agiscono sequestrando i sali biliari oppure bloccando la via della loro produzione. Questa pubblicazione evidenzia che in pazienti affetti dalla malattia di Crohn si riscontrano livelli di FGF19 più bassi del normale.
Perché è importante questa scoperta? “È un passo avanti nella conoscenza dei meccanismi regolati dall’ormone FGF19 che potrebbe in futuro tradursi nel suo utilizzo terapeutico nei soggetti affetti da queste patologie” continua Moschetta. “L’eventuale utilizzo terapeutico di FGF19 nei soggetti affetti da MICI potrà essere agevolato dal fatto che esso è attualmente in fase 3 nelle terapie sperimentali di gravi patologie epatiche come fibrosi e steatoepatite, e quindi il suo profilo di sicurezza e tollerabilità nei pazienti è ampiamente stabilito. Inoltre, grazie a un altro studio da noi recentemente pubblicato, in cui abbiamo dimostrato la sua azione anti-tumorale in modelli di cancro del fegato, possiamo dire che la sua azione di regolazione metabolica dei sali biliari potrebbe in un futuro non molto lontano essere estesa anche al trattamento dei tumori epatici. Infine, considerando che ridurre l’infiammazione e proteggere l’intestino dall’alterazione della flora batterica è la prima cosa da fare per ridurre la suscettibilità di quest’organo al cancro, la nostra nuova scoperta sull’attività anti-infiammatoria di FGF19 apre nuove speranze terapeutiche nel trattamento delle lesioni pre-cancerose intestinali e nella prevenzione dei tumori del colon-retto che spesso si riscontrano nei soggetti affetti da MICI”.
Redazione