Ultimo aggiornamento: 16 febbraio 2022
Titolo originale dell'articolo: Single cell-derived spheroids capture the self-renewing subpopulations of metastatic ovarian cancer
Titolo della rivista: Cell Death & Differentiation
Data di pubblicazione originale: 29 novembre 2021
Messo a punto un nuovo modello sperimentale che permette di studiare la risposta ai farmaci delle cellule più aggressive.
La ricerca sul cancro dell’ovaio può ora contare su un nuovo prezioso strumento. Si tratta degli organoidi monoclonali, colture in tre dimensioni ottenute da una singola cellula tumorale isolata dall’ascite, il liquido che si accumula nell’addome delle pazienti nella fase metastatica della malattia. Gli organoidi sviluppati sono frutto della collaborazione dei ricercatori dell’Istituto europeo di oncologia (IEO) e dell’Università Statale di Milano, che hanno potuto contare sul sostegno della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro.
“Abbiamo scoperto un nuovo metodo per isolare e far crescere in tre dimensioni, ciascuna individualmente, le singole cellule ottenute dall’ascite metastatica di pazienti con cancro ovarico” spiega Giuseppe Testa, direttore del laboratorio di epigenetica delle cellule staminali e professore di biologia molecolare all’Università Statale di Milano. “Lo studio del singolo clone ci ha rivelato che le cellule metastatiche di una stessa paziente sono diverse l’una dall’altra e che questa diversità è probabilmente la chiave per trovare farmaci efficaci contro la diffusione della malattia”.
Gli organoidi sono colture cellulari in tre dimensioni che permettono di studiare le caratteristiche del tessuto o dell’organo da cui le cellule stesse hanno origine. I ricercatori erano già riusciti a ottenere organoidi dall’ascite delle pazienti con tumore ovarico, ma in quel caso erano stati generati organoidi policlonali, cioè formati dalla progenie di cellule diverse, in cui non era possibile seguire dal punto di vista molecolare la progenie di singole cellule.
Gli organoidi monoclonali permettono invece di individuare e studiare le cellule che hanno maggiore potenziale metastatico, ossia quelle capaci di disseminarsi nell’organismo generando nuovi tumori. “Grazie al nostro metodo, siamo ora in grado di identificare queste cellule e di misurare la loro specifica sensibilità ai farmaci, al fine di trovare le molecole più efficaci per distruggerle selettivamente” prosegue Testa. “Poiché abbiamo imparato che il tumore ovarico risponde alla chemioterapia, salvo che per una frazione di cellule responsabili della recidiva, la terapia ideale sarà verosimilmente quella che combina farmaci tradizionali a farmaci mirati contro le cellule metastatiche. Il nostro lavoro apre la strada a ricadute cliniche nel medio termine, perché offre un potente strumento di medicina di precisione contro il cancro ovarico, una delle sfide più difficili dell’oncologia contemporanea”.
Agenzia ZOE