Ultimo aggiornamento: 23 agosto 2018
Effettuare la chemioterapia ogni due settimane invece che ogni tre aumenta le probabilità di sopravvivenza e non comporta un maggiore rischio di perdere la fertilità nelle donne più giovani.
Titolo originale dell'articolo: Dose-dense adjuvant chemotherapy in premenopausal breast cancer patients: A pooled analysis of the MIG1 and GIM2 phase III studies
Titolo della rivista: European Journal of Cancer
Data di pubblicazione originale: 10 dicembre 2016
Nelle donne giovani colpite da cancro al seno, se è presente un alto rischio di ripresa della malattia, è possibile optare per un regime di chemioterapia più intenso che garantisce maggiori probabilità di sopravvivenza rispetto al regime standard senza comportare un più pesante carico di effetti collaterali.
Uno studio, sostenuto da AIRC, i cui risultati sono pubblicati sull'European Journal of Cancer, potrebbe contribuire a cambiare il modo in cui si cura il tumore più comune nelle donne.
"L'attuale regime prevede la somministrazione dei cicli di chemioterapia ogni 3 settimane", spiega Lucia Del Mastro, direttrice dell'Unità operativa Sviluppo terapie innovative dell'IRCCS San Martino di Genova. Nello studio si è valutato se un regime che preveda la somministrazione della chemio ogni 2 settimane (definito "dose dense") possa apportare benefici alle pazienti.
"La pubblicazione attuale - aggiunge Del Mastro - è in realtà una nuova analisi di due ampie ricerche condotte negli anni passati che avevano coinvolto più di 3.000 donne e che avevano già dimostrato la maggiore efficacia del regime dose dense. Questa volta, però, ci siamo concentrati sulle pazienti più giovani: quelle con meno di 40 anni". Tanta attenzione alle donne giovani è legata a un particolare aspetto della chemioterapia: la possibilità che possa danneggiare le ovaie e compromettere la fertilità . Si tratta di un effetto collaterale che si verifica in circa una donna su tre.
La nuova ricerca ha confermato la maggiore efficacia del regime dose denserispetto al regime convenzionale, con un guadagno in termini di sopravvivenza globale di circa il 30 per cento. "Ciò è ancora più accentuato per le donne con tumori negativi ai recettori degli estrogeni che non possono beneficiare dell'efficacia della terapia ormonale dopo i cicli di chemio", spiega Del Mastro.
Cosa altrettanto importante rilevata dai ricercatori è che il regime dose densenon comporta un maggior rischio di perdita della funzione ovarica.
Il regime intensivo, inoltre, non è peggio tollerato di quello standard. Perciò, conclude la ricercatrice, "alla luce di questi risultati, nelle pazienti giovani a più alto rischio di ripresa di malattia (come le pazienti con caratteristiche del tumore più aggressive o con interessamento dei linfonodi ascellari), la chemioterapia dose dense dovrebbe essere considerato il regime da preferire"
Antonino Michienzi