Ultimo aggiornamento: 21 novembre 2018
La proteina PI3K-C2 alfa promuove la corretta ripartizione dei cromosomi durante la divisione cellulare. Nel tumore della mammella la sua carenza sembra associata a una migliore risposta al trattamento con taxolo.
Titolo originale dell'articolo: Mitotic Spindle Assembly and Genomic Stability in Breast Cancer Require PI3K-C2α Scaffolding Function
Titolo della rivista: Cancer Cell
Data di pubblicazione originale: 9 ottobre 2017
Dividersi, per una cellula, è sempre una faccenda delicata. Dopo aver duplicato i suoi cromosomi deve distribuirli correttamente tra le due cellule figlie per evitare pericolose alterazioni del DNA. Errori in questa fase danno origine a un'instabilità genetica che potrebbe facilitare l'insorgenza e la crescita di tumori. Sulla rivista Cancer Cell un gruppo internazionale di ricerca, guidato da Emilio Hirsch, dell'Università di Torino, ha descritto una proteina importante per questo processo e un suo possibile coinvolgimento nello sviluppo di approcci più personalizzati alla terapia del tumore della mammella. Lo studio ha richiesto anni di esperimenti, sostenuti con il contributo di AIRC.
"Durante la divisione cellulare - spiega Hirsch - il trasferimento del materiale genetico alle cellule figlie è affidato al fuso mitotico, una struttura costituita da una serie di 'cavi' fatti di fibre proteiche intrecciate". Hirsch e colleghi hanno scoperto che la proteina PI3K-C2 alfa, il cui ruolo era già noto per altre attività cellulari, è fondamentale anche per tenere insieme queste fibre: grazie a lei il fuso è più resistente. Inoltre i ricercatori hanno osservato che cellule prive di questa proteina (o che ne hanno un contenuto ridotto) hanno all'inizio una battuta d'arresto nella crescita, ma in un secondo momento possono riprendere a proliferare senza controllo, fino a dare origine a un tumore.
Esistono farmaci antitumorali che agiscono proprio contro l'instabilità genetica, esasperandola in modo che la cellula malata, perso ogni controllo, non possa fare altro che morire. Hirsch e collaboratori hanno provato a utilizzarne uno, il taxolo, in animali di laboratorio con tumore e senza PI3K-C2 alfa: questi animali rispondevano alla terapia meglio di quelli in cui la proteina era presente. L'osservazione è stata confermata anche in un gruppo di pazienti con tumore della mammella. "Abbiamo osservato che nelle pazienti con minore quantità di proteina la risposta clinica al taxolo era migliore". Se confermato da altri studi, questo risultato potrebbe aprire la strada a una personalizzazione più accurata della terapia. Evitando per esempio la somministrazione, in contemporanea al taxolo, di farmaci con effetti collaterali più pesanti.
Valentina Murelli