Ultimo aggiornamento: 24 agosto 2018
Grazie ai fondi raccolti con il 5 per mille devoluto ad AIRC, un gruppo di ricerca italiano ha aperto nuove prospettive per lo sviluppo di future terapie contro un tumore ancora difficile da curare.
Titolo originale dell'articolo: Targeting miR-21 inhibits in vitro and in vivo multiple myeloma cell growth.
Titolo della rivista: Clinical Cancer Research
Data di pubblicazione originale: 1 marzo 2013
Basta mettere fuori uso un piccolo frammento di RNA, chiamato miR-21, per fermare la proliferazione delle cellule tumorali nel mieloma multiplo. La malattia, che si manifesta per lo più a livello delle ossa, dipende dalla crescita incontrollata delle plasmacellule, cioè le cellule che hanno il compito di produrre anticorpi contro le infezioni. In passato si era già osservato che nella genesi e nello sviluppo di questo tumore, come di molti altri, hanno un ruolo molto importante alcune piccole molecole chiamate miRNA, deputate alla regolazione della vita della cellula in una complicata rete di interazioni che modula l'attività dei geni. In particolare, una di queste micromolecole, chiamata miR-21, era già stata associata a mieloma multiplo.
La ricerca pubblicata su Clinical Cancer Research da Pierfrancesco Tassone, dell'Università Magna Graecia di Catanzaro, nell'ambito del Programma di oncologia clinica molecolare sostenuto con i fondi del 5 per mille devoluti ad AIRC, ha confermato l'importanza cruciale di questo fattore, aprendo anche nuove prospettive terapeutiche per la malattia.
"Quando inseriamo nelle cellule di mieloma multiplo elementi che mimano l'azione di miR-21, la proliferazione cellulare accelera, dimostrando la capacità di questa sostanza di promuovere la formazione del tumore" spiega il ricercatore calabrese, "e questo avviene attraverso l'attivazione della molecola PTEN". Viceversa, quando viene bloccata l'attività di miR-21, le cellule tumorali di mieloma smettono di crescere. E lo stesso accade in vivo quando la sostanza è somministrata a modelli sperimentali di laboratorio nei quali sono stati trapiantati mielomi provenienti da pazienti, quelli che sono detti "xenotrapianti".
"È la prima volta che si dimostra in un modello sperimentale vivente che, bloccando questa molecola, si può fermare la malattia" conclude Tassone. "Ora possiamo cominciare a mettere a punto terapie mirate capaci di curare questa malattia finora difficile da trattare".
Agenzia Zadig