“Se sono viva lo devo alla ricerca”

Ultimo aggiornamento: 1 novembre 2020

Gaia ha superato una diagnosi di osteosarcoma e oggi, con l'assiduo supporto della madre Michela, mette parte del suo tempo a disposizione della raccolta fondi per la ricerca sul cancro.

Due voci che cantano insieme, come in un duo perfetto. Una strofa ciascuna, poi il ritornello all'unisono e ancora una che lascia spazio all'altra e la conduce verso il gran finale a effetto. Le "artiste" si chiamano Michela e Gaia, un legame davvero speciale: sono mamma e figlia.

Questa magnifica coppia, infatti, si è buttata anima e corpo nella raccolta fondi e non solo. Michela è responsabile di piazza del Comitato Marche AIRC, mentre Gaia "regala" la sua storia per sottolineare l'importanza della ricerca.

Tutto comincia nel 2016, quando la quotidianità di questa famiglia che vive in provincia di Ancona è squarciata dalla notizia che nessun genitore vorrebbe ricevere: a Gaia viene diagnosticato un osteosarcoma al femore.

“Lei aveva 12 anni e ricordo come se fosse ora la disperazione che ha paralizzato me e mio marito” racconta Michela. “Ma l'oncologo ha sottolineato subito che a tante famiglie doveva dire che non c'era molto da fare, invece noi potevamo sperare grazie all'assenza di metastasi. Questa notizia ci ha regalato una forza insperata. Gaia è stata subito operata e abbiamo combattuto tutti fianco a fianco.”

 

E se nelle parole di Michela si avvertono ancora la paura e l'angoscia, quelle di Gaia colpiscono subito per la fantastica grinta che solo gli adolescenti possono sprigionare. “Ero concentrata sulla mia esistenza, facevo ginnastica artistica, adoravo allenamenti e gare, erano il mio mondo e non capivo cosa c'entrasse quella diagnosi con me. Però non ho mollato, determinazione e positività fanno parte del carattere: non potevo controllare la malattia, ma il mio sorriso sì e mi aiutava a stare meglio. Il momento peggiore? Quando papà ha rasato i miei capelli folti e ricci che stavano cominciando a cadere per le cure. Mio fratello Giovanni mi ha abbracciata e ha sussurrato che ero comunque bellissima, ma per mesi non mi sono guardata allo specchio e ho continuato a ripetere arrabbiata all'oncologo che era assurdo che non ci fosse ancora un rimedio per la mia testa pelata.”

Toccare con mano le criticità di medici e ospedali ha spinto Michela a mettersi in gioco. “Ho sentito il bisogno di fare qualcosa perché, per esempio, per l'osteosarcoma la ricerca sta andando a rilento. Servono fondi e grandi professionalità e in questo senso AIRC può fare molto. Per ogni appuntamento coinvolgo amici e conoscenti e vedere la fila che si forma al banchetto mi emoziona. Penso che ogni sacchetto di arance o cioccolatini e ogni azalea porti con sé la possibilità di cure migliori”. Anche Gaia, ovviamente, si è messa a disposizione. “Faccio la mascotte delle Arance” dice ridendo di gusto. “Ho portato la mia testimonianza in una scuola e parlare con i coetanei è stato prezioso per trasmettere loro il giusto approccio verso questa malattia.”