Ultimo aggiornamento: 1 ottobre 2020
Dopo aver superato il tumore al seno, Federica ha potuto interrompere le cure ormonali per il tempo sufficiente ad avere due bambini.
È il 2006. Federica è una ragazza solare, sorridente, la sua vita è felice. Vive a Milano dove ha un bel lavoro in un’agenzia pubblicitaria. Da cinque anni accanto a lei c’è Alfredo (anche se per lavoro in quel periodo viveva a Roma), che la ama incondizionatamente.
Niente sembra poter turbare la serenità della sua vita, quando un giorno, guardandosi allo specchio, Federica nota di avere un piccolo segno sul seno sinistro. “Era una specie di rientranza, pensavo fosse il segno del reggiseno. Dopo qualche giorno ho notato che c’era ancora. Toccandomi ho sentito una specie di pallina.” Federica decide di andare a farsi visitare da un medico senologo che lavora vicino al suo ufficio. Dopo l'ecografia, il dottore capisce subito che bisogna procedere con degli esami più approfonditi e consiglia a Federica di rivolgersi a un centro specializzato. “Avevo un’amica che lavorava all’IEO e così ci sono andata.”
I medici procedono immediatamente con l’ago aspirato e l'analisi non lascia dubbi: è un tumore. La dottoressa che l’ha visitata, di comune accordo con la sua amica, decide di non comunicarle il risultato, ma di dirlo prima solo ad Alfredo e procedere con gli altri esami di routine: ecografia e mammografia.
“Solo dopo questi esami, sono stata convocata nello studio del dottor Giuseppe Viale (direttore della Divisione di anatomia patologica – IEO) che mi ha spiegato veramente che cosa avevo.”
“Dal momento in cui ho saputo di avere il tumore ho sentito un’adrenalina incredibile. Avevo voglia di affrontare subito la malattia e di uscirne il prima possibile.”
In una settimana Federica si ricovera all’IEO e viene operata dal professor Veronesi. “Quando sono entrata nel suo studio mi ha guardata in faccia e, con una dolcezza incredibile mi ha detto: “Mamma mia, perché sei qui.”
In ospedale controllano il linfonodo sentinella e consigliano di asportare tutti i linfonodi del cavo ascellare: a Federica viene praticata una quadrantectomia e lo svuotamento ascellare con radioterapia intraoperatoria. Seguono tredici giorni di radioterapia e quattro cicli di chemioterapia.
È nel giorno del suo compleanno, il 7 settembre, che deve fare i conti con il cambiamento fisico provocato dalla chemioterapia. “Io avevo i capelli lunghi e biondi e li stavo perdendo. Così ho pensato che avrei deciso io quando sarebbero dovuti cadere e, prima di spegnere le candeline, ho chiesto a una mia amica di rasarmi a zero!”
La terapia procede nel migliore dei modi. Il 20 ottobre Federica termina l’ultimo ciclo di chemioterapia e inizia la terapia ormonale che dovrà continuare per cinque anni. “Le cure ormonali mi avrebbero messo in menopausa. È stata una notizia difficile da accettare perché io e Alfredo avevamo in progetto di fare dei figli… e cinque anni sono lunghi!”
Ma Federica non si arrende. Trascorrono tre anni e mezzo e il suo oncologo, il dottor Nolè, le dice che non ci sono grandi rischi e che potrebbe anche sospendere la terapia.
Tra il 2009 e il 2010 Federica smette le cure e dopo tre mesi le torna il ciclo. Ad aprile del 2010 Federica aspetta un bambino.
“Dopo la nascita di Maria Vittoria, avrei dovuto riprendere le cure, ma i dottori mi hanno detto che stavo bene e io desideravo il secondo figlio…" Così, dopo solo sei mesi dal parto, Federica rimane di nuovo incinta.
"Quando mi sono ammalata, era difficile poter pensare di avere dei bambini dopo le cure. Adesso è molto più facile, perché la ricerca non ci lascia da sole."
La vita di Federica procede tranquilla e nel 2017 con la famiglia si trasferisce a New York. "Una volta assestatami nella nuova vita, prenoto delle analisi del sangue e, quando arrivano i risultati, il marcatore tumorale ha un numero sballato."
Per fortuna riesce a contattare Virgilio Sacchini, oncologo segnalatole dal medico che la seguiva a Milano, che le prenota subito una pet.
Arriva l’esito: ci sono due macchiette nere. Federica deve sottoporsi a una biopsia e ha la conferma che il tumore è tornato, ma non possono operarlo, devono cronicizzarlo.
Inizia cosi una staffetta tra casa e ospedale per testare i farmaci e i loro dosaggi. "Individuiamo la dose giusta, il tumore non progredisce e dopo le cure le macchioline scompaiono. Ora sono di nuovo a Milano, mi curo e sto bene."