“I ricercatori e i medici sono la mia famiglia: i genitori mi hanno dato la vita, ma loro me l’hanno ridata”

“I ricercatori e i medici sono la mia famiglia: i genitori mi hanno dato la vita, ma loro me l’hanno ridata”

Ultimo aggiornamento: 23 luglio 2018

Un tumore osseo rarissimo e pericoloso l’ha colpita quando aveva 8 anni, oggi Barbara è guarita e ha una splendida famiglia.

Giocando a pallavolo da bambina, la gamba di Barbara si gonfia in seguito a una forte pallonata e nel giro di 10 giorni diventa il doppio dell’altra. Il primo controllo medico tranquillizza i genitori e Barbara continua a giocare a pallavolo anche se il dolore e il gonfiore persistono. Un giorno, il padre le stringe il ginocchio affettuosamente e lei sente un dolore fortissimo che la fa balzare in piedi. Viene subito portata dal pediatra, che capisce la gravità del caso e la sottopone immediatamente a una radiografia, che evidenzia un osteosarcoma di IV° grado al femore della gamba sinistra: un tumore grave e rarissimo.

Barbara viene indirizzata immediatamente al Rizzoli e la notte stessa parte insieme ai suoi genitori per Bologna. A fine dicembre 1995 inizia la chemioterapia con buoni risultati: il corpo risponde in maniera adeguata. Il 7 aprile dell’anno successivo si sottopone all’operazione, che dura 16 ore in tutto. “Appena mi sono svegliata ho alzato il lenzuolo e quando ho visto la gamba ho fatto un sospiro di sollievo…”

Nei due anni successivi all’intervento Barbara prosegue la chemioterapia e negli anni si è sottoposta a diversi interventi per adattare la lunghezza della protesi al suo corpo che cresce. Le colonne sonore dei suoi lunghi periodi di ospedale sono state quelle di Eros Ramazzotti e Jovanotti.

 

Oggi Barbara continua a fare controlli periodici e visite ortopediche ma ormai è guarita. Periodicamente va al Rizzoli a ritrovare i suoi medici e si dedica ai pazienti ricoverati perché pensa che la sua testimonianza possa servire moltissimo a chi sta lottando contro la malattia. Nel 2012, Barbara si è sposata con Andrea. E negli anni successivi sono nati Leonardo e Tommaso.

I ricercatori e i medici sono la mia famiglia, sono quasi dei genitori, perché i genitori mi hanno dato la vita, ma loro me l’hanno ridata. Aiutare e sostenere AIRC non è solamente una questione di umanità ma è un’assicurazione per il vostro futuro, perché il tumore può riguardare tutti quanti, dal vostro vicino alla persona più lontana.”