La storia di Roberto

Roberto ha iniziato a sostenere AIRC molti anni fa, quando ha perso una persona a lui cara.

Oggi ha aumentato il suo impegno contribuendo ai finanziamenti Start-Up che consentono ai giovani ricercatori impegnati all’estero di rientrare in Italia.

Un’amica persa nel pieno della vita, la decisione di reagire contribuendo ad arginare quello che chiama un “flagello”: il cancro. E poi, l’impegno che cresce negli anni.

Il rapporto tra Roberto e AIRC è lungo quasi trent’anni. Magistrato, ha esplorato quasi tutti gli ambiti della professione. Oggi, a fine carriera, si occupa di detenuti avendo ben chiara la funzione rieducativa del carcere. L’incontro con AIRC è stato del tutto casuale ed è legato a un evento doloroso della sua vita. “Quando avevo 40 anni ho perso un’amica con cui avevo condiviso gli anni universitari. Questa persona è stata una presenza costante in quegli anni, abbiamo condiviso dalle cose più semplici a quelle più profonde. Per me, che ero studente fuori sede, è stata una casa lontano da casa. Per questo quando è mancata è stato come perdere una sorella.”

A quasi trent’anni di distanza, i ricordi sono ancora vivi. “Il dolore per non aver potuto darle una mano e la sensibilità verso le altre persone che si possono trovare nella stessa situazione mi hanno indotto a cominciare a contribuire alle attività di AIRC” racconta.

Il contributo di Roberto è cresciuto negli anni e oggi sostiene il programma Start-Up, in memoria della sua amica. “Non che abbia bisogno di questo per ricordarla: la sua memoria non è mai venuta meno ed è sempre viva” precisa. “Tuttavia, sono contento che AIRC mi abbia dato la possibilità di legare la mia donazione al suo nome. È un segno tangibile, anche per me stesso.”

Gli Start-Up sono finanziamenti di durata quinquennale, che consentono a giovani ricercatori che si sono distinti per le loro qualità all’estero di rientrare in Italia e avviare un proprio laboratorio di ricerca.

“Un progetto importante” dice. “Non solo per la sua finalità ultima, far progredire la ricerca contro il cancro, ma anche perché è teso a valorizzare l’intelligenza, il genio italico” aggiunge Roberto, che precisa che non si tratta di un vanto nazionalistico. “Purtroppo il nostro Paese investe nella formazione di tante persone di livello eccellente che poi non riesce a far rimanere in Italia.” A questo problema cerca di rispondere il finanziamento Start-Up, dando la possibilità a giovani ricercatori di realizzare in Italia i propri progetti di ricerca.

Nei mesi scorsi Roberto ha incontrato una delle ricercatrici che ha ricevuto il finanziamento traendone un’impressione che definisce “entusiasmante”: “Sono appassionati come scienziati, ma anche molto motivati dalla scelta che hanno fatto, quella di dare un contributo al miglioramento di questa drammatica realtà” afferma.

Quanto alle proprie motivazioni, Roberto spiega che nella sua scelta di sostenere AIRC sono almeno due le forze in gioco: la prima è la volontà di contribuire all’avanzamento della ricerca sul cancro. Un impegno che ha per lui un valore etico e civico. “Basta che una sola persona ne tragga giovamento” dice. Ma c’è qualcos’altro. “Donare ti dà sostegno morale” ammette. “Se il mio campo di attività fosse stato scientifico mi sarei dedicato alla ricerca contro il male che mi ha tolto una persona cara. Poiché il mio campo è tutt’altro, quel che posso fare è aiutare, con il mio contributo, chi è impegnato in questa sfida.”